martedì 26 marzo 2013

Tango 'til they're sore


di Giulia Greco

They take apart their nightmares and they leave them by the door
Loro danzavano sulle condutture affusolate e sporche. Si avvinghiavano arresi dal giorno di quieta mesta convivenza. Lui era un uomo qualunque, indifeso, corroso. Il gas spurgava le ferite vecchie di ricordi di giorni assidui e fugacemente gloriosi. Avevo affrontato le inedaguetezze della vita con fare curioso e attento. Era giovane e vivo, ma dal suo viso pareva ne avesse viste tante: di mondi e di visi e di genti speciali. E quando danzava, vorticava a suo agio, assuefatto dai lumi spenti e dai giorni lenti, danzando il caldo addio dai giorni tumultuosi e belli.


Let me fall out of the window with confetti in my hair
Deal out jacks or better on a blanket by the stairs
I'll tell you all my secrets, but I lie about my past
And send me off to bed for evermore
 

Lei si stancava del turbinio irregolare, si sedeva a terra. Le mani sul viso, gli occhi chiusi e spenti: un attimo d’angoscia primordiale, irrefrenabile desiderio di rimaner soli, tra la folla. Lei era irrimediabilmente goffa negli affari della vita, arrancava a stento tra cadute e scoscese promettenti ascese, ma più saliva più ricadeva a terra. Cadeva dalla finestra, gettata ancora una volta da lui, stanco, incredibilmente stanco del suo sbeffeggiare la vita e soffocarla nel vino, del suo ingrato sprezzante sopravvivere sbiascicando parole al mattino che barcolla tra le lacrime in rima nei primi accenni di sole. E ingannava e mordeva e straziava ogni istante di gioia: ogni parola era falsa per scelta, per convinzione, per vocazione. Senza motivo apparente, se non l’immenso compiacersi del demoniaco. Sì, gli ha raccontato tutti i suoi segreti; ma sul passato, mentiva. Perversamente desiderava d’esser punita. 

Make sure they play my theme song, I guess daisies will have to do
Just get me to new orleans and paint shadows on the pews
Turn the spit on that pig and kick the drum and let me down
Put my clarinet beneath your bed 'til I get back in town

E lui sapeva che ci sarebbe stato, che quando lei dal suo nulla mistificato tornava senza macchie come nulla fosse, lui era lì, che l’aspettava. E perdonava sempre e poi la cacciava ancora, pietrificato e calpestato dalla sua indifferenza insolente e sporca. Dipingeva ombre mentre lei partiva verso sogni fuligginosi, raccoglieva la polvere e il suo strumento arrugginito per custodirlo sotto il letto, per aprire il sonno alla notte: per sognarne il viso, per afferrarne gli occhi.

Cut me a switch or hold your breath 'til the sun goes down
Write my name on the hood, send me off to another town, and just
And just let me fall out of the window with confetti in my hair
Deal out jacks or better on a blanket by the stairs
Tell you all my secrets, but I lie about my past
Will you send me off to bed for evermore
 

Il nome di lei era scritto sull’albero di giuda, macchiato dal sangue di lui, macchiato d’infamia  e d’assenza d’amore. Lui si era trafitto le dita e i pugni sporchi avevano trafitto la corteccia nera e i fiori a terra e a pioggia e attorno rossi di sangue vivo s’accendevano tra i raggi, nella pioggia solitaria di marzo, nella solitudine fredda di lui. E lei rideva, in cuor suo rideva e sbeffeggiava asciutta e secca e fredda d’umida perfidia involontaria. Colpevole di non aver mai trattenuto la vita tra le dita, d’averla stuprata tanto da non riconoscerne più la bellezza; che sparisca per sempre inghiottita da un letto freddo.

Fall out of the window with confetti in my hair
Deal out jacks or better on a blanket by the stairs
I'll tell you all my secrets, but I lie about my past
Send me off to bed for evermore, send me off to bed for evermore



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