domenica 30 luglio 2017

àdhara, part II

di guido monte
(foto di graciela muller pozzebon; commento di francesca saieva)

[Dante Alighieri Comoedia | Vergilius Aeneis | Albrecht Goes Portail de la cathédrale de Strasbourg | John Milton Paradise Lost | Jaufre Rudel de Blaja  Amors de terra lonhdana | Upanishad |  Όμηρος  Oδύσσεια | Baghavad gita | William Shakespeare Hamlet | ευαγγέλιον Peter Handke | Фёдор Достое́вский Сон смешного человека | Horatius Carmina]

giungiamo ai campi del pianto. ecco fedra e pasifae,
infine elissa, la donna che ho amato e abbandonato
perché non avevo la forza di cambiare il mio destino.
piango (sono l’amoreux?), mi avvicino e le dico parole:
non volevo lasciarti, obblighi mi trascinano controvoglia
per le ombre, per regni abbandonati, per la notte profonda…
non andare via, forse non potremo mai più rivederci…
(ma la sua ferita è in cancrena, tiene gli occhi fissi lontano)

vedo allora un corpo inutilmente mutilato,
senza mani, senza orecchie, senza naso, le pendu.

la notte corre… lasciamo a sinistra il tartaro d’acciaio,
le diable prigioniero di una donna sporca di sangue,
mentre stridono catene sotto la roue de fortun.

a steel building, la maison dieu
all the authorities burning inside (what a silly demagogy),  
prime ministers kings generals & their disfigured faces,
cropped ears cropped noses. And (once hailing) crowds crawl
before the river, just shades hunting for themselves…
the weeping camp smells of hospital wards,
syrinxes phleboclysis crutches & amputation saws.

la Mort, the rest is silence.

the woman-kamikaze: no arms; her mother, no legs,
                                           killed in a refugee camp.

Elì Elì, lemà sabactani?


finalmente giungiamo in campi vestiti di luce,
che conoscono sole e stelle proprie.
e mio padre, la justice,
quello per cui avevo passato i grandi fiumi dell’erebo.
lo trovo occupato a controllare altre anime, le jugement:
prima che rifacciano di nuovo il grande passo
verso la vita, ins leben.

vorrei abbracciarlo, ma non posso,
son smeshnovo sheloveka
sogno ridicolo di uomo (pulvis et umbra sumus).

e mi parla di chi beve lunghe dimenticanze
sul fiume incurante dei campi elisi (asperges me, hysopo), 
dello spirito interiore che nutre cieli e terre del mondo,
del passato che ognuno di noi patisce,
della fragile joi qu’esper, denan.

gigli versati a piene mani mi mostra nel tempo a venire,
fiori purpurei della catena delle generazioni,
fino alle due porte del sogno.

una è di corno, dei sogni veri, l’altra d’avorio, di quelli falsi:
il padre mi dice di passare con sybilla per quella d’avorio,
e mi fa uscire, insieme ai miei mani viaggianti,
a riveder le stelle, a riveder le stelle

Om Shantih, comme en apparence de rêve 
nous traversons la porte d'ivoire.

at the dream doors: der Horizont, le monde
few guests de terra lonhdana.

on the stream only green leaves, mizu no oto!
pebbles & nests on the water-lilies…
a twinkling morning star, l’ètoile, la alma,
                                                talitha kumi
in alto ancora le stelle che ci guardano

commento di francesca saieva:
Ins Leben… Il passato è qui con il tuo viso, mentre rovine  rivestono piedi (Benjamin). Il presente è qui in bilico, da quando un imprevisto è la sola speranza (Montale). E vorresti dire la parola buona chiesta, ma l'aridità degli occhi va al cuore, così per il sentiero, tu stentatamente in tutto (Quinzio).  Il Tempo batte nuovamente. Domandi, chiedi perdono. Ciò che è stato, ciò che non è… non importa, ora che gli orrori inondano lacrime e, come schegge affilate,  assaporano  radici, ‘midollo’ di bosco. Così, scivoli lungo la Notte e il suo Silenzio... per una nuova Aurora, nonostante l'abisso di quaggiù (Starobinski). E braccia spalancano nuove porte del sogno: ins Leben… ricorda, questo silenzio non è morte… tra onde del Fiume, ciò che nasce da morte, ciò che è vero nella menzogna (Schuré). Per te, sulla soglia della separazione e dell’incontro (Neher), non vedo ‘fiori bianchi’, ma raccogli, oggi, un filamento… la porta della sua anima (Zambrano) ... in fondo ins Leben.

domenica 23 luglio 2017

haikai di issa

Haikai di Kobayashi Issa (1762-1826)
(foto by Graciela Muller Pozzebon)


Mondo di sofferenza:
eppure i ciliegi
sono in fiore.


*

Senza di te,
in verità, i boschi
son troppo ampi!

*

Non scordare:
noi camminiamo sopra l’inferno,
guardando i fiori


*

È di rugiada
è un mondo di rugiada
eppure eppure...

lunedì 17 luglio 2017

O que eu vejo, hoje?

di Graciela Muller Pozzebon


O que eu vejo, hoje?

