domenica 25 settembre 2011

l'alfabeto di paolo = omaggio a paolo de benedetti


di guido monte

ecco suoni percepibili a noi
(anch'io non so più nulla, per fortuna
non ci sono esami)
alef, tau... poi la bocca della terra,
l'arcobaleno, le cose create
prima della creazione.

alef, un lettera muta, un gancio
muto, la polvere, cioè l'uomo.
bet: in principio, bereshit, la casa
da cui tutto comincia, come la casa
del pane o della carne, betlemme
l'altro nuovo principio.
poi dalla porta dell'ultimo palazzo
esce un cammello del deserto
fuori da un tempo immemorabile,
un telefono un libro e una porta
aperta, pane e misericordia.

parola-cosa-davar-devarim
leggo in un foglio di carta,
nel "fuoco bianco" che ricordi,
paolo, accennando ad andrè,
a ciò che è detto nel bianco
della pagina, alle parole non scritte
all'indicibile della lingua silenziosa.
ma una parola è proprio per ciascuno
di noi, non basta una vita per scoprirla,
nei due rami che si chiudono in se stessi,
nel puntino dello jod e nel fratello gemello
che è accanto.

e la mano si raccoglie a cucchiaio,
vorrebbe qualcosa perché non aveva
niente, vanno bene anche tre patate...
dentro la cabala: la catena
della trasmissione-ricezione, quando
le lettere diventano grandi come montagne.
a metà c'è la mem di màjim, acqua
l'acqua primordiale sotto lo spirito,
e dentro il serpente marino...
poi senti il soffio del cammello
inginocchiato, e il cielo che si specchia
nell'occhio del pozzo, e anche nel tuo
occhio si rispecchia il cielo, paolo.

l'occhio ha le ali rivolte al mondo futuro,
e in una delle lettere ci sei ancora tu,
ignoto come tutti i giusti nascosti.

lunedì 19 settembre 2011

note-ricordo prima del sonno, fine


by guido monte

kolymskie rasskazy. varlam naviga a vista tra i gulag di morte del mar bianco, ma conserva ancora un senso, tra oceani di sangue e di cadaveri? il vecchio varlam cerca infatti a mosca la figlia-gatta mucha tra ricoveri e cimiteri per animali, deve salutarla ancora l’ultima volta, l’aveva amata... varlam ricorda la donnola alle soglie del parto, la donnola dagli occhi coraggiosi, varlam non può staccarsi dalla vita pur non trovandone più un senso

ungà. risvegliarsi al mattino nello stupore dell’immenso che ti illumina, fogliolina appena svegliata che si accorge di vivere e si attacca alla vita, il ricordo archetipo di chi deve cmq scontare la morte con la vita

eugenio, clizia e drusilla. eugenio intravedeva le piume congelate nelle ali della sua visiting angel per fermare la statua stanca del male di vivere, per rallentare la forbice che recide i volti grandi del prima.
eugenio decifrava poi drusilla in anelli di fumo sacro, in rumori casuali, negli echi della realtà invisibile di un pomeriggio assolato

infinità di cose. borges, omerico cieco veggente sapeva delle tante vie dell’unending rose, cada cosa es infinitas cosas, ogni cosa è infiniti mondi di cielo e mare, talismano che anche lui, cieco, potrà vedere

il cielo di handke. un cielo sopra la città, le domande del bambino quando era bambino, l’elenco delle cose più belle, cose persone luoghi umori odori colori, e l’innocente che non riesce a credere al male, o si stupisce del momento in cui non sarà più quello che è

tristezza. malinconia di ohran p., pietà per uomini e donne sulle rive del bosforo, involontari nipoti di chi ha visto passare laggiù navi achee in viaggio magari da troia, di chi ha visto alzarsi azzurre cattedrali bizantine sulle tracce dell’impero d’oriente... malinconia di ohran, di ambulanti e pescatori, di gabbiani all’alba, di altalene abbandonate in una sera come tante

il filo d’erba. paolo insegue luigi o l’apocatastasi, per salvare tutto dal sortilegio dell’orrore, salvare anche un gatto randagio, un filo d’erba, senza il bisogno di chiedersi perché... tutto deve rinascere dalle ceneri e dal pianto, tutto deve rinascere perché altrimenti sarà inutile il senso di tutto ciò che abbiamo vissuto.

domenica 18 settembre 2011

Storie di ordinario razzismo.



