di Valentina Sechi
Il fronte mediorientale continua a essere caldo, anzi
caldissimo. Non appena rientrata l’ennesima recrudescenza del conflitto
israelo-palestinese il vento caldo della rivolta continua a soffiare
inarrestabile sulla Siria dove il conflitto perdura da ben 18 mesi. Prima di
procedere ad analizzare gli ultimi sviluppi ripercorriamo brevemente le vicende
che hanno interessato il Paese. Gli scontri tra i ribelli siriani, che volevano
spingere il Presidente Assad a varare riforme per la democratizzazione della
Siria, e il Governo di Damasco hanno preso il via dalle manifestazioni di
piazza, poiché sulla base di una legge del 1963 recentemente abrogata, queste
erano proibite e dunque il regime ha risposto aprendo il fuoco sui civili
ritenendo che volessero creare uno Stato islamico radicale come proverebbe la
presenza nel Consiglio Nazionale siriano (SNC), autorità politica in esilio con
sede a Istanbul istituita nel 2011, dei
Fratelli Musulmani e di altri gruppi legati ad Arabia Saudita e Al-Qaeda.
Mentre le città venivano pesantemente colpite, civili e disertori hanno dato vita all’esercito siriano libero (FSA), migliaia di manifestanti sono stati arrestati e torturati in barba ad ogni norma di diritto internazionale e molti hanno scelto di scappare rifugiandosi in Paesi vicini come Turchia, Giordania, Libano e Kurdistan iracheno. Tuttavia, le organizzazioni internazionali hanno accusato le forze lealiste di usare i civili come scudo e i ribelli di ripetute violazioni dei diritti umani nei confronti di miliziani e soldati. La reazione della Comunità internazionale, nonostante la sua azione sia stata finora poco incisiva, non si è fatta attendere. Lega Araba, Stati Uniti, Unione Europea e Consiglio di cooperazione del Golfo (GCC) hanno condannato le scelte di Assad, mentre Cina e Russia hanno posto il veto a mozioni che si sarebbero espresse in tal senso. Mosca in particolare ritiene che la caduta di Assad provocherebbe sangue, instabilità e vuoto di potere
Mentre le città venivano pesantemente colpite, civili e disertori hanno dato vita all’esercito siriano libero (FSA), migliaia di manifestanti sono stati arrestati e torturati in barba ad ogni norma di diritto internazionale e molti hanno scelto di scappare rifugiandosi in Paesi vicini come Turchia, Giordania, Libano e Kurdistan iracheno. Tuttavia, le organizzazioni internazionali hanno accusato le forze lealiste di usare i civili come scudo e i ribelli di ripetute violazioni dei diritti umani nei confronti di miliziani e soldati. La reazione della Comunità internazionale, nonostante la sua azione sia stata finora poco incisiva, non si è fatta attendere. Lega Araba, Stati Uniti, Unione Europea e Consiglio di cooperazione del Golfo (GCC) hanno condannato le scelte di Assad, mentre Cina e Russia hanno posto il veto a mozioni che si sarebbero espresse in tal senso. Mosca in particolare ritiene che la caduta di Assad provocherebbe sangue, instabilità e vuoto di potere
In ottobre, dalla Siria sono partiti colpi di mortaio in
direzione della Turchia che hanno causato 5 morti e 13 feriti; in risposta il
governo di Ankara ha colpito diversi obiettivi militari siriani provocando
altrettanti morti e 15 feriti tra i lealisti. Secondo la NATO , che ha chiesto la loro immediata
cessazione, “gli attacchi della Siria alla Turchia sono una flagrante violazione
della legge internazionale”. Gli USA poi definiscono la reazione della Turchia
“appropriata e proporzionata”. Il Presidente turco Erdogan (che insieme a
Qatar, Giordania e Arabia Saudita sostiene l’opposizione siriana ) ha
presentato richiesta formale alla NATO per dispiegare missili Patriot lungo il
confine con la Siria
creando una no fly zone e un’area sicura larga 60 Km controllata dai
ribelli; proprio oggi l'organizzazione ha dato via libera all'impiego dei
missili terra-aria poiché ciò
“aumenterebbe la capacità difensiva della Turchia” e contribuirebbe a ridurre
gli attriti, sebbene spetti agli Stati che dispongono dei missili, Usa,
Germania e Olanda, l’ultima parola relativamente a quanto tempo i missili debbano
essere impiegati. In precedenza il parlamento turco aveva autorizzato
operazioni militari fuori dal confine nazionale e, nonostante l’allarme del
Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon, il Presidente turco aveva
precisato che i missili avrebbero funto da deterrente. Lo stato d’allarme resta
tuttavia un obbligo, in quanto il suo Ministro degli Esteri Davutoglu non intende aprirsi al dialogo con
Damasco, ritenuta colpevole di aver interrotto la tregua richiesta dal Consiglio
di Sicurezza delle Nazioni Unite in occasione della festa islamica del
sacrificio. Inoltre i Jet turchi sono stati autorizzati ad aprire il fuoco in
caso di pericolo.
Il 5 novembre è stata tenuta a Doha una nuova assemblea
generale del CNS, durante la quale è sorto un nuovo soggetto politico che si
propone come maggiormente rappresentativo e che riunisce le forze di
opposizione: la Coalizione Nazionale
Siriana, la NC (
composta da 60 membri, di cui 22 appartenenti al SNC, 10 a minoranze e 19 ad
attivisti appartenenti a varie organizzazioni di attivisti e gruppi politici),
guidata dallo sceicco al Khatib. Obiettivo della
coalizione è rovesciare il regime e gestire la transizione verso la democrazia,
a partire dalla formazione di un governo ad interim dotato di un consiglio
militare e un’autorità giudiziaria, che si presenti come solida alternativa al
regime. I leader della NC si aspettano supporto in denaro e armi da parte dei
governi occidentali molti dei quali ( Francia, Gran Bretagna, Italia, UE) ne
hanno riconosciuto la legittimità e pare che anche gli USA si preparino al
riconoscimento dell'opposizione come legittimo rappresentante del popolo
siriano. Il timore principale è la mancanza di cooperazione tra la NC e i gruppi armati
indipendenti, all’interno dei quali si trovano combattenti legati ad Al Qaeda,
il che spiegherebbe la riluttanza della Comunità Internazionale ad intervenire
in maniera più energica.
