Foto scattata a Milano, Palalido 27/01/1990
di Rosario Ales
"Non smetteremo mai di esplorare e la
fine di tutte le nostre esplorazioni sarà arrivare al punto di partenza e
conoscere quel luogo per la prima volta."
(da
"Quattro quartetti" Thomas Stearns Eliot )
Esperienza religiosa, maturata già negli anni
giovanili con la consapevolezza dei limiti nell' appartenenza ad una comunità
religiosa ed al contempo il rischio di crisi nel verificare le fragilità, le
mancanze personali e comunitarie nell’essere fedeli al messaggio evangelico ed
alla dottrina sociale della Chiesa cattolica, pur tuttavia rappresentando per
me la comunità cristiana un luogo di fraternità, gioia, umanità, relazione e
gratuità, vicinanza al prossimo.
Negli anni del liceo classico (1974 - 1979) quando
partecipavo alle attività di Comunione e Liberazione (CL ) di cui i giovani
studenti costituivano la cosiddetta Gioventù studentesca (G.S.), un testo del
fondatore del predetto movimento ecclesiale, Luigi Giussani dal titolo "Il
Senso religioso" nella prima
edizione Jaca Book del 1968, ha suscitato in me un interesse appassionato che
nelle << scuole di comunità
>> di quegli anni, era integrato dalla accurata documentazione di frasi,
aforismi, discorsi, poesie con un' accentuata tensione religiosa di scrittori
credenti e non, come C. Pavese, A. de Saint-Exupery, Leopardi, Montale, Pascoli
e anche autori di varia formazione culturale, come Par Lagerkvist, Edgar Lee
Master, T.S.Eliot, Kafka, Dostoevskij, C.S. Lewis, solo per citare
alcuni autori più risonanti alla mia sensibilità spirituale.
Apprezzavo in modo particolare di Don Giussani la
fascinazione per Giacomo Leopardi, i cui versi
sentivo vibrare nella mia interiorità, per quella che il poeta chiamava “la
sublimità del sentire” interpretata dallo stesso Giussani in senso
religioso come tensione creativa tra l’incanto che
nutre l’immaginazione nella contemplazione dell'immensità dell'Infinito
e l’effimera condizione umana e miseria del mondo.
Sublimità del sentire indicata come “la densità di
emozione, di struggimento e di timore enigmatico, causata dalla sproporzione
tra l’uomo e la realtà;” sublimità del sentire che Giussani nella lettura della
poetica di Leopardi assume alla luce della Rivelazione cristiana “quel che il
cristianesimo chiama Verbo, cioè come Dio, Dio come espressione, Verbo appunto.
La Bellezza con la B maiuscolo, la Giustizia con la G maiuscolo, la Bontà con
la B maiuscolo, è Dio.” (L.Giussani, Le mie letture, p.29 ed.1996). Il libro "Il senso religioso"
di Giussani (ed. 1968) è così articolato: al tema “Conoscenza e Mistero” segue
la “Rivelazione” incentrata su Abramo e Gesù, conclude con i temi dedicati alla
Chiesa come presenza di Cristo e come opera di redenzione, esplicitando la sua
concezione teologica della storia.
Per senso religioso, oggi intendo una relazione viva con l’Assoluto e con l'umanità che diventa esperienza, legame con una dimensione transpersonale (nell’accezione della psicologia umanistica) che si fa storia nel realizzare nel qui e ora un'intenzionalità spirituale e al contempo concreta, sentita nelle decisioni eticamente rilevanti.
A questa formazione extrascolastica nella comunità di
Comunione e Liberazione, nel triennio del Liceo ebbi la fortuna di avere come
professore di Storia e Filosofia, Franco Salvo, che per me è stato un maestro
nella sfera dell'etica pubblica e privata, con il quale mi trovavo ad
interloquire anche fuori dagli orari di lezione. Per chi non lo ha conosciuto,
Franco Salvo è stato un uomo che ha praticato la mitezza della ragione, un
maestro di laicità e per maestro intendo colui che sa andare oltre la
professionalità dell’insegnamento specifico, capace di affrontare i problemi
infondendo una visione della vita basata su valori etici.
