di Francesca Saieva
“E la Divina Commedia , sempre più commedia al punto che ancora oggi io non so se Dante era un uomo libero, un fallito o un servo di partito”, cantava così Antonello Venditti nel lontano 1975. Sì perché, mentre la letteratura forgiava le coscienze, la storia ci abituava al declino dei Poteri Universali.
Così, il politicamente inviso Celestino V, agli occhi di Dante, appariva un ignavo da Antinferno. In fondo,si sa, ricordiamo prevalentemente lui, quel Pietro del Morrone, umile d’origine e così pure d’animo, e il suo gran rifiuto.
Eppure, la storia annovera altre grandi rinunce, sei a oggi. Prima di Benedetto XVI (lascerà il suo ministero il 28 di questo mese), infatti, hanno abdicato Clemente I (in carica dal 88 al 97 d.C.), Papa Ponziano (dal 230 al 235 d.C.), Papa Silverio (dal 536 al 537 d.C.), Benedetto IX (dal 1033 al 1045), Celestino V (dal 29 agosto al 13 dicembre 1294), Gregorio XII (dal 1406 al 1415).
Cosicché, i tempi bui della Chiesa tardo-medioevale parlano da sé e storici Pontefici, costretti il più delle volte all’esilio e a rinunciare al loro Sommo Uffizio, annullano scelte personali assecondando, se così si può dire, ‘conflitti d’interesse’.
Ma se al passato c’è sempre stata una spiegazione o quasi, dovuta all’assopimento dei dubbi, al presente una risposta chiara non c’è. Tanto più che l’odierna cristianità si trova fortemente impreparata a ‘improvvisazioni’ di schema e allo scardinamento di vecchi equilibri di fronte a una vacatio ‘voluta’ e ormai imperante, malgrado noi, su tutti i fronti.
Ieri, 11 febbraio 2013, è arrivata la notizia bomba: Benedetto XVI si è dimesso.
Di sicuro, la scelta sarà stata preceduta da lunga e solitaria (si spera) riflessione. Fatto sta che agli occhi di un pubblico mondiale, ciò che più fa scalpore non è tanto l’abdicazione in sé quanto il suo perché. Eppure, di perché potrebbero essercene tanti, e non mi riferisco alla avanzata età del Pontefice, poiché lucido appare il suo pensiero, piuttosto potrei optare per una presa di posizione (ci sarebbe poi da vedere presa di posizione da parte di chi) nel ‘marasma vaticano’, anche se in fondo la Chiesa , storicamente parlando, si è resa più o meno protagonista di lunghi periodi bui. Che lo ‘scisma’ interno sia questa volta davvero insanabile?
Perché mai dopo 600 anni Papa Ratzinger ci riprova? Una scelta epocale, dunque, definita così dai più, nonostante gli interrogativi aumentino e non si escluda l’atto di umiltà e d’impotenza di Sua Santità nei confronti di un mondo sì alla deriva, e fortemente destabilizzato da squilibrate dinamiche teorico-pratiche sempre più in forte collisione tra loro. Scandali su scandali, casi di coscienza calano il sipario su di una Chiesa lontana e ormai quasi afona al richiamo dell’umanità.
Ciò non di meno, quel che sembra preoccupare di più è il dopo-Ratzinger. I mesi e gli anni avvenire forse ci consentiranno di capire meglio la questione, non fosse solo per il fatto che il gesto del germanico Papa ha del progressivo e così pure del conservatore. La rinuncia del suo ministero apre davvero il cammino alla dissoluzione del cristianesimo? O contiene in sé qualcosa di post-ideologico? D’altronde se negare i tempi bui della Chiesa contemporanea non serve, bisogna pure ammettere che il post-ideologico non può avere confini geografici.
Una scelta etica o una fuga da un mondo troppo difficile da gestire che richiede oggi più che mai “un uomo di Dio”, come afferma Mancuso, e un “uomo di mondo” secondo Caracciolo?
Be’ un uomo di Dio, credo, Papa Ratzinger lo sia, un uomo di mondo forse un po’ meno, e il ritratto che in questi anni ne viene fuori è quello di uomo spirituale, teologo al servizio della Chiesa, dicono i più, un contemplativo.
Da spettatrice, posso solo raccogliere i segni di un uomo in crisi, segni alla ribalta su un palcoscenico dal sipario calato.
Il tuo intervento è quanto mai opportuno, oltre che scritto con la consueta perizia e competenza.
RispondiEliminaComplimenti.
Enzo
alla fine hai posto in fondo gli interrogativi chiave di queste inquietanti dimissioni... come dice barbara spinelli, proprio lui che è stato al massimo livello un conservatore, imprevedibilmente ha fatto un gesto romantico e "innovativo": lasciare... e forse è proprio il suo gesto significativo di lasciare, dice sempre la spinelli, di ammettere la propria impotenza, paradossalmente ad innalzarlo, e per questo forse sarà ricordato.
RispondiEliminahttp://www.repubblica.it/esteri/2013/02/13/news/il_miracolo_del_nulla_alle_spalle-52512900/?ref=HREA-1
grazie a entrambi!
RispondiElimina:-) francesca