mercoledì 20 marzo 2013

Papa Francesco, la crisi della modernità e le dimissioni di Benedetto XVI

Giotto. Dono del Mantello da parte di San Francesco. Assisi
 
di Rosario Ales
 
Nell’arco di un mese, il mondo intero è rimasto sorpreso da due eventi epocali che riguardano la Chiesa cattolica, il primo le dimissioni di papa Benedetto XVI ed il secondo l’elezione al soglio pontificio di un vescovo eletto dalla fine del mondo, assumendo il nome di una icona dello spirito evangelico, per l’appunto Francesco. Le inusuali dimissioni di Benedetto XVI, per i più attenti osservatori della Chiesa, assumevano due significati; un significato manifesto: la stanchezza dell’uomo a fronte del peso degli scandali e la crisi che attraversa la Chiesa, lo scandalo dei preti pedofili, la gestione dell’ IOR (la banca vaticana) ed i sospetti di riciclaggio, l’intreccio costante tra il Governatorato vaticano e le vicende politiche italiane, le indagini su Vatileaks, la condanna e poi la grazia al maggiordomo papale, Paolo Gabriele. 

Un movente più intimo e spirituale delle dimissioni del papa teologo si possono desumere dalla valutazione che Benedetto XVI ha sempre riconosciuto al primato della coscienza; nel suo libro “L’elogio della coscienza” (Cantagalli) ricorda la celebre frase pronunziata dal Cardinale Newman (vissuto  a Oxford nell’ Ottocento e convertitosi dalla Chiesa anglicana alla Chiesa di Roma): ”Certamente se io dovessi portare la religione in un brindisi dopo un pranzo – cosa che non è molto indicato fare – allora io brinderei per il Papa. Ma prima per la coscienza e poi per il Papa”; un’ interpretazione del papato complementare col primato della coscienza e di seguito J. Ratzinger afferma “per Newman il termine medio che assicura la connessione tra i due elementi della coscienza e dell’autorità è la verità.”
Questa interpretazione più serena e pacificante per il credente, apre alla seconda sorpresa dello Spirito Santo (consentitemi questa espressione fideistica), l’elezione al soglio pontificio del cardinale argentino Jorge Mario Bergoglio, che come primo gesto qualificante chiede al popolo di pregare per lui in silenzio, come accadeva nei primi secoli del cristianesimo in occasione della nomina di un vescovo.
Le ragioni della scelta del nome Francesco sono sintetizzate nella  narrazione dello stesso pontefice nella prima udienza di sabato scorso: l’arcivescovo emerito di San Paolo, il brasiliano Hummmes ”mi abbracciò, mi baciò e mi disse < Non dimenticarti dei poveri! >, quelle parole sono entrate nel cuore del Cardinale Bergoglio, che continua il racconto “ subito ha pensato a Francesco d’Assisi. Poi ho pensato alle guerre, mentre lo scrutinio proseguiva fino allo spoglio di tutti i voti, e Francesco è l’uomo della pace. E così è venuto il nome, nel mio cuore: Francesco d’Assisi. L’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato” e aggiunge con riferimento all’ambiente, “e noi in questo momento non abbiamo una relazione tanto buona con il creato, no?” Altra novità Bergoglio è un gesuita, il primo papa gesuita della storia; gesuita come il Cardinale Martini che poco prima di morire, nell’intervista rilasciata a padre G. Sporschill e F. Radice, chiedeva alla Chiesa di “riconoscere i propri errori e di percorrere un periodo radicale di cambiamento, cominciando dal Papa e dai vescovi”.
La provocazione di Martini credo, con l’elezione del cardinale Bergoglio al soglio pontificio apra ad una visione universale della Chiesa cattolica e non periferica della Conferenza Episcopale italina C.E.I. ( che incorre in una gaffe abbastanza clamorosa, nel comunicato, inviato via mail, la Cei esprime "gioia e riconoscenza" "nell'accogliere la notizia dell' elezione del Card. Angelo Scola a Successore di Pietro", nel porgere gli auguri al nuovo Pontefice. Una 'svista' che testimonia come la stessa Cei sia stata colta di sorpresa dall' elezione del Cardinal Jorge Mario Bergoglio.)
Al nuovo pontefice spetterà la guida della comunità cattolica nel mondo, il dialogo interreligioso e con il mondo politico, economico e l’intera società umana anche dei non credenti, la cura per le nuove povertà e miserie spirituali e materiali del mondo contemporaneo, occupandosi con ferma volontà di un cambiamento prima interiore della comunità ecclesiale, da cui si producano effetti positivi, esteriori visibili nel mondo reale.
Mi sembra che la missione del nuovo pontifice sia contraddistinta da due tratti salienti:  la dimensione del Servizio, e quella di Abbandono allo Spirito Santo, come si  evince dalle parole del Card. Bergonzio in una intervista concessa a Stefania Ferlasca nella rivista 30 giorni  nel 2007 “nella Chiesa l’armonia la fa lo Spirito Santo. Uno dei primi padri della Chiesa scrisse che lo Spirito Santo ”ipse harmonia est”, lui stesso è armonia. Lui solo è autore al medesimo tempo della pluralità e dell’unità. Solo lo Spirito può suscitare la diversità, la pluralità, la molteplicità e allo stesso tempo fare l’unità. Perché quando siamo noi a voler fare la diversità facciamo gli scismi e quando siamo noi a voler fare l’unità facciamo l’uniformità, l’omologazione”.
Questa visione spirituale è indirizzata verso un equilibrio dinamico tra innovazione e conservazione della Chiesa, nella consapevolezza del vigore perenne del messaggio evangelico.
 
















1 commento:

  1. Questi sono gli auspici per il pontificato: ora vedremo se l'impatto con la curia renderà però possibile questa missione

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