Per la laicità nell’insegnamento, il professore intendeva “[…] un metodo di studio che educhi a pensare criticamente, nel rispetto di tutte le convinzioni: solo nel confronto dialettico i vari orizzonti culturali possono svelare i propri limiti e giustificare la propria validità” (dal testo F. Salvo - I Diritti di Libertà – Ed.Palumbo p.199 ). Essere laici non significa contrapporsi ai credenti e neppure professarsi atei o agnostici. Laicità è un habitus mentale, la capacità di differenziare gli ambiti di ciò che è oggetto della ragione, oggetto di fede, oggetto della politica.
Ci insegnava, quando ancora eravamo ragazzi, il gusto
per il ragionamento, la capacità di distinguere, il mettere in discussione le
nostre certezze, argomentare senza essere condizionati da alcuna fede o
ideologia. Laicità si coniugava ad uno stile educativo che poneva la centralità
del dialogo nel rapporto educativo, come ebbe modo di affermare nel suo libro
di educazione civica: "Nel dialogo
ragionato maturano le certezze, si verificano le convinzioni, si abbandonano i
pregiudizi, si scopre il limite di ogni intolleranza civile e culturale". ( op. cit. ) .
Nel triennio il professore Salvo oltre che insegnare
con passione e pacatezza le materie di Storia e Filosofia previste dai
programmi scolastici, soprattutto nell'insegnamento della Storia si confrontava
con intelligenza critica con gli avvenimenti storici sotto diversi profili:
culturale, civile, politico e religioso, pur aderendo al materialismo storico e
al marxismo come visione della storia, era aperto al dialogo e al confronto
dialettico con altre visioni del mondo.
Il professore Salvo non si professava ateo, della sua
religiosità manteneva la massima riservatezza, ma enfatizzava attraverso
l’insegnamento della filosofia alcune considerazioni sulla religione, proposte
da filosofi credenti e non. Sul versante storico apprezzava la dottrina sociale
della Chiesa, esplicitata nelle Encicliche sociali dei Pontefici, nella
prospettiva della promozione umana dei lavoratori e dei popoli sottosviluppati,
ma si professava anticlericale, stimolato principalmente dall’esigenza
costruttiva del laicato cattolico di “instaurare una polis a misura
dell’etica evangelica,…non subordinata alla logica spietata degli interessi
privati del profitto” ( op. cit. p.107).
Sul tema del senso religioso, il filosofo
medioevale apprezzato di più dal compianto professore, era Sant’ Agostino
per la ricerca interiore della verità, capace di superare il dubbio iperbolico
scettico, scopritore dell’interiorità nella quale abita la verità, espressa in
modo laconico dallo stesso Agostino con l’affermazione latina: “In interiore homine habitat veritas”, scintilla di umanità presente in ogni uomo.
Rimanendo nel tema, altro autore dell’Illuminismo francese che il professore Salvo citava spesso, era Lessing nella incisiva espressione : “se Dio tenesse chiusa nella sua destra tutta la verità e nella sinistra l’impulso sempre vivo alla verità, la ricerca, e mi dicesse scegli! Io gli cadrei con umiltà alla sinistra, e direi: Padre, la pura verità è riservata a te solo!”.
Il focus dell’attenzione in Lessing è
spostato sull’uomo nel suo inestinguibile impulso alla ricerca del vero.
Da ciò ne consegue che le rivelazioni di
Dio sono da considerarsi non fini in se stesse, bensì puri mezzi pedagogici per
educare l’umanità fino a quando non giunga il tempo di una moralità adulta e
autonoma in cui il bene verrà compiuto solo per se stesso e non in vista dei
premi promessi in seguito alla sua esecuzione o dei castighi minacciati. La
questione religiosa, ci ricordava il caro professore, veniva spiegata da Lessing con la parabola dei
tre anelli, composta nell' opera Nathan il saggio
(1779), ambientata a Gerusalemme durante la terza crociata, che mette in scena
il dialogo tra un saggio mercante ebreo Nathan, il sultano di Gerusalemme e un
cavaliere templare; si parla di tre anelli che simboleggiano le tre grandi
religioni monoteiste, ebraismo, cristianesimo e islamismo.
