sabato 29 marzo 2014

Lettera da Belfast

[lettera inviatami da alice, da belfast, in replica a miei versi su swans, che riproduco parzialmente in italiano: “*sonno profondo /del tempo e delle cose (sì, tutto è addormentato) // *ripetere all’infinito / il sogno di miti antichissimi // *culture e civiltà / azzerate da fame, odio, morte” (g.m.)]

by Alice D’Alessandro

Caro Guido, grazie per i tuoi versi, che risuonano del resto con quegli altri versi intitolati miti. Dove dici "the deep sleep of time and objects" e poi "repeat to infinity ad infinitum/the dream of ancient myths" "cultures and civilizations/wiped out by hunger, hatred, death" mi rammenti Neher, lì dove parla del passaggio, trasformazione, dalla Genesi all'Esodo: "Toldot è l'atto del generare (....) il mistero fatale della nascita in quanto è necessariamente rottura, avvio iniziale, lancio. Nella terminologia biblica, toldot è la trasmissione della Genesi in Esodo (...) il camminare davanti". 

E mi riportano inevitabilmente al Qoelet. Il profondo dormire l'abbiamo contemplato in quel magico lago islandese, Askja, su quei bordi del tempo dove implodiamo e come "roccia residua" vediamo ancora, offuscati,"cultures and civilizations/wiped out by hunger, hatred, death", e ascoltiamo, insieme a una bambina siriana morta per la fame o una donna annegata nel Canale di Sicilia, le onde gravitazionali dei primordi. E la bambina e la donna ci parlano di piccoli sassi colorati: sono appena nati e hanno già miliardi di anni. E questa roccia e il loro parlare sono qui, ora. Come anche Askja.

Questi giorni di malattia (ho un ascesso dentale che verrà curato la prossima settimana) li ho trascorsi in compagnia di mio figlio Federico - come sempre - e di Adriana Zarri, sto leggendo "Un eremo non è un guscio di lumaca", resoconti di una vita eremitica. Ti trascrivo qualche riga:
"Allora l'eremita apre gli occhi. Accanto a casa c'è un ruscello, e sotto allo scorrere vivo delle acque tralucono sassi variegati; fronde verdi si specchiano, tronchi d'alberi si fanno liquidi e fluidi, il cielo si fonde e le nubi si posson prendere nelle mani. E si accorge anche di avere un gatto bianco, con il nasino nero e tante fusa nella gola. È la risposta delle cose, la risposta di Dio, nella pienezza, al vuoto che egli stesso ci aveva scavato - e insegnato a scavare - dentro di noi. Ora il suo vuoto è pieno. Per questo l'aveva vuotato: per riempirlo; per questo l'aveva scavato in nere caverne di silenzio: perché si colmasse e cantasse. Ora verifichiamo la frase del Signore:"Chi perde la propria vita la troverà". E possiamo anche cantare con Ezechiele:" Quella terra così desolata ora è il giardino dell'Eden".

Voi come state? Aspetto notizie.
Ti abbraccio
A.


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