giovedì 19 gennaio 2012

... una lettera poetica aperta, a francesca saieva



sulla linea iniziata da enzo barone, un’altra lettera aperta a francesca saieva

“sit autem sermo vester: est est, non non”
così leggo in un testo sacro,
e nel frattempo
sento sussurrare uomini
accanto a me:
“non possiamo più dire nulla,
siamo deboli e prigionieri,
confusi in false illusioni,
non vediamo nessuno
non nasciamo non cresciamo
non cerchiamo più, siamo fermi
affondiamo non speriamo non crediamo più
non vediamo non sentiamo…
non più credibili
non possiamo raccontare il mondo,
e ci stupiamo di poter ancora sentire la vita
anche senza amarla né benedirla”

attendo tua risposta a questi "qualcuno" del mondo! :-)
saluti, guido monte

3 commenti:

  1. Nella tua poesia prevale il "no, non": è vero, a volte riusciamo ad ascoltare soltanto questo, riusciamo a dire soltanto questo, poco ci curiamo di capire perchè siamo capaci soltanto di questo, di vedere solo il no delle cose. Se provassimo a guardarci dentro e in quel "sentire la vita" trovassimo il punto di partenza per "alzarci"! Abbiamo perso certamente tanti "punti di vista", tante "prospettive", non ultima quella della fede; ma se possiamo ancora "stupirci si sentire la vita" vuol dire che amiamo, amiamo qualcosa o qualcuno: sono convinta che questo basta per poter dire che amiamo la vita e la benediciamo attraverso le persone o le cose che amiamo. Si potrebbe continuare questo discorso; per esempio credo che nel sentire la vita dobbiamo far entrare il senso della responsabilità con cui viviamo nei confronti di noi stessi e degli altri, nelle scelte che ogni giorno ci impegnano per noi stessi e per gli altri. Un caro saluto, Rosalba Morici

    RispondiElimina
  2. Stuzzica l’idea del lasciar che il nostro parlare sia... predomini sull’incertezza del presente che sempre si fa più angoscioso.
    Ma, in effetti, a qual pro le tante parole? Il cicaleggio che solo confonde, il rigirar di frasi e perifrasi che solo un erudito può comprendere?
    La “sacralità” dei testi ai quali ti riferisci ha poca indulgenza, caro Guido, nei confronti di questa realtà che ognuno di noi è tenuto a vivere… o subire. Da solo. Con nessun riferimento, se non sé stesso e la forza che riesce a reperire nel suo più profondo. (Sarai molto tentata di riprendere l’argomento della legge della causa-effetto… ma temo che potrei essere il solito elefante nel negozio di porcellane).
    Di empietà ne vediamo (e sentiamo) tutti i giorni, basta prendere tra le mani un giornale… non so com’è in TV visto che non l’abbiamo; ma la lettera scritta è ancor peggio poiché se qualcosa ti sfugge, puoi rileggere, una due o tre volte prima di sentirti ancor più confuso. Ehh sì, poiché son abili i media nel cercar, in quel loro apparente soliloquio, di trascinare il lettore nella loro ambiguità.
    Il tuo “tempus” è il mio, ma credo che i qualcuno nel mondo siano parecchi.
    Il problema è riuscire a convivere con sé stessi ancor prima di riuscire a farlo con gli altri! Ed ammetto, perdona la mia arroganza, d’essere io stessa la prima a peccare di mancata modestia. Eppure è una panacea, ma se dovessi solo tirare fuori i miei “non” (dapprima sarei un pessimo esempio ai miei due ragazzi) ed infine ci sarebbe la tendenza a cadere nel baratro dell’impotenza.
    Mentre io, ho cercato, cerco e cercherò di cambiare questo mondo… tanto so che ci saranno ancora parecchie vite di tempo perché dal samsara io non potrò farla franca così rapidamente!
    Un abbraccio a Guido e Francesca, nella serenità di sempre
    claudine

    RispondiElimina
  3. "noi anime bolle di vento e sapone, siamo fedeli a tutto ciò che fugge" (h.hesse)

    RispondiElimina

Questo blog consente a chiunque di lasciare commenti. Si invitano però gli autori a lasciare commenti firmati.
Grazie