Giotto. Dono del Mantello da parte di San Francesco. Assisi
di Rosario Ales
Nell’arco
di un mese, il mondo intero è rimasto sorpreso da due eventi epocali che
riguardano la Chiesa cattolica, il primo le dimissioni di papa Benedetto XVI ed
il secondo l’elezione al soglio pontificio di un vescovo eletto dalla fine del mondo, assumendo il nome
di una icona dello spirito evangelico, per l’appunto Francesco. Le inusuali
dimissioni di Benedetto XVI, per i più attenti osservatori della Chiesa,
assumevano due significati; un significato manifesto: la stanchezza dell’uomo a
fronte del peso degli scandali e la crisi che attraversa la Chiesa, lo scandalo
dei preti pedofili, la gestione dell’ IOR (la banca vaticana) ed i sospetti di
riciclaggio, l’intreccio costante tra il Governatorato vaticano e le vicende
politiche italiane, le indagini su Vatileaks, la condanna e poi la grazia al
maggiordomo papale, Paolo Gabriele.
Un
movente più intimo e spirituale delle dimissioni del papa teologo si possono
desumere dalla valutazione che Benedetto XVI ha sempre riconosciuto al primato
della coscienza; nel suo libro “L’elogio della coscienza” (Cantagalli) ricorda
la celebre frase pronunziata dal Cardinale Newman (vissuto a Oxford nell’ Ottocento e convertitosi dalla
Chiesa anglicana alla Chiesa di Roma): ”Certamente se io dovessi portare la
religione in un brindisi dopo un pranzo – cosa che non è molto indicato fare –
allora io brinderei per il Papa. Ma prima per la coscienza e poi per il Papa”;
un’ interpretazione del papato complementare col primato della coscienza e di
seguito J. Ratzinger afferma “per Newman il termine medio che assicura la
connessione tra i due elementi della coscienza e dell’autorità è la verità.”
Questa
interpretazione più serena e pacificante per il credente, apre alla seconda
sorpresa dello Spirito Santo (consentitemi questa espressione fideistica),
l’elezione al soglio pontificio del cardinale argentino Jorge Mario Bergoglio,
che come primo gesto qualificante chiede al popolo di pregare per lui in
silenzio, come accadeva nei primi secoli del cristianesimo in occasione della
nomina di un vescovo.
Le
ragioni della scelta del nome Francesco sono sintetizzate nella narrazione dello stesso pontefice nella prima
udienza di sabato scorso: l’arcivescovo emerito di San Paolo, il brasiliano
Hummmes ”mi abbracciò, mi baciò e mi disse < Non dimenticarti dei poveri!
>, quelle parole sono entrate nel cuore del Cardinale Bergoglio, che
continua il racconto “ subito ha pensato a Francesco d’Assisi. Poi ho pensato
alle guerre, mentre lo scrutinio proseguiva fino allo spoglio di tutti i voti,
e Francesco è l’uomo della pace. E così è venuto il nome, nel mio cuore:
Francesco d’Assisi. L’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato” e
aggiunge con riferimento all’ambiente, “e noi in questo momento non abbiamo una
relazione tanto buona con il creato, no?” Altra
novità Bergoglio è un gesuita, il primo papa gesuita della storia; gesuita come
il Cardinale Martini che poco prima di morire, nell’intervista rilasciata a
padre G. Sporschill e F. Radice, chiedeva alla Chiesa di “riconoscere i propri
errori e di percorrere un periodo radicale di cambiamento, cominciando dal Papa
e dai vescovi”.
La
provocazione di Martini credo, con l’elezione del cardinale Bergoglio al soglio
pontificio apra ad una visione universale della Chiesa cattolica e non
periferica della Conferenza Episcopale italina C.E.I. ( che incorre in una
gaffe abbastanza clamorosa, nel comunicato, inviato via mail, la Cei esprime "gioia e riconoscenza"
"nell'accogliere la notizia dell' elezione del Card. Angelo Scola a
Successore di Pietro", nel porgere gli auguri al nuovo
Pontefice. Una 'svista' che testimonia come la stessa Cei sia stata colta di
sorpresa dall' elezione del Cardinal Jorge Mario Bergoglio.)
Al
nuovo pontefice spetterà la guida della comunità cattolica nel mondo, il
dialogo interreligioso e con il mondo politico, economico e l’intera società
umana anche dei non credenti, la cura per le nuove povertà e miserie spirituali
e materiali del mondo contemporaneo, occupandosi con ferma volontà di un
cambiamento prima interiore della comunità ecclesiale, da cui si producano
effetti positivi, esteriori visibili nel mondo reale.
Mi
sembra che la missione del nuovo pontifice sia contraddistinta da due tratti
salienti: la dimensione del Servizio, e quella di Abbandono allo Spirito Santo, come si evince dalle parole del Card. Bergonzio in una
intervista concessa a Stefania Ferlasca nella rivista 30 giorni nel 2007 “nella
Chiesa l’armonia la fa lo Spirito Santo. Uno dei primi padri della Chiesa
scrisse che lo Spirito Santo ”ipse harmonia est”, lui stesso è armonia. Lui
solo è autore al medesimo tempo della pluralità e dell’unità. Solo lo Spirito
può suscitare la diversità, la pluralità, la molteplicità e allo stesso tempo
fare l’unità. Perché quando siamo noi a voler fare la diversità facciamo gli
scismi e quando siamo noi a voler fare l’unità facciamo l’uniformità,
l’omologazione”.
Questa
visione spirituale è indirizzata verso un equilibrio dinamico tra innovazione e
conservazione della Chiesa, nella consapevolezza del vigore perenne del
messaggio evangelico.
Questi sono gli auspici per il pontificato: ora vedremo se l'impatto con la curia renderà però possibile questa missione
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