di Raimondo Augello
Do pubblicazione della lettera inviata in data odierna a Corrado Augias, conduttore su Rai 3 del programma Le Storie:
Egregio dott. Augias,
sono un telespettatore che da sempre la segue nutrendo grande
ammirazione nei confronti della sua professionalità e della sua competenza. Lo
scorso 13 febbraio mi è capitato di assistere alla puntata della sua
trasmissione su Rai 3 (che io cerco di seguire quando posso, compatibilmente
con i miei impegni di docente presso un noto liceo cittadino) in cui era ospite
il prof. Barbero, che in quella circostanza si trovava lì per presentare il suo
ultimo libro avente come tema i soldati borbonici prigionieri nelle fortezze
sabaude, con particolare riferimento alla famigerata Fenestrelle. Premetto che
all'argomento in questione e più in generale alle pagine di storia rimossa che
hanno accompagnato l'unità d'Italia, negli ultimi anni ho dedicato parecchi
articoli, pubblicati su riviste on-line (la invito tra le altre cose a
consultare il mio nome su PAlingenesi, blog che raccoglie le firme di alcuni
intellettuali palermitani) e anche su periodici cartacei, frutto di studi
approfonditi in cui alla consultazione dei documenti storici ho accompagnato la
ricerca volta ad indagare i fatti attraverso l'ausilio dei vari linguaggi
dell'arte, dalla letteratura, anche nella forma del romanzo (le dice niente il
nome di Carlo Alianello?), al teatro, al cinema, alla musica, alla televisione:
ricorderà anche Lei la stagione epica di una Rai d'altri tempi, capace di
mandare in onda sceneggiati come L'Alfiere (tratto dall'omonimo romanzo di
Alianello, appunto, sulla caduta di Gaeta), Napoli
1860. La fine dei Borbone, L'eredità
della priora (che ricostruiva le vicende del cosiddetto brigantaggio),
convinto che proprio ai linguaggi dell'arte sia affidato il compito di
raccontare ciò che alla storiografia ufficiale e ai canali informativi ordinari
non è concesso dire. Ebbene, ha destato in me parecchia meraviglia il fatto di
vedere in una trasmissione qualificata come la sua il prof. Barbero, noto
negazionista, pontificare in beata solitudine le sue teorie. Argomenti così
delicati, e peraltro così sempre più diffusamente sentiti, avrebbero richiesto
un contraddittorio serio, e invece gli unici interlocutori del prof. Barbero
erano i balbettanti ragazzi di un liceo barese per i quali, fatta salva la loro
buona volontà, non era possibile altro che far sfoggio della loro comprensibile
emozione nel rivolgere le domande a cotanto docente. Interlocutori di ben altro
spessore avrebbe richiesto la natura dell'argomento. Mi è parso un po' come
aprire le iscrizioni per un circuito da corsa consentendo anche a chi è dotato
di monopattino di sfidare le Ferrari. Lei sa bene quanto questi argomenti siano
stati rimossi dalla nostra scuola, e dunque quale poteva essere la preparazione
di quei ragazzi e soprattutto quali gli strumenti dialettici per potere
confutare il prof. Barbero? Il punto in cui tuttavia Barbero mi pare abbia
superato il segno è stato però quando, sollecitato argutamente da Lei a dare
una valutazione sul fiorire di libri che raccontano una storia diversa (quella
vera!) riguardo a ciò che è stato fatto nei confronti del Meridione, e in
particolare sugli eccidi, ha candidamente replicato spiegando il fenomeno con
il fatto che si tratterebbe, a suo dire, di autori in cerca di pubblicità. Ma
come! Lui, il prof. Barbero, che riceve ospitalità dalla TV di Stato per
rendere pubblicità al suo ultimo libro, esponendo in sostanziale assenza di
contraddittorio le proprie teorie, accusa di perseguire fini pubblicitari chi
muovendosi controcorrente cerca di far luce su fatti di inaudita gravità, senza
per questo fruire né oggi né mai del proscenio della TV pubblica?
