di Francesca Saieva
Senza oggetto,
un’attesa in questa nuova circostanza. Sullo
sbarramento Libri Che Non Hai Letto e ‘volti nascosti’ come traccia visiva, al tuo fermarsi, si accigliano dagli scaffali. Pochi
attimi e tutto perde il suo peso… non conosci
già “la bellezza dell’asino di cui anche i libri si adornano”? Così, nel fluire
del tempo, speri che ciò che hai riconosciuto come novità continui a esserlo per sempre (Calvino). Come è strano il Sempre…
in questo Tempo in frantumi, in
questa nebbia di parole, in questa bianca
notte, tu e i tuoi sfocati silenzi, come balbettio di pallidi fantasmi al davanzale (Pasternàk). Da un posacenere stanco,
spirali di fumo e mozziconi di tempo,
da collezionare lungo la traiettoria
(Calvino), al chiedersi “Who knows but life be that which men call death, and
death what men call life?” (Euripide). Così, tra il guardare e l’accadere,
tutto sembra avere sapore di niente… Temi
la scelta e la sua origine. Il Chi e il Come ne confondono l’importanza e il
peso, la gravità e la leggerezza in questo mondo
scritto e non scritto, dove “il vero silenzio è pieno di significato”
(Calvino), come catena montuosa che resta
al suo posto mentre si estende e s’innalza (Heidegger). Palomar-Homo legens, chi sei veramente? C’è
ancora qualcosa per te? Eppure, quando la
terra avrà le tue lacrime per una profondità di mezzo braccio
(Dostoevskij), soltanto allora, altri saranno gli universi, fianco a fianco come farfalle trafitte da uno spillo
(Calvino).
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