Un altro evento rilevante all’interno del vertice del SNC è stato il rifiuto della proposta avanzata
dal vicepresidente Seif di istituire una leadership politica ampia democratica
e inclusiva, la Nuova
Iniziativa Siriana, il cui scopo sarebbe preservare
l’indipendenza e la sovranità siriane, l’unità della Nazione e del popolo, secondo il principio che una Siria civile,
pluralista e democratica sarà possibile solo dopo la caduta del regime e dei
suoi simboli. L’idea di un governo di transizione esterno al SNC, che avrebbe
dovuto gestire le zone liberate e si sarebbe dovuto coordinare con il braccio
armato della rivolta, è stata bocciata, perché percepita come imposizione da
parte dell’Occidente: il Segretario di Stato americano Clinton aveva in
precedenza affermato che il SNC, pur riconosciuto come “legittimo
rappresentante del popolo siriano”, aveva perso il supporto degli USA. Per
sottolineare l’ingerenza estera il Telegraph ha scherzosamente rinominato
l’iniziativa Seif-Ford dal nome dell’ambasciatore USA in Siria.
Anche sul versante israeliano si registrano problemi, dopo
che Qunaytra, capoluogo della regione del Golan in parte occupata da Israele da
45 anni, è stata colpita dai ribelli che volevano conquistare la zona tra la
città e Damasco. Dopo che proiettili di mortaio provenienti dalla Siria hanno
raggiunto la regione, il Premier Netanyahu ha ribadito che Israele difenderà il
proprio territorio.
Nonostante il gran fermento politico non va dimenticato l’aspetto sociale del
conflitto, l’emergenza umanitaria. Oltre ai 400.00 morti e alle migliaia di
sfollati, secondo Ban Ki Moon potenzialmente 4.000.000 civili entro la fine del
2012 si troveranno in situazione d'emergenza e i rifugiati saranno 700.000. Per
l’inviata per le emergenze umanitarie
italiana Boniver, giunta per annunciare misure di sostegno ai profughi
siriani in Turchia ( in quanto la politica siriana impedisce alle ONG di
operare nel Paese), essa rappresenta “un dramma umano e una sofferenza
enorme”. Particolarmente drammatica
è la situazione di Aleppo, una delle città più colpite. Attualmente i ribelli
controllerebbero il 55-60% della città mentre
la restante parte sarebbe gestita dalle forze lealiste; molte strade
sono interrotte e spostarsi tra le parti è pericoloso oggi, come lo era ieri tentare
di oltrepassare il muro di Berlino, il prezzo dei generi alimentari è aumentato
del 30%, molti beni vengono confiscati dal regime e quelli che viaggiano via
terra finiscono nelle mani del FSA. Anche il sistema sanitario è a rischio: il
60% dei medici ha lasciato la città; si registra la mancanza di medicine e di
adeguata assistenza sanitaria; alcuni ospedali sono stati adibiti ad alloggi
collettivi, pur privi di finestre; i bambini non vanno a scuola e di recente
per la prima volta un raid aereo ha colpito un campo profughi.
Conoscere effettivamente ciò che accade in Siria è molto
difficile, perché il governo esercita una forte censura. Tra il 29 novembre e
il 1 dicembre le linee telefoniche fisse e mobili e la rete internet sono state
messe fuori uso, preludendo, secondo i ribelli, ad un’escalation da parte del
governo che ha invece spiegato come ciò sia invece legato ad attacchi
terroristici. Damasco assicura comunque che non userà armi chimiche contro i
civili, tranquillizzando gli USA che preoccupati per lo spostamento in funzione
tattica degli arsenali del regime si erano detti pronti all’azione, se tale
circostanza si fosse verificata. Preoccupa soprattutto la dotazione siriana di
missili di fabbricazione sovietica e nord-coreana le cui testate potrebbero
essere riempite da sostanze chimiche o batteriologiche.
Il conflitto potrebbe presto incrociare un difficile snodo politico
internazionale con il possibile ritiro da parte dell’Onu e dell’UE del
personale non necessario e con l'imminente viaggio del Segretario Generale ONU
in Turchia e in altre località del Medio Oriente, stante al momento l'accusa da
parte del Ministro degli esteri russo rivolta ad alcuni Paesi di voler sabotare
i tentativi per raggiungere una soluzione politica della crisi e aprire le
porte a gruppi estremisti. Ankara chiede che Assad abbandoni il potere per
avviare la transizione, mentre Mosca è disponibile ad aprire il dialogo,
nonostante un suo aereo diretto a Teheran sia stato perquisito dalle autorità
turche la ritenuto veicolo di trasporto di munizioni per il regime siriano
Di Siria si parla poco, troppo poco. Questo paese martoriato
da una guerra intestina che coinvolge tutto il Medio Oriente e in cui
l’emergenza umanitaria assume proporzioni spaventose viene spesso dimenticato,
ma la situazione continua a restare esplosiva. Per questo è importante
ricordare che oltre Gaza, oltre l’Iran c’è un Paese che soffre in cui la pace
appare un miraggio sempre più lontano.
Valentina Sechi 4/12/2012
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