lunedì 10 dicembre 2012

Il viaggio 'oltre': significati archetipici per gli uomini d'oggi*



di Francesca Saieva
photo by Maria Venere Licciardi

Camminiamo sulle orme di Ulisse ed Enea, gli eroi dei poeti Omero e Virgilio, nell’attraversamento della “soglia d’ombra”, nel tentativo di ‘disotterrare’ le radici del passato, pervenire a verità nascoste. Nella narrazione mitologica, erranza-identità-temporalità-memoria assumono caratteri universali, secondo una prospettiva non razionale del pensiero umano. Ciò del resto spiega l’interesse che da sempre il mito ha stimolato in ambito filosofico e socio-psicologico.  Mythos e logos, mito e pensiero, mediano, infatti, il bisogno di ‘affidarsi’ e la necessità di esprimere giudizi. Costituiscono “le due metà di uno stesso linguaggio”, in termini “di parola che racconta a quella che dimostra” (Grimal) il senso di un viaggio nell’altrove.


Nella tradizione letteraria Ulisse ed Enea sono i ‘protagonisti’ dell’esperienza catabatica, cioè del "discendere", e l’attualità del mito ne consente una rilettura meta-storica. Nella metamorfosi perenne alla ricerca di una ‘identità originaria’ si esplica il significato archetipico del viaggio. E se il ‘vagabondare’ dei due eroi ha motivazioni e finalità differenti (viaggio/espiazione quello di Ulisse, lontano da Itaca per dieci anni,  viaggio/epopea quello di Enea, fino all’approdo in Italia per fondare una civiltà nuova), la trasformazione fa da collante. L’incontro con l’oltretomba, sviscerandone i segreti, si apre al ritorno nell’accettazione del proprio destino. Nel passaggio nell’Ade, antico nome dell'Aldilà, dolori ‘antichi’ restituiscono Enea alla vita, mentre le antiche colpe della discendenza riaffiorano.
Così come nella Divina Commedia di Dante, il poeta ritrova se stesso nel pellegrinaggio lungo Inferno (i suoi limiti), Purgatorio (la sua autoconoscenza), Paradiso (la visione dell'Altro).
Eroi, dunque, ma soprattutto uomini verso il cammino dell’autoconoscenza. Una sorta di appropriazione progressiva del senso dell’umano, tra necessità e ciclicità. L’alternanza dei contrari, vita-morte, amore-distruzione, memoria-oblio, oltre che fil rouge del viaggio, diviene inizio dell’agire, restituendo voce all’io frantumato della “Palus” (palude) di Sanguineti in Laborintus, opera sperimentale di questo poeta italiano del secondo Novecento: la "Palus" è il prototipo di una “terra post-guerra atomica”, neocapitalista (Risso), di una società che si muove tra spazi esterni (realtà circostante) e spazi interni (introspezione); cioè a dire una società spettatrice-agente, che dunque guarda criticamente ai fatti storici intervenendo su conseguenze politico-economiche nonché ripercussioni psicologiche per ogni ‘soggetto-persona’. Oggi più che mai il mito va interpretato storicamente e socialmente; bisogna conoscere il passato per continuare a essere presenti alla realtà. Il viaggio ‘oltre’ è sì una manifestazione della vera natura dell’anima, ma anche di un immaginario collettivo nella realtà circostante. Autoconoscersi significa interpretare il mondo. Dove la compartecipazione diviene fare, ancor meglio trasformazione. Una lettura del passato in prospettiva di una storia nuova.  Un apprezzamento per l’intelletto che scruta attraverso gli ‘occhi’ del sogno nell’incubo quotidiano.
La Mort, “the rest is silence”. / the woman-kamikaze: no arms; her mother, no legs, / killed in a refugee camp”– scrive Guido Monte in  "àdhara", versi ispirati all'Enea del VI  libro dell’Eneide, nel tentativo di una destrutturazione del mito, mantenendone il suo stesso contenuto, ora arricchito da forme di “contaminazione linguistica”, alternativa espressione di creatività nella trattazione di tematiche sociali, specchio di una condizione universale dell’umanità. E i ‘deboli occhi' dell'Enea virgiliano, alle parole della Sibilla, si volgono adesso a verità nascoste, nell’azzardo di un altro ‘folle volo’ sulla “via della salute”. Sarà la Sibilla, simbolo di vita e morte, a inoltrare il protagonista tra i misteri dell’Ade, quasi a svelare “il fondo archetipico ancestrale che non ha più confini di spazio e tempo”(Monte). Un destino di autoconoscenza per coscienze operative tra soggetti di una collettività. Il processo di autoconoscenza (che il viaggio sembra approfondire)  favorisce in ogni uomo la consapevolezza del suo operato  nel mondo, in relazione alla molteplicità di bisogni, impegni, diritti e doveri.  Nel viaggio onirico caratteri realistici e psicoanalitici si mescolano nella consapevolezza che gli archetipi di vita-morte-rinascita s’identifichino in un processo dinamico ed evolutivo del sapere storico, con i suoi ‘ritorni’ e ricadute.
“We do finally come to the light clad fields, / that know personal suns and stars. / and my father, la justice, /the one for whom i passed the big rivers of the erebus. / i find him busy to control other souls (le jugement) / before they do again the big step to the life, ins leben.” (G. Monte, àdhara)
Le grotte della terra dei Cimmeri (dove vide le ombre dei morti Ulisse), l’Ade, la Palus di Sanguineti, sono terre dimenticate, ma in questo “deserto e vuoto” riaffiorano antiche paure, fantasmi della mente che, secondo Jung, danno “origine a un panico primitivo”, tradotto in scoperta di polarità archetipiche: identità/ alterità. Nella Palus/palude il soggetto si scopre singolo ma partecipe di un gruppo sociale all’interno del quale è richiesto il suo impegno. Il passato si erge a giudice critico del presente, nella realizzazione del futuro in un  processo  attento ai sintomi, oramai avanzati, di un disfacimento planetario guidato dalla mercificazione dell’uomo, dalla quantificazione del tempo e dello spazio di questa era globale.
Necessaria, quindi, “una struttura dialettica del risveglio – scrive Benjamin, in termini – di ribaltamento del mondo del sognatore nel mondo dei desti”. Perché, a mio avviso, non esistono verità ideologiche ataviche, reazionarie, che non possano essere superate in relazione alle comuni esigenze del vivere sociale. Una filosofia della praxis (prassi) come impegno civico, nella possibilità di ripresa e ricostruzione in termini di collettività, sulla base di una riscoperta e ‘rigenerata’ Identità, in grado di fronteggiare aspettative, desideri e proiezioni future. Nel e fuori del mito, dunque, un ritorno alla vita per “noi les objets à réaction poétique”(Sanguineti)

*Francesca Saieva, The Journey “Beyond”. Archetypal Meanings for Today’s Men http://www.swans.com/library/art17/saieva02.html 

3 commenti:

  1. Splendido. Non lo dico per piaggeria, ma i tuoi pezzi spesso fanno percepire Palingenesi come un prodotto intellettualmente e culturalmente raffinato, alto.
    Sei una grande risorsa.
    grazie

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  2. grazie mille per la citazione del mio "adhara", che ora è anche in trad. "italiana":
    http://www.bibliomanie.it/adhara_catabasi_guido_monte.htm

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