domenica 9 luglio 2017

àdhara, part I

di guido monte
(foto di graciela muller pozzebon, commento di francesca saieva)

Àdhara (part I)

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in principio dal libro sesto virgilii patris:
mi ritrovai per una selva oscura,
per una selva oscura, tra lacrime, lacrimae rerum,
ma ora la marcia del viaggio rallenta,
si ferma sulle coste di una terra qualunque.


e dunque ecco una casa abbandonata,
scolpita da un fuggiasco dopo il labirinto,
(dopo il volo celeste al nord delle fredde orse)
il fuggiasco dedalus, le mat,
 l’uomo delle cose impossibili,
l’uomo che non conclude, non conclude
e ha  inciso qui miti del tempo dei tempi:
la fine  di uno straniero, e onori resi a incubi,
e il fallo di un toro dentro una donna figlia del sole,
e suo figlio biforme che vaga a vuoto
per una voragine inestricabile.

sulle pareti incise le forme della sua guida, un filo,
per i ciechi passi di un salvatore tanto amato…
(solo di suo figlio non riuscì dedalus a scolpire,
la mano si ferma paralizzata kat’asphodelion leimona)

e finalmente io sono nell’alta casa con sybilla, la papesse,
sie ist’s, die sieht, solo lei riesce a vedere, meine mutter,
sacerdotessa del vecchio del mare, senhal di morte e vita.

cento porte, cento fori,
da ogni foro corrono le sue voci...
ora sento il suo grido:
l’impératrice non ha più un solo volto,
non ha più un solo colore,
i suoi capelli volano col vento,
il petto è pieno di sensi, il cuore  invasato,
la voce insopportabile, disumana.

mi grida: muoviti, o non si apriranno mai
le porte della casa ispirata!
(e io, l’empereur, la prego dal profondo,
per le tante terre attraversate,
di trovare un luogo dove fermarmi
con il mio walkabout viaggiante,
e di saperlo dalle parole,
non da foglie lanciate per rapidi venti)

sybilla dice cose vere su cose oscure:
vedo sangue, sussurra, come nel tuo passato,
e una donna straniera, ma tu cerca una via di salute,
forse ti piace dedicarti a quest’impresa da pazzi?
(io ho provato ogni cosa, le dico,
ma tu congiungimi al mio passato,
per questo con undaunted heart
sono venuto da te)

lei ricorda: misteri di terra sotterranea si aprono,
ma nell’istante in cui parla e ammutolisce
un amico è caduto a terra privo di vita,
mentre soffiava su un tubo di bronzo.

seguo allora due colombe bianche,
segno di mia madre,
e giungo al vischio d’oro,
(le chariot na anyate, che non muore)
il ramo che non appartiene a terra e cielo,
sul filo del vento.

ecco, raggiungo una spelonca, nascosta da un lago nero
e dal buio della foresta, la vedo nel sangue nero dei sacrifici,
tra ululati di cagne, ma i nervi devono restare saldi;
(mi consolano le sorgenti vicine, d’acque calde sulfuree
where time ago i plunged)
aornon, nessun uccello sopra il lago.

entro nell’antro, e sybilla è la guida dei miei passi
nella bocca aperta della terra,
nel cielo sotterraneo,
sotto la luce del sole nero, le soleil.

lenti e neri siamo sotto la notte sanza tempo tinta,
deserto e vuoto, tohu wabohu
per la linea delle case vuote e le terre perdute, la lune,
e la nebbia della notte acida che  toglie colore alle cose,
no light, but rather darkness visible.

sul portone luttocubiliapaurafamevecchimalattie,
e il sonno, piccolo  fratello della morte,
 i letti di ferro di donne alate, e un olmo nero
dalle vecchie braccia di rami, dove dormono,
appiccicati sotto ogni foglia, mucchi di sogni falsi…
sybilla mi ferma la mano,
sono solo fantasmi della mente,
vegetazioni del nulla per tenebre trasparenti.

poi l’hermit, il trascurato vecchio traghettatore
tra la pazzia dispersa di uomini e donne,
uccelli dal mare e fredde foglie.

e vedo il fratello che era caduto in mare e perduto,
posseduto dalle acque, avvolto dal vento piovoso…
è un fantasma perso nel vuoto
che non può passare il fiume,
e vorrebbe venire con me…
(ma non serve pensare di mutare il proprio destino;
forse un luogo conserverà il suo nome, tempérance)

andiamo avanti. nella  terra del buio,
dell’incoscienza, del torpore della notte…
impossibile portare corpi vivi sulle vele dello stige!
ma sybilla ha  il ramo d’oro, che tiene sotto la veste,
e il vecchio si calma, ci lascia salire nella barca di giunchi
(arriva anche  il cane famoso, sybilla lo addormenta: la force)

allora sento fragile un vasto vagito,
le anime di bambini che piangono…
neanche offerti alla vita, un nero giorno
li aveva inghiottiti in anticipo nella notte senza fine,
dicono che l’aria tremi ai loro sospiri
(ma io non riesco neppure a vedere i loro volti,

in questo fondo dell’infinito)

commento di francesca saieva:
Quale direzione? Ora che il buio si è travestito di cose e la tua mano si è fatta lenta nell’afferrare  (Nietzsche). La ‘parziale cecità’ di una veggente-funambola, sul filo dei tuoi perché, ondeggia al richiamo di un destino svogliato e pesante, come voce estranea e lamentosa, a un tratto capace di vedere (Wolf). Cosa? Se non l’inganno del labirinto, tra sagome umane, dalla ‘doppia’ natura, immobili figure di un Dove e di un Quando, nonostante il vento di questo ‘sottosuolo’ e delle sue radici. I giorni, l’uno dietro l’altro, scuotono pensieri e l’uomo malato sfiora la sua ‘anima caduta’, piegandosi come mugo, in giù per lo smisurato e crescente fardello dei ricordi. Nell’attesa, come piovra rivestita di verdi piume, aggrappata alla roccia, annuncia (Sălamov) il Tempo nuovo e la sua Origine. Nel viaggio, adesso il passo si arresta, tra lembi incerti di cielo e viscere di vuoto deserto. 
I colori del giorno e della notte si scolorano all’occhio e si ammutoliscono all’orecchio… mentre il vento, fra rantoli furiosi delle maree, cuce gli strappi dell’anima, visionaria di un sole maculato di orrori, quando l’Alba ha ormai salpato come stormo di colombe e l’aria rarefatta e livida, al suono di un bronzo, avvolge il candore di un bimbo, come barchetta leggera nella pozzanghera nera e fredda (Rimbaud). Una foglia alla tua preghiera… Anche oggi, il vento ha smesso di soffiare, raccolto le tue lacrime, addormentato la Notte e il suo traghettatore, sulla soglia della spelonca, che chiami Morte… che chiami Vita.

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