domenica 23 dicembre 2012

"Tutto mio" (2012), di Nicola Spacca

Continuiamo il nostro percorso attraverso i quadri di Nicola Spacca, questa volta in una visione della "cristallizzazione" del tempo, nell'impossessamento materiale delle cose. Segue la scheda dell'autore.
(G.M.)
Il tema si incentra sul comportamento antropologico innato del “possedere”.
L'arte del possedere è un moto compulsivo, avvolto in una spirale verticale infinita , finalizzato meramente all'accumulo di cose. Privi del vaglio selettivo, razionale, costruttivo, gli oggetti differenziano gli individui in classi a livelli di reddito differenti e sulla quantità del possesso vi sono individui poveri e ricchi, ma anche popoli poveri e ricchi, persino Stati poveri e ricchi e paradossalmente ecco il dualismo di mondo povero e mondo ricco. Non più guerre religiose, etniche e etiche, ma future guerre di possessori di cose accumulate contro l'assalto di uomini con poco accumulo. Si estinguono i nullatenenti, si sbrana il pianeta, non più conflitti per vantaggi e svantaggi, si aggiunge l'inutilità nell'estetica della guerra.

In questo nuovo ordinamento non si intravede la proporzionalità del possesso di oggetti realmente sufficienti, necessari all'uomo e deficit di oggetti fondamentali, nulla per le generazioni future.
L'insieme inanimato dei soggetti del quadro, cristallizzati nel tempo, sono una rappresentazione dell'inutilità, ricercata appositamente, perchè in base al quantitativo di oggetti posseduti, si distinguono i soggetti animati, come i rettili che sin dall'uovo natio e per tutta la durata della loro vita non hanno nulla e non cercano di avere nulla, ignari della nuova etica dell'allargamento dell'equatore individuale assumendo geometrie espansive attraverso il possesso di cose. Ingrassato dalle proprie cose, l'uomo è migliore dei non possedenti e degli animali, ma non migliore dei propri oggetti desiderati che un giorno potrà possedere per essere escatologicamente proiettato verso la perfezione del ricco ideale. Nello schema del quadro, potere e ricchezza divengono eticamente l'inutile, da scrivere in lettere minuscole con corpo tipografico piccolissimo e con inchiostro evanescente.
Il manichino, attore principale, realizzato dall'unione di tanti legni pregiati. La forma finale suppone uno scarto di materia preziosa per un oggetto che potrebbe essere realizzato con qualsiasi materiale comune. Un braccio serra l'inutile meccanismo che non fa nulla, da cui non entra e non esce nulla, ma è tecnologia che ha impegnato il pensiero dell'uomo. L'altro braccio invece, circonda l'isola con un monte dalle cime aguzze. Morfologicamente l'isola è disabitata e impervia, inutile, ma il manichino possiede per la confidenza dell'abbraccio anche questo luogo.
La cabina è un inutile riparo, la porta è troppo grande e non può chiudersi, manca una parete ed il cielo inquietante è quello di un'inutile mattinata al mare, perchè, non piove, non vi è un deciso sole illuminante, la giornata è fredda, il mare, non invitante, consente forse di immergersi solo fino al busto. Il manichino sul bagnasciuga viene appena investito da un'onda che ha bagnato mezzo lato della maglietta . Longitudinalmente mezzo segmento toracico è caldo e asciutto , l'altro è freddo e bagnato. L'inutile bagno interrompe i colori brillanti della maglietta marinara e deforma le impronte cromatiche sul manichino.
“Tutto Mio”, adesso il manichino, perfora la sabbia con un piede e una mano e lo sguardo inanimato non ci comunica il piacere del ristoro, non comunica nulla. Il manichino è il senso del dovere, resta fisso, militarmente fedele alla consegna, dove è stabilito che resti.
Nel quadro, finchè vi è tela, l'inanimato e l'animato restano immobili in questo drammatico attendere che cristallizza da ora e per anni la sofferta immobilità della rappresentazione dell'inutile possedere.
Il dramma ha soluzione con la definitiva distruzione della tela.
Solo così possono essere liberati gli esseri che non nascono dalle uova fratturate, ma ancora chiuse, il mare scatena l'onda sulla spiaggia e riparte così il ciclo dell'acqua, libere anche le nuvole per cambiare in un verso il paesaggio dal cielo a strati. Tutto mio non muore, non diviene.
Nicola Spacca

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