Uno degli anelli è quello autentico,
originale; gli altri due sono imitazioni perfette – dice la parabola –
indistinguibili da quello vero. Non è dunque possibile sapere quale sia la verità,
che si può intravvedere soltanto di riflesso, nell’umanità di chi lo porta al
dito; chi si dimostra più umano, più capace di amore e comprensione verso gli
altri, più aperto dei tre è colui che verosimilmente ha al dito l’anello vero. Ma l’impossibilità di conoscere la verità non
nega 1a sua esistenza. Essa, dice Lessing, appartiene solo a Dio, mentre il
compito dell’uomo è quello di ricercarla, di avvicinarvisi il più possibile.
Questa lettura della religione non turbava la mia fede e il senso della ricerca
spirituale, a mio avviso ben espressa nella formulazione di S. Paolo
nella Lettera agli Ebrei «La fede è fondamento delle cose che si sperano e
prova di quelle che non si vedono» e sempre lo stesso san Paolo che indica
il limite alla nostra visione di Dio, noi ora vediamo «per speculum, in
aenigmate», come di riflesso, in forma enigmatica (1 Cor. 13, 12).
Ricordo durante la lezione sul pensiero positivistico
di Herbert Spencer, secondo il quale l'essenza di ogni
religione consiste nell' individuare un senso al mondo e nell’identificare nel
senso del mistero il limite alla conoscenza scientifica, il prof. Salvo poneva
a noi alunni l' interrogativo su quale fosse la differenza tra l'ignoto e il
mistero, fornendo una spiegazione appropriata: l'ignoto è il non conosciuto:
nel processo conoscitivo l' apprendimento procede dall' ignoto al conosciuto,
al noto; il mistero è la ricerca di senso della realtà non ancora conosciuta,
ciò che va oltre la conoscenza. Ma il filosofo
che più di tutti consideravo una sfida alla mia dichiarata fede religiosa fu Ludwig Feuerbach, del quale al 3° anno di liceo il
professore mi consigliò la lettura del libro “L’Essenza del Cristianesimo”
(preso in prestito dalla biblioteca scolastica). In esso
Feuerbach considera Dio come la personificazione immaginaria dell’essenza della
specie umana, l’uomo proietta in un ente esterno, Dio, le proprie qualità e
caratteristiche migliori e i propri desideri: non è quindi Dio ad aver creato
l’uomo ma è l’uomo che crea Dio, il quale è appunto la personificazione
dell’essenza migliore dell’uomo. Feuerbach utilizza
il termine "alienazione" per indicare che l’uomo proietta fuori di sé
le sue migliori caratteristiche e crea dunque un ente a sua immagine a cui
conferisce autorità ed a cui si sottomette.
Più che un' edificante esercizio di confutazione il
pensiero ateo di Feuerbach provocò in me un vivo interesse, non già verso la
teologia, ma verso la filosofia della religione e sul piano storico l’attualità
della dottrina sociale della Chiesa nel fronteggiare
i problemi sociali e politici del mondo
contemporaneo.
Oggi ritengo che il senso religioso, riconducibile
all'esperienza religiosa, si esprima nelle diverse credenze e nelle
manifestazioni del Divino nella storia. In senso laico indica un orizzonte di
senso ricercato nell'intimità della propria coscienza.
Fermo restando che il senso religioso è custodito,
trasmesso e sviluppato dall' umanità, non soltanto in una dimensione di
tradizione religiosa, ma anche di volontà pratica nel realizzare nella storia i
valori ideali individuali e collettivi di giustizia, amore, pace, bellezza e
amore.