Lettera aperta a Piero Angela


di Raimondo Augello


Gentile dott. Angela,
sono un telespettatore che da anni segue le sue trasmissioni e che apprezza il suo sforzo, peraltro egregiamente riuscito, volto a  ritagliare uno spazio riservato alla conoscenza e alla divulgazione all’interno di una televisione sempre più condizionata da logiche di ordine quantitativo piuttosto che qualitativo  e sempre più distante da qualsiasi preoccupazione di tipo formativo. Oggi, tuttavia, io non le scrivo per comunicarle la mia ammirazione, bensì per esprimerle la mia risentita indignazione riguardo alla puntata di Superquark andata in onda lo scorso 11 agosto. Nel corso di tale puntata si è verificato l’intervento di quello storico di cui mi sfugge il nome (sarà forse frutto di una sorta  di “consapevole” rimozione? Credo comunque che si chiami Barbero) ospite fisso della sua trasmissione, in cui in pochi minuti si cercava di dare conto dell’origine del fenomeno camorristico a Napoli.

sabato 17 settembre 2011

à quoi bon?

di Francesca Saieva

L'Orrido è paziente,
tesse la tela...
sa aspettare comunque,
perchè, in ogni dove
si presenta al tuo risveglio

No,
non sfuggire nel sonno senza sogni,
dimentico del "velo" squarciato
dell'illusione

Cosa impone Vita?
Nel naufragio
irrora il volto,
lo accende nel riso

lunedì 12 settembre 2011

note-ricordo number two


by guido monte

di che pianger suoli. dante pensa al pater virgilio quando francesca dice del maggior dolore nel ricordare il tempo felice nella miseria, pensa all’excessus mentis dei mistici cistercensi quando la sua mente viene sincera e più e più intrava nell’alta luce che da sé è vera...

per scorgere un mondo... altri viaggi dopo dante, di bill blake dietro le porte della percezione, per vedere le cose per quello che sono, infinite, per vedere un universo in un granello di sabbia, in a grain of sand

tutti colpevoli. lo starec dei fratelli karamazov diceva di guardare gli altri come bambini, o come malati d’ospedale… che tutti sono misteriosamente colpevoli di tutto, che l’inferno non può esistere, o che tutto l’inferno e tutto il paradiso sono in interiore homine, e che domani all’improvviso puoi svegliarti e accorgerti che il paradiso è in te, e durerà per sempre

la pietà e la paura. uno non è più uomo sì, non sei più uomo, ma angelo, puro spirito che perdona sempre sempre, tutto tutto come fra’ cristoforo.
è vero, proprio perché "viene da povera gente"

lavoratori della montagna. la sua vita era un incubo, il dottore sapeva tutte le lingue ed era di dovunque, quell’uomo era un uomo, chiedeva a uno spirito se era accanto a lui, bist du ber mir? poteva rispondergli una madre, da quel fondo d’infinito dov’era

occhi di asino. nel foglietto sparso di pirandello ho letto della verità di tutto nascosta negli occhi di una bestia, di un cane, di un asino, negli occhi miti della cavallina di fedor.
e questa verità cancella tutto, qualsiasi sapere umano

sylvie e bruno. locus amoenus nel riposante antico sonno estivo di laghi di campagna inglesi, nonsense fiabesco in cui il tempo si ferma alla piccola stazione del villaggio, o si si conserva in un angolo per consumarsi più tardi.
come il sonno dell’altro professore, che principia dal principio su sogni di gatti, lepri o dell’elefante pifferaio del giardiniere

elie e andrè. elie aveva visto nel konzentrationslager il fantasma del suo cadavere allo specchio, e dio impiccato accanto alla forca di un bambino.
e andrè allora aveva indebolito e corretto quel dio con un forse, l’etre corrigé par le peut-etre, per sottrarlo dalla condanna umana di ivan, che non giustificava la sua voce sottile di silenzi

uomini vuoti. thomas stearns, sapere the way in cui il mondo finisce, in una preghiera nascosta dentro un cilindro girevole, mentre fuori è solo deserto e vuoto, waste and void, vetri spaccati e orme di topo, ricordi degli uomini vuoti, mentre navigano in silenzio lungo l’acheronte

lunedì 5 settembre 2011

from old poems: after medianoche


by guido monte

once terence’s chremes: humani nil
a me alienum puto
, 'all that’s human,
it isn’t far from me'
but hesiod’s visiting angels: idmen
pseýdea pollà léghein etýmoisin omoia
,
'ours are voices of credible lies'
at last pindar, dedaidalmenai pseydesi poikilois
ecsapatonti mýthoi
... 'miths, mixed
with credible lies, confuse us...'


wenn aus den weltenweiten
an ending voice says:
«es medianoche... midnight»,
je reçois the last black human clouds
d’un monde encore tout seul,
of wars that can’t be off

ting,
the melting pot:
_______
___ ___
_______
_______
_______
___ ___
linn the fire, sunn the wind
on this different way
où nous sommes des otages de l'obscurité,
where we’re hostages of darkness

sed ezra pound: «nor are here souls, nec personae...
nothing matters but the quality
of affections»

but the ancient mood caught life;
here are the lands, vastes mondes,
beithe luis nin
et dans un instant
you must decypher un long espoir,
time sweeping away the pale day;
dans une terre loin de la terre
and before chaos...

chaos, the only cosmos’ face:
nous ne sommes rien d’autre