Qualcosa non torna. E non è offendendo il buon senso, nonché la memoria e
le ferite di una parte d'Italia che si rende un servizio alla verità. Non è
questa la sede per entrare nel merito degli argomenti, tuttavia mi preme dirle quanto
segue. Il prof. Barbero, lei ed io sappiamo cosa successe a Casalduni,
Pontelandolfo, Campolattaro e in mille altri paesi del Mezzogiorno, il pubblico
a casa no. Il prof. Barbero, lei ed io abbiamo letto gli atti delle sedute
parlamentari che si accompagnarono agli anni dalla cosiddetta "guerra al
brigantaggio", il contenuto dei bandi degli ufficiali piemontesi (parecchi
nella sostanza tali da sfidare in ferocia quelli delle SS) che si trovarono ad
operare in quegli scenari di guerra, le reazioni della stampa e della politica
estera, i carteggi tra Cavour e i suoi collaboratori, il pubblico a casa no. Il
prof. Barbero, lei ed io sappiamo di Angelina Romano, la bimba di nove anni fucilata
a Castellammare del Golfo il 3 gennaio del 1862 dal colonnello Quintini con l’accusa
di brigantaggio insieme a parecchi altri civili (inclusi preti, donne e anziani
i cui nomi e dati anagrafici il prof. Barbero può richiedermi al mio indirizzo
di posta elettronica, caso mai ne avesse perso memoria), il pubblico a casa no.
E i telespettatori non sanno neppure che qualche tempo fa l’amministrazione
comunale di Gaeta, città martire delle bombe piemontesi, ha deciso di
intitolare una via alla sfortunata bambina, rea soltanto di essersi casualmente
imbattuta sulla strada della cieca follia. Il prof.Barbero, lei ed io sappiamo del ruolo
svolto dalla Banca Nazionale, futura Banca d'Italia, nel processo di
spoliazione del Meridione e di smantellamento del suo scheletro creditizio,
fonte imprescindibile per un corretto sviluppo imprenditoriale, il pubblico a
casa no. Il prof. Barbero, lei ed io sappiamo di quali eccellenze si stia
parlando quando si nominano Pietrarsa, Mongiana, San Leucio e di come il Regno
delle Due Sicilie fosse stato gratificato all’esposizione universale di Parigi
del 1856 del riconoscimento di terzo paese industrializzato al mondo, il
pubblico a casa no. E così del ruolo avuto dalla mafia nel processo unitario e
di mille altre cose. E che dire di quanto lo stesso Garibaldi ebbe ad affermare
durante una seduta parlamentare, quando parlando di ciò che stava accadendo al
Meridione parlò testualmente di “cose da cloaca”, mentre nel 1868, in una
lettera ad Adelaide Cairoli, scrive: “Mio Dio, che cosa abbiamo fatto? Gli
oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili: Sono
convinto di non avere fatto male, nonostante ciò non rifarei oggi la via dell’Italia
meridionale, temendo di essere preso a sassate, essendosi colà cagionato solo
squallore e suscitato solo odio”. E del figlio di don Garibaldi, Ricciotti, che
non credendo giusto limitarsi alle parole, decise di prendere le armi e di
passare dalla parte dei cosiddetti briganti, come qualche tempo fa raccontava
in una puntata di Porta a porta la bisnipote di Giuseppe Garibaldi, Anita?
Niente, l’eroe dei due mondi, Ricciotti, Anita erano tutta gente in cerca di
pubblicità, ribatterebbe serafico l’ineffabile prof. Barbero. D’altro canto, lo
stesso Antonio Gramsci nel 1920 così scriveva: “Lo Stato italiano è stato una
dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia Meridionale e le isole,
squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori
salariati tentarono di infamare col marchio di briganti”. Ma di quanto l’intellettuale
sardo andasse in cerca di pubblicità, lo possono testimoniare le carceri
fasciste. Mi creda dott. Augias, il
Meridione è stanco, è stanco delle sue piaghe, è stanco delle menzogne, è
stanco della mitologia leghista assurta a verità politica e per converso delle
proprie vittime a cui non è concessa la dignità della memoria. E' forse per
questo che negli ultimi anni sono fioriti tanti studi, e non perché qualcuno
cerchi pubblicità, perché la coscienza di un popolo non può essere
tradita e condannata ad un oblio senza fine né la sua dignità può essere offesa
dalla menzogna più disinvolta.