Riannodando i fili della mia memoria, dopo il liceo mi
iscrissi nella facoltà di Filosofia che mi diede l'opportunità di approfondire
il senso religioso nell' uso del linguaggio comune e filosofico: il senso
religioso più che come nozione antropologica trovava per me concretezza nell'
etica, nella pratica della volontà. Sul piano della riflessione filosofica nel
XX secolo ha suscitato per me interesse e condivisione il pensiero religioso di
Ludwig Wittgenstein e l’ermeneutica religiosa di Paul
Ricouer a cominciare dalla prima opera di quest' ultimo “Finitudine e colpa”;
inoltre, ho molto apprezzato anche il pensiero religioso di due filosofe del
Novecento, maturato in modo peculiare nel corso delle loro vicissitudini
esistenziali, Edith Stein e Simone Weil, illuminanti nell’ esprimere
con le loro intuizioni la concretezza incarnata del senso religioso della
vita. Sul piano delle scelte pratiche,
dopo i 20 anni non ho più aderito alla comunità religiosa di CL per tre motivi
precisi che sintetizzo: non condividevo alcuni aspetti metodologici
dell’esperienza religiosa della comunità proposta da Don Giussani su cui non mi
soffermo, il secondo motivo riguardava la dimensione culturale nell'intendere
la laicità e il modo di interpretare la secolarizzazione del cristianesimo, il
terzo motivo l'impegno politico fattuale di CL, che da movimento si
istituzionalizzava nell'adesione alla corrente andreottina della D.C. e da allora
le vicissitudini nel tenere insieme opere di volontariato, potere politico,
gestione amministrativa della "res pubblica" e comunità
ecclesiale.
Sul piano religioso mi sentivo vicino al metodo della lectio
divina spiegata dal Cardinale Carlo Maria Martini a cui va il merito anche
di aver istituito La Cattedra dei non credenti, occasione per dialogare
con le ragioni dei non credenti, mostrando la responsabilità che ha il credente
di rendere conto della ragionevolezza della fede, esperienza che matura nell’interiorità
dell’ uomo nel suo percorso di autocoscienza,
“l’assenso reale risultato di un itinerario di crescita che passa
(come insiste Newman) attraverso varie prove” ( C.M.Martini - La radicalità della fede,1991 ed.Piemme,
p.12 ).
Sul piano della storia della Chiesa ho seguito la
dottrina sociale della Chiesa e il magistero di Papa Giovanni Paolo II, in
particolare quanto espresso nel documento pontificio del 27/04/1997 "Memoria
e riconciliazione: la Chiesa e le colpe del passato" in cui il santo padre
riconosce le colpe della Chiesa cattolica, soggetto unico nella storia,
per un verso intesa dalla "comunità" dei credenti, come comunione
di santi che formano il corpo mistico di Gesù Cristo risorto, per altro
verso come riflesso sociale del peccato dei singoli, non escludendo i mali
sociali come accumulo dei peccati personali tra i componenti del
Popolo di Dio, sia nella vita religiosa, che nel laicato.
Negli anni a seguire una citazione di Don Giussani (Il
rischio educativo, 1977 ed. Jaca Book, p.17) su C. G. Jung mi è sempre
risuonata come un mantra per comprendere meglio il rapporto tra psicologia e
religione, cito testualmente “la realtà non è mai veramente affermata, se non è
affermata l’esistenza del suo significato”, che nel lavoro psicoanalitico
corrisponde all’esortazione dello stesso Jung: “Rendi cosciente l’inconscio
altrimenti sarà l’inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai destino”.
In Jung ho apprezzato molto il conflitto
interpretativo sul problema religioso con il teologo ebreo Martin Buber, il
quale in Eclissi di Dio richiama Jung sui limiti della scienza
psicologica nel comprendere il fenomeno religioso; di contro il fondatore della
psicologia analitica in Psicologia e religione, evidenzia il limite
della psicoanalisi di non varcare il confine della conoscenza empirica «il mio
unico mezzo di conoscere è l'esperienza» (op. cit., p. 463) e inverte l’onere
della prova asserendo che non è più la scienza a dover dimostrare di non aver
oltrepassato tale limite, ma è la religione a dover giustificare il perché dell'oltrepassamento.
