lunedì 30 gennaio 2012

La forza della metafora



di Enzo Barone
Non era molto difficile per i giornalisti dalle buone letture all’indomani della tragedia della nave Concordia apparecchiare una metafora di carattere storico-politico, tanto opportunamente citata quanto largamente prevedibile, che la paragonasse al solenne naufragio in cui rapidamente sembra rovinare la nave Italia.
Non fosse altro perché la cultura europea contemporanea ha già esperito i termini di tale metafora in almeno altri due casi molto noti, i quali entrambi hanno riferimenti iconografici eccellenti nell’arte degli ultimi due secoli. Si tratta dei dipinti “La Zattera della Medusa” del pittore francese Gericault e “Il Naufragio della Speranza” del tedesco Friedrich.

Entrambi artisti romantici, intrisi quindi entrambi di una spiccata tendenza di lettura dei fatti contemporanei in chiave interpretativa simbolica. Perché per l’appunto nel primo caso il drammatico naufragio della Medusa del 1819, che faceva riferimento ad un evento di cronaca avvenuto nel 1816 e ancor di più i tardivi soccorsi prestati dalle autorità francese furono intesi come figurazione allegorica del naufragio dello Stato francese, mentre il dipinto di Friedrich del 1822 allude al fallimento di una spedizione polare, dove la metafora stavolta riguarda il sublime, grandioso fallimento cui l’uomo spesso sa di essere destinato quando sfida le soverchie forze della Natura.
Letture simboliche datate, dicevamo, ma di sicuro artisticamente e giornalisticamente azzeccatissime, di grande fascino interpretativo.
La vicenda della sventuratissima nave da crociera Concordia - rispetto alla quale innanzi tutto dobbiamo esprimere immenso rispetto e partecipazione dolorosa per i molti lutti – potrebbe in effetti prestarsi anche lei ad impalcature metaforiche o forse sarebbe meglio dire allegoriche, di questo genere: gli elementi ci stanno tutti. E probabilmente rispetto all’episodio francese del 1816 la metafora storico- giornalistica, benché resa un po’ logora dagli insigni precedenti, si presenta ancora più calzante, poiché sia il disastro cui pare andare incontro lo Stato italiano, che l’inettitudine di chi governava l’imbarcazione sono più grandi.
Inoltre rispetto al “Naufragio della Medusa” c’è anche la significanza del nome della nave e cioè la Concordia naufragata per l’appunto. Cosa può evocare un naufragio della Concordia ? Il naufragio della vita civile ben ordinata e solidale, della fiducia (per il vero sempre molto scarsa) nelle istituzioni, delle famiglie addirittura.
Ma domandiamoci a questo punto come nasca una metafora o una allegoria a sfondo cronachistico-politico di siffatta natura, con quali meccanismi.
Cerchiamo di essere semplici. Una certa nazione attraversa una fase storica di media durata difficile, percepita dai più come avversa, che segna in modo profondo la gran parte della società di quel paese, fatta di una catena più o meno consequenziale di sfilacciamenti del tessuto sociale, di  peggioramenti del tenore economico e della                                                              
qualità di vita dei cittadini, che invade nell’intimo le esistenze, diffondendo un senso di sfiducia verso il futuro proprio e della società in cui si vive. E questo per ragioni politiche, culturali persino e soprattutto per via di una grave crisi economica, che facilmente degenera gradatamente in crisi morale ed esistenziale.
Poi nell’arco di questo tempo, con un tempismo apparentemente sorprendente, si verifica un avvenimento di cronaca, talvolta straordinario, drammatico; talvolta di minore rilievo, comunque in ogni caso di forte coinvolgimento emotivo e le per le ricadute psicologiche sociali. In genere un fatto di grave turbamento degli animi, ma oggettivamente poco influente sui processi storici in atto nella società di quella nazione.
Tra i due avvenimenti, quello della macrostoria e quello della microstoria qualcuno, un giornalista più spesso, più raramente un intellettuale, decide di stabilire un collegamento, dove l’accadimento di cronaca, la piccola storia (col dovuto inchino al dolore e alle sofferenze di molti), fatta degli accadimenti fenomenici manifestatisi concretamente, in episodi circoscritti nello spazio e nel tempo ed in modo comprensibile, illumini di una qualche luce di leggibilità uno sviluppo storico molto più espanso nel tempo, complesso e soprattutto non facilmente sintetizzabile o visibilmente rappresentabile.
Ecco che siamo in presenza di una metafora o piuttosto di una allegoria storico-giornalistica.
Io mi sono limitato a iconografie paradigmatiche ben note appartenenti alla storia dell’arte. Ma la storia e soprattutto la storiografia sono piene oltre che di metafore di questo tipo di illuminanti figure letterarie in senso lato, tutte molto interessanti: la guerra lampo, gli anni di piombo, il crollo di Wall Street (spontaneo esempio di metafora connessa anche all’onomastica), il flagello di Dio e così via, a testimonianza dell’importanza che riveste per gli storici la potenza della figura letteraria in genere. Perché spesso è con tali immagini, figure retoriche, metafore in particolare che si fornisce al lettore una efficace e semplice chiave di lettura dei processi storici.
Lascerei ai semiologi di imbastire una dissertazione scientifica sui termini che rendono efficace una metafora. Certamente nello specifico dell’allegoria storico-giornalistica, nel caso ad esempio della sfortunata nave Concordia, alla buona riuscita della metafora hanno concorso il sentire di un generale pessimismo comune ai riceventi il messaggio; la prontezza dell’idea da parte dell’ideatore di esso; il desiderio infine, come già detto, come nelle “visioni” letterarie medioevali, di rappresentare la complessità, di materializzare in questo caso l’astrattezza della crisi con un episodio paradigmatico, una formula di sintesi che ne è la raffigurazione.
Quindi, per maggior chiarezza, in definitiva si potrebbe dire che è vero che la metafora è una figliastra sciocca e incidentale della grande storia; ma al contrario è sorprendentemente anche vero che sovente la metafora rende visibili, intellegibili i contorni sfumati della macrostoria cui si inserisce, caricandoli di un senso nuovo talvolta, quasi producendoli come concreti direi.
L’allegoria o la metafora sono strumenti comunicativi potenti, al di là di quanto possano percepire gli stessi letterati!
Forse in quest’ultima considerazione si nasconde l’aspetto più interessante della questione.
E cioè in un tempo che tra le tante nuove povertà annovera la estinzione dei grandi letterati (e quindi dei grandi lettori), se è vero che tutti noi pensando alla congiuntura attuale ci riconosciamo per infinite ragioni nella bontà di una formula giornalistica, allora possiamo pur tuttavia ancora avere la prova della forza metafisica dell’immagine letteraria e del linguaggio dotato di forte densità immaginativo-simbolica: della potenza della poesia cioè, che gravita intorno e dentro di noi più di quanto immaginiamo.

1 commento:

  1. Molto bella la forza metaforica del linguaggio tra allegoria e storia.

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