a cura di Raimondo Augello
Il video di accompagnamento è quello della canzone di Mimmo Cavallo "Siamo briganti"
Lo scrittore Pino Aprile, recentemente a Palermo per la presentazione del suo ultimo libro, Giù al Sud, la scorsa estate, in collaborazione con il regista Roberto D’Alessandro e con il cantautore pugliese Mimmo Cavallo, ha portato in tournee uno spettacolo teatrale che traendo il titolo dal suo Terroni si riproponeva di raccontare, anche attraverso il ricorso al linguaggio del teatro e della musica, quella “storia proibita” che è oggetto della sua ormai nota pubblicazione. Particolare attenzione è stata riservata alle musiche e ai testi che ad esse si accompagnano, per le quali Mimmo Cavallo è ricorso anche a frequenti citazioni
(individuabili solo da chi abbia studiato a fondo l’argomento) che attingendo anche a canzoni popolari risalenti al tempo dei massacri perpetrati dai Savoia nel Sud Italia e della cosiddetta “guerra del brigantaggio”cercano di rendere più verosimile l’affresco drammatico degli eventi che segnarono quegli anni. Ne è venuto fuori un cd di forte denuncia, di cristallina passione civile, ideale supporto per la rappresentazione scenica e per il testo di Aprile cui tale rappresentazione attinge. Una composizione che, al dire di parecchi esponenti della critica specializzata, nel panorama musicale italiano, appare come il lavoro più significativo degli ultimi venti anni, da quando cioè, deposte le tematiche politiche e civili che avevano contraddistinto la stagione dei grandi cantautori “impegnati”, la musica italiana ha saputo coniugare la parola “cuore” quasi esclusivamente con la parola “amore” e nulla più. Tra le canzoni inserite in questo cd, “Siamo briganti” rievoca proprio la difficile condizione dei tanti che in quel periodo, abbandonata la vita ordinaria, decisero di impugnare le armi per resistere all’occupazione piemontese, ingaggiando una lotta durata parecchi anni e che avrebbe portato l’esercito sabaudo ad un numero di morti superiore a quello delle tre guerre di indipendenza messe insieme (innumerevole il numero dei caduti sull’altro fronte).
Scrive a tal proposito Antonio Gramsci nel 1920: “Lo Stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare col marchio di briganti”. Dunque non comuni delinquenti, come una storiografia di parte ci avrebbe voluto far credere, ma combattenti partigiani, eroi di una reazione istintiva e in certi casi forse non del tutto consapevole, che si configurò come una vera e propria resistenza di popolo, tale da coinvolgere anche donne (tante) e preti. In questo video, sulle note di “Siamo briganti” scorrono le immagini del film di Pasquale Squitieri Li chiamarono briganti (1999) che, narrando le gesta dei “briganti” Carmine Crocco Donatelli e Ninco Nanco, non si astiene dal portare sulla scena gli orrori compiuti dall’esercito piemontese. Un film che per avere avuto il torto di voler raccontare la storia dalla parte dei vinti in un’Italia forse non ancora sufficientemente matura e sicura della forza della sua identità, è stato di fatto sottoposto a censura, dal momento che fu ritirato inspiegabilmente dopo appena una settimana da tutte le sale di proiezione e da ogni canale di distribuzione. Oggi il film è visionabile soltanto su You Tube.
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