Eu vejo eu mesma,
ainda, no espelho.

Eu vejo o meu nome,
escrito pela mão da mãe.

Eu vejo o que ela via,
e quase ninguém entedia.

Doença mental, ousadia?
Loucura total, ou só folia?...

Eu vejo o que eu vejo,
e quero que todo mundo veja,
quero que todo mundo tome cerveja:
porque é preciso rimar!

O ursinho de óculos ainda fala comigo todo dia
e se chama Primo, mas não é parente.

Eis o meu primeiro livro,
o meu primeiro, eterno amor.

______________________________________

Che cosa io vedo, oggi?

Io vedo me stessa,
ancora, allo specchio.

Io vedo il mio nome,
scritto dalla mano di mamma.

Io vedo ciò che lei vedeva,
e quasi nessuno capiva.
....
Malattia mentale, arditezza?
Pazzia totale, sventatezza?....

Io vedo ciò che io vedo,
e voglio che tutto il mondo veda,
e voglio che tutto il mondo creda:
perché è necessario tradurre!

L’orsacchiotto con gli occhiali ancora parla con me ogni giorno
e si chiama Primo, ma non è un cugino.

Ecco il mio primo libro,
il mio primo, eterno amore.


domenica 9 luglio 2017

àdhara, part I

di guido monte
(foto di graciela muller pozzebon, commento di francesca saieva)

Àdhara (part I)

[Dante Alighieri Comoedia | Vergilius Aeneis | Albrecht Goes Portail de la cathédrale de Strasbourg | John Milton Paradise Lost | Jaufre Rudel de Blaja  Amors de terra lonhdana | Upanishad |  Όμηρος  Oδύσσεια | Baghavad gita | William Shakespeare Hamlet | ευαγγέλιον Peter Handke | Фёдор Достое́вский Сон смешного человека | Horatius Carmina]


in principio dal libro sesto virgilii patris:
mi ritrovai per una selva oscura,
per una selva oscura, tra lacrime, lacrimae rerum,
ma ora la marcia del viaggio rallenta,
si ferma sulle coste di una terra qualunque.

mercoledì 5 luglio 2017

Filippo Basile, la memoria di un “eroe“ normale a 18 anni dall’omicidio


di Rosario Ales


 Sventurato quel popolo che ha bisogno di eroi
Bertold Brecht

Il 5 luglio del 1999 Filippo Basile, appena uscito dall’ufficio, si dirige verso la sua auto, parcheggiata nei pressi dell’Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione siciliana, mette le mani al volante, la ruota è tagliata, viene freddato da tre colpi di pistola e poi il silenzio dell’horror vacui della morte, nel rispetto di una consolidata consuetudine sicula: nessuno ha visto e sentito niente.
La giustizia dei Tribunali accerterà e condannerà il funzionario regionale Sprio Nino Velio nella qualità di mandante dell’omicidio con il movente della vendetta nei confronti di Filippo Basile per avere istruito il procedimento di licenziamento che lo riguardava  e l’esecutore materiale Giliberti Ignazio, assoldato dallo stesso Sprio e poi, passato dopo l’arresto nei ranghi di collaboratore di giustizia.
Come da un romanzo di Camilleri dalle dichiarazioni rese da Giliberti, quando a Sprio fu comunicato l’esito dell’operazione delittuosa, commentò in dialetto siciliano:“E pure stu curnutazzo si levò d’in mezzo i piedi, minchia quanto mi fici cummattere”.

lunedì 3 luglio 2017

L'attraversamento





di Francesca Saieva

Senza oggetto, un’attesa in questa nuova circostanza. Sullo sbarramento Libri Che Non Hai Letto e ‘volti nascosti’ come traccia visiva, al tuo fermarsi, si accigliano dagli scaffali. Pochi attimi e tutto perde il suo peso… non  conosci già “la bellezza dell’asino di cui anche i libri si adornano”? Così, nel fluire del tempo, speri che ciò che hai riconosciuto come novità continui a esserlo per sempre (Calvino). Come è strano il Sempre… in questo Tempo in frantumi, in questa nebbia di parole, in questa bianca notte, tu e i tuoi sfocati silenzi, come balbettio di pallidi fantasmi al davanzale (Pasternàk). Da un posacenere stanco, spirali di fumo e mozziconi di tempo, da collezionare lungo la traiettoria (Calvino), al chiedersi “Who knows but life be that which men call death, and death what men call life?” (Euripide). Così, tra il guardare e l’accadere, tutto sembra avere sapore di niente… Temi la scelta e la sua origine. Il Chi e il Come ne confondono l’importanza e il peso, la gravità e la leggerezza in questo mondo scritto e non scritto, dove “il vero silenzio è pieno di significato” (Calvino), come catena montuosa che resta al suo posto mentre si estende e s’innalza (Heidegger). Palomar-Homo legens, chi sei veramente? C’è ancora qualcosa per te? Eppure, quando la terra avrà le tue lacrime per una profondità di mezzo braccio (Dostoevskij), soltanto allora, altri saranno gli universi, fianco a fianco come farfalle trafitte da uno spillo (Calvino).