di Rosario Ales
L’ incipit
di Daniel Pennac nel testo “ Come un romanzo “ ( Feltrinelli, ed.2010 )
recita “ il verbo leggere non sopporta l’imperativo, avversione che condivide
con alcuni altri verbi: il verbo “amare”…..il verbo ‘sognare”. Due righe che presuppongono un fondamento
implicito nel prosieguo del discorso; è inutile che noi genitori e/o insegnanti,
per liberare i nostri figli dal dominio della televisione, di internet o da
prodotti immaginifici preconfezionati con sottofondi musicali, propiniamo,
svilendo l’interesse, la lettura di un libro in modo arido, asettico, come se
si trattasse di una prescrizione, chiedendo il rispetto, in scadenza del tempo
di lettura.
Daniel Pennac con la saggezza derivante dall’esperienza di insegnante, ci ricorda un sentire sperimentato auto - evidente: la lettura di un libro avviene nel “piacere di questa gratuità” ( ibidem, p.43 ), in quella intimità che attira magneticamente il lettore, rispondendo a un suo bisogno interiore di capire, di conoscere il mondo, di specchiarsi nel testo, scoprendo parti di sé di cui non era consapevole, il libro acquista una vita propria, funziona come un lettore ottico, un’ allegoria viva, in divenire, quando raggiunge il lettore. Pennac afferma “l’interesse presente, ecco il grande movente” ( ibidem, p.41 ) e sul piano psicologico allontana la noia, la fretta, la frustrazione; i giovani, dal canto loro, hanno paura di non capire e di perdere troppo tempo nella lettura. Invece l’approccio dello scrittore francese è immediato, sintetico, intuitivo: “Il tempo per leggere è sempre un tempo rubato. (Come il tempo di scrivere, d’altronde, o il tempo di amare)” ( ibidem, p.99 ).
La lettura è anche un gesto di condivisione della vita, condivisione del sapere, favorisce l’istinto gregario, ma anche per differenza “ogni lettura è un atto di resistenza” ( ibidem, p.66 ), le letture che abbiamo fatte per, ma anche contro tutte le contingenze professionali, ideologiche, culturali.
La condizione che Pennac vuole far emergere è la libertà dell’uomo nel rapporto con il libro, che comprende anche la libertà di non leggere.
Daniel Pennac con la saggezza derivante dall’esperienza di insegnante, ci ricorda un sentire sperimentato auto - evidente: la lettura di un libro avviene nel “piacere di questa gratuità” ( ibidem, p.43 ), in quella intimità che attira magneticamente il lettore, rispondendo a un suo bisogno interiore di capire, di conoscere il mondo, di specchiarsi nel testo, scoprendo parti di sé di cui non era consapevole, il libro acquista una vita propria, funziona come un lettore ottico, un’ allegoria viva, in divenire, quando raggiunge il lettore. Pennac afferma “l’interesse presente, ecco il grande movente” ( ibidem, p.41 ) e sul piano psicologico allontana la noia, la fretta, la frustrazione; i giovani, dal canto loro, hanno paura di non capire e di perdere troppo tempo nella lettura. Invece l’approccio dello scrittore francese è immediato, sintetico, intuitivo: “Il tempo per leggere è sempre un tempo rubato. (Come il tempo di scrivere, d’altronde, o il tempo di amare)” ( ibidem, p.99 ).
La lettura è anche un gesto di condivisione della vita, condivisione del sapere, favorisce l’istinto gregario, ma anche per differenza “ogni lettura è un atto di resistenza” ( ibidem, p.66 ), le letture che abbiamo fatte per, ma anche contro tutte le contingenze professionali, ideologiche, culturali.
La condizione che Pennac vuole far emergere è la libertà dell’uomo nel rapporto con il libro, che comprende anche la libertà di non leggere.
Da
questa libertà deriva il famoso decalogo di Pennac sui diritti imprescrittibili
del lettore, a cui rinvio, senza soluzione di continuità.
In
questo rimando continuo dalla scrittura
alla vita e dalla vita alla scrittura, parafrasando M. Perriera, assume il
valore di un lascito per le generazioni future, una sorta di testamento
spirituale, una magia artisticamente ispirata, le “
Lezioni americane” di Italo Calvino, che indicano
magistralmente, con il tocco della bacchetta del direttore d’ orchestra, le
linee direttrici di una nozione perenne di una scrittura letteraria di qualità.
Peculiarità
specifiche della letteratura, che “solo
la letteratura può dare coi suoi mezzi specifici” (op.cit.Garzanti, 1988)
scandite nell’ordine con cui le conferenze sono presentate: Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità,
Molteplicità e una qualità soltanto pensata, ma non realizzata in
conferenza : Consistenza; ( spesso
Calvino usa i termini inglesi corrispondenti: 1- Lightness, 2 - Quickness, 3 -
Exactitude, 4 - Visibility, 5 -Multiplicity, 6 –Consistency ).
Qualità
di una scrittura che oscilla come un pendolo tra fascinazione dell’ombra, il
profondo, l’enigmatico e il richiamo ad una razionalità indirizzata al
controllo, alla distinzione, all’oggettività.
Poetica
oscillatoria che lo scrittore palermitano Michele
Perriera, fondatore e direttore della scuola di teatro Teate’s di Palermo,
articola in un linguaggio dell’anima che
“tesse e ritesse il mio piacere di
esistere.. con la plausibilità soggettiva del mondo, che… non rimuove la sofferenza,
anzi cerca di ricordarla, tenerla presente alla coscienza”, trasformata, di riscattarsi sempre di
nuovo (La spola infinita, Sellerio, 1995, pp.18,19).
Linguaggio
poetico, pervaso da “quell’
innamoramento” , creatore del nuovo e dalla gestione positiva della
cognizione del dolore , che lo stesso caos aveva generato.
Con
gli occhi poetici di Michele Perriera, disincantati, venati dalla magia di
guardare dentro i sotteranei dell’anima, o dell’ opera letteraria, di cui è
espressione, “per cercarvi il tesoro
della propria relazione con essa” ( ibidem,
p.24 ), in conclusione, vorrei
comunicare una dedica privata offertami dallo stesso Perriera alla
presentazione di una delle sue opere principali: “Romanzo d’ amore”, che
sussurro all’orecchio di chi legge: “C’è
sempre una grande distanza fra ciò che sogni e ciò che avviene. La morte sta in
mezzo a ricordare che i grandi desideri hanno una tradizione antichissima.
Vogliamo che abbiano un futuro”. ( Michele Perriera, 30-1-2003 ) .
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