di Luigi Carmina
Entro nella guardiola dove Riuk è intento a sistemare le scatolette di tonno e sgombro.
Io guardando il calendario: quanti ne abbiamo oggi?Riuk prende la pipa e la porta alla bocca ancora spenta.
Io: non l’avevo ancora vista.
Riuk: quando mi si parla seriamente la uso, anche se spenta. Dal tono che hai, sembra che tu debba dirmi una cosa importante.
Io: lo è. Hai mai sentito parlare del giudice ragazzino?
Riuk: no perché?
Io: le notizie importanti e i fatti salienti di uno stato rimangono sepolte nel luogo dove nascono. Questa è disinformazione.
Riuk: mi spiace. Hai detto giudice, quindi immagino c’entri qualcosa la mafia.
Io: indovinato. Prima di essere un giudice era un giovane, che aveva ideali, che al giorno d’oggi si sono persi. Era di Canicattì, un paese in provincia di Agrigento, lo conosceva anche mia madre. Tutti lo stimavano per l’aiuto che dava al prossimo. Credeva in quello che faceva, per lui il lavoro era una missione, sapeva di dover svolgere quel compito al meglio delle sue possibilità. È andato contro quella, che per parte del popolo meridionale è una istituzione. Tutti accettano in silenzio e quando qualcuno si oppone a questa corrente di pensiero fa una brutta fine, come del resto tutti gli altri giudici come ad esempio Saetta, Falcone e Borsellino, per terminare con i poliziotti e tutte le persone oneste. Il magistrato di cui ti parlavo è stato ucciso da alcuni sicari, mentre andava al lavoro nella strada che collega Agrigento a Caltanissetta.
Riuk: è votando chi è colluso con la mafia, che le persone acconsentono ad essere sottomesse.
Io: quando puoi, informati meglio in merito a ciò che ti ho detto.
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