P.S.: ci tenevo a precisare che il prof.
Barbero non è nuovo a queste esternazioni. Tempo addietro, nel corso di una
puntata di Superquark, ebbe a fare affermazioni non del tutto lontane a quelle
che stiamo commentando, cercando di far passare l’idea di una natura “genetica”
dell’indole camorristica dei napoletani, non astenendosi dal portare come
esempio anche la presunta condotta dei prigionieri di Fenestrelle (evidentemente
un chiodo fisso): affermazioni che con una lettera inviata a Superquark io ho cercato di confutare punto per pento sul
piano dell’analisi della verità storica dei fatti; una lettera pubblicata su
vari blog, dalla rivista Lions di Palermo, dal settimanale di denuncia “Centonove”
e per la quale ho ricevuto apprezzamento da Marco Travaglio, dalla redazione napoletana
di Repubblica e da altre testate giornalistiche. Una lettera della quale le
invio copia in allegato. Dal prof. Barbero non ebbi risposta, una risposta che,
sono certo, lei invece non mi negherà, considerato il tono assertivo ma garbato
della presente.
Una bufala neoborbonica è stata detta in TV da Pino Aprile quando dice che " Maria Izzo era la più bella di Pontelandolfo e fu stuprata dai Piemontesi". Una lettera documento di una signora del tempo a Pontelandolfo dice che " Maria Izzo aveva 94 anni ed è morte nella sua casa" Francesco Cillo - Cervinara (AV)
RispondiEliminaIl signor Augello riporta una frase di Gramsci in cui si fa confusione tra contadini e briganti. C'è un bel libro di Carlo Del Balzo del periodo 1860, che parla del Paartenio, sulla cui montagna i contadini non potevano salire nel mese di ottobre per raccogliere le castagne in quanto c'erano i briganti che minacciavano i contadini. E Carlo Del Balzo interessò la guardia nazionale ad intervenire in aiuto dei contadini contro i briganti. Francesco Cillo Cervinara (AV)
RispondiEliminaAltra bufala neoborbonica dice che a Pontelandolfo perirono 5000 persone. Una lettera di Carolina Lombardi di Pontelandolfo in data 3 settembre 1861 scrive che " perirono 13 persone". Mentre i Piemontesi uccisi furono 47. L'eccidio ci fu ma contro i Piemontesi. Francesco Cillo
RispondiEliminaAltra colossale bufala neoborbonica. La quale dice che a Pontelandolfo nel 1861 furono trucidati 5mila abitanti. E' sufficiente cliccare sul sito di Pontelandolfo e la verità viene a galla. Censimento anno 1860 = abitanti 4259-- censimento anno 1861= abitanti 4375. I dati dimostrano che non ci fu eccidio da 5mila abitanti. Francesco Cillo -Cervinara (AV)
RispondiEliminaNella trasmissione di "Petrolio" l'archeologo spiegava come i Borboni facevano gli scavi di Ercolano e Pompei non per motivi culturali ma trafugavano le statue o per piazzarle nei loro palazzi o le vendevano ai musei esteri.Francesco Cillo- Cervinara (AV)
RispondiEliminaAltra bufala neoborbonica afferma che nel 1861 i Piemontesi rubarono denaro dal Banco di Napoli, c on il quale fecero sorgere le industrie nel Nord. La verità storica è che le industrie nel Nord furono create da francesi, tedeschi e svizzeri i cui nomi sono: Oetiker, Onegger, Reich, Zopfi, Legler,eccetera. E uno storico ha annotato che nella Camera di commercio di Milano si parlava tedesco. Francesco Cillo-Cervinara (AV)
RispondiEliminaEnnesima bufala neoborbonica. Si fanno vanto che i Borboni hanno creato industrie.Invece le industrie furono create da: Davide Wnwiller con filanda a Fratte di Salerno, tessitoria ad Angri, filanda a Pellezzano. Mayer e Zollinger fondano una filanda a Sarno e cotonificio a Scafati. l'inglese Robinson fondatore di Pietrarsa,e altri. Francesco Cillo-Cervinara (AV)
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