Jung, del resto, aveva già dichiarato che questo andar oltre «concerne la
teologia, la rivelazione e la fede» (op. cit., p. 464).
Jung nel già citato testo di fronte alle tragiche
esperienze «dai fatti diabolici del nostro tempo: i sei milioni di ebrei
trucidati, le innumerevoli tribolazioni inferte dallo schiavismo sovietico e
l'invenzione della bomba atomica, tanto per fare alcuni esempi del lato
tenebroso» (op.cit., p. 463), incessante ritorna la domanda presente nel
risvolto di copertina della Risposta a Giobbe: «Che ne dice un Dio
benevolo e onnipotente? Ecco l'interrogazione disperata, mille volte ripetuta».
Altri aspetti rilevanti della polemica con Buber
riguardano a mio avviso l’interpretazione dell’esperienza religiosa alla luce
dello sguardo di colui che l’osserva mediante tre dimensioni della psiche che
riguardano il reale, l’immaginario e il simbolico.
Queste dimensioni della psiche nel rapporto
significante con il sacro, trovano secondo me, spiegazioni
interpretative convincenti nella psicologia transpersonale sia di
Abraham Maslow ("Verso una psicologia dell'essere" ed. Astrolabio, 1978) che del fondatore della
Psicosintesi, Roberto Assagioli ("Lo sviluppo transpersonale" ed.
Astrolabio,
1988), libro che raccoglie gli scritti dello psichiatra fiorentino R.
Assagioli, compresi tra il 1921 e il 1973, e tutti dedicati a indagare le vie e
le dinamiche che caratterizzano la dimensione transpersonale nell'uomo.
Come pure mi sembrano
rilevanti per comprendere l’atto di fede alla luce del linguaggio
dell'inconscio i contributi di V. Frankl ("Dio nell'inconscio" ed.
Morcelliana, 2014) e della psicoanalisi lacaniana, in particolare nelle opere
di Françoise Dolto ("Psicanalisi del vangelo" ed. Rizzoli, 2000 e
"La fede alla luce della psicoanalisi. La vita del desiderio. Dialoghi con
Gérard Sévérin" ed. et al.
collana Lacaniana, 2013 ) e di Massimo Recalcati ( “La notte del
Getsemani” Einaudi, 2020 – “ Il grido di Giobbe” Einaudi, 2022 – “La Legge del
desiderio. Radici bibliche della psicoanalisi” Einaudi, 2024 ).
Con linguaggio psicologico limpido e chiaro, questi
psichiatri e psicanalisti descrivono il processo di risveglio e lo sviluppo
della coscienza spirituale e gli effetti che esso produce nella vita interna ed
esterna dell'uomo.
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Molto interessante e coinvolgente la narrazione del tuo percorso di evoluzione del senso religioso, dove la spiritualità non è intesa come trascendenza e astrazione, bensì come una dimensione che cambia la vita nella concretezza e nella pratica interiore.
RispondiEliminaÈ toccante constatare che la guida orientante di questa visione sia stato il grande Prof. Salvo, il quale è stato un riferimento fondamentale per tutti coloro che hanno avuto l'onore di beneficiare dei suoi insegnamenti, a riprova della responsabilità che la scuola deve avere per le scelte di vita dei giovani.
Focale è il magistero di Papa Giovanni Paolo II. Ritengo che anche Papa Francesco sia un testimone coerente di una religiosità coi piedi per terra, saldamente fedele al proprio tempo: l'unico modo per servire Dio e rispondere responsabilmente alla storia.
Ti ringrazio di cuore del Tuo autorevole commento, avendo ricevuto pure tu l' insegnamento educativo del prof. Salvo e di tanti professori che in diversa misura hanno influenzato la nostra formazione culturale e umana.
EliminaAnche la concretezza della testimonianza di Papa Giovanni Paolo II e Papa Francesco sono esempio dell' azione dello Spirito Santo nella storia, grazie.