di Valentina Sechi
Il 5 marzo 2013, dopo una lunga malattia si è spento il
Presidente venezuelano Chavez. La sua scomparsa è destinata a sancire uno
spartiacque non solo nella storia del Paese ma anche dell’intero Sudamerica.
Prima di passare in rassegna i possibili scenari è bene inquadrare le
conseguenze della politica chavista per intuire il futuro leader e la linea che
intende adottare.
Il Venezuela è il quarto Paese della regione per popolazione e importanza economica, il dodicesimo a livello mondiale per l’esportazione di petrolio. Dal punto di vista della politica interna, Chavez ha sviluppato una combinazione unica di populismo, autoritarismo e socialismo che gli ha assicurato l’adorazione delle masse e un ampio seguito internazionale. Sfruttando i proventi derivanti dalla ricchezza petrolifera, ha avviato un programma economico ibrido basato su nazionalizzazioni (come quella dei pozzi petroliferi), economia socialista, controlli su prezzi e scambi. La punta di diamante dell’edificio chavista è rappresentata dalle politiche sociali dette anche missioni: aumento di salari e pensioni, istruzione gratuita, miglioramento della sanità pubblica, fondi per la ricerca, distribuzione di alimenti a prezzi ridotti, aumento di salari e pensioni, creazione di cooperative e di una banca popolare. Ciò ha permesso la legittimazione del regime sia da parte dei poveri che da parte di militari e borghesia commerciale. Al momento esiste una copertura per tali spese sebbene molti programmi non possano sopravvivere ad un ulteriore calo dei prezzi petroliferi. La politica estera è dichiaratamente anti-americana, anti-imperialista e pro-Palestina. Chavez ha creato il blocco delle Nazioni sudamericano, rafforzato le relazioni con l’Argentina, guadagnato il sostegno del Partito dei Lavoratori brasiliano e supportato le FARC (movimento di guerriglia) colombiane. Tra i suoi alleati si ricordano Cina, Iran, Russia, Hezbollah e leader dispotici come Assad. Uno dei suoi maggiori successi è rappresentato dall’ALBA (Alternativa Bolivariana per America Latina e Caraibi). Si tratta di un progetto economico e politico nato nel 2004 dall’alleanza con Cuba il cui scopo è promuovere l’integrazione economica in contrapposizione ad ALCA (Area di libero commercio delle Americhe) di matrice statunitense. La scorsa estate il Venezuela è entrato nel MECOSUR, organizzazione economica regionale sudamericana.
Il Venezuela è il quarto Paese della regione per popolazione e importanza economica, il dodicesimo a livello mondiale per l’esportazione di petrolio. Dal punto di vista della politica interna, Chavez ha sviluppato una combinazione unica di populismo, autoritarismo e socialismo che gli ha assicurato l’adorazione delle masse e un ampio seguito internazionale. Sfruttando i proventi derivanti dalla ricchezza petrolifera, ha avviato un programma economico ibrido basato su nazionalizzazioni (come quella dei pozzi petroliferi), economia socialista, controlli su prezzi e scambi. La punta di diamante dell’edificio chavista è rappresentata dalle politiche sociali dette anche missioni: aumento di salari e pensioni, istruzione gratuita, miglioramento della sanità pubblica, fondi per la ricerca, distribuzione di alimenti a prezzi ridotti, aumento di salari e pensioni, creazione di cooperative e di una banca popolare. Ciò ha permesso la legittimazione del regime sia da parte dei poveri che da parte di militari e borghesia commerciale. Al momento esiste una copertura per tali spese sebbene molti programmi non possano sopravvivere ad un ulteriore calo dei prezzi petroliferi. La politica estera è dichiaratamente anti-americana, anti-imperialista e pro-Palestina. Chavez ha creato il blocco delle Nazioni sudamericano, rafforzato le relazioni con l’Argentina, guadagnato il sostegno del Partito dei Lavoratori brasiliano e supportato le FARC (movimento di guerriglia) colombiane. Tra i suoi alleati si ricordano Cina, Iran, Russia, Hezbollah e leader dispotici come Assad. Uno dei suoi maggiori successi è rappresentato dall’ALBA (Alternativa Bolivariana per America Latina e Caraibi). Si tratta di un progetto economico e politico nato nel 2004 dall’alleanza con Cuba il cui scopo è promuovere l’integrazione economica in contrapposizione ad ALCA (Area di libero commercio delle Americhe) di matrice statunitense. La scorsa estate il Venezuela è entrato nel MECOSUR, organizzazione economica regionale sudamericana.
I problemi principali che il Paese si trova ad affrontare
sono la riduzione della domanda di greggio, contrazione del PIL con conseguente
deficit pari al 20% di quest’ultimo, debito estero elevato, investimenti fermi,
stagnazione dell’industria petrolifera e produzione di petrolio inferiore alle
previsioni OPEC, concentrazione di poteri nell’esecutivo e repressione politica,
ipertrofia dell’apparato statale, svalutazione della moneta, inflazione elevata
(28% ) controbilanciata
da aumenti del salario minimo superiori alla sua crescita, sussidi al consumo
alimentare e politica di prezzi ridotti, carenza di generi alimentari, black
out elettrici frequenti, fuga di capitali e investitori esteri, tassi di
omicidi e criminalità elevati, violazione dei diritti umani e della libertà di
stampa, corruzione, necessità di
infrastrutture.
Le nuove elezioni sono previste per il 14 aprile, il
Consiglio Elettorale Nazionale del Venezuela ha richiesto una missione
osservativa dall’unione delle Nazioni
Sudamericane e ha invitato organizzazioni non governative elettorali a partecipare al processo
elettorale.
I candidati più
probabili sono due: l’attuale Presidente ad interim, indicato dallo stesso
Chavez, Maduro e il leader del MUD (Mesa de la Unidad Democratica ),
partito di opposizione, Capriles. Le
strategie politiche dei due candidati sono molto diverse. Maduro potrebbe avere
dalla sua l’onda emotiva legata alla scomparsa del Presidente e la sua
benedizione. Uno dei primi problemi che si troverebbe ad affrontare è mantenere
l’unità all’interno del PSUV (Partito socialista Unito del Venezuela) composto
da due gruppi: una corrente impegnata nella partecipazione popolare con un
approccio più conciliante nei confronti del settore privato e un ruolo più manageriale
dello Stato e un’altra più radicale caratterizzata da partecipazione popolare e
lotta alla burocrazia con pieno
controllo dei cittadini sulle spese di investimento. Vanno inoltre menzionati i
colectivos, bande armate la cui cieca lealtà nei confronti del Presidente si è
spesso trasformata in violenza contro i suoi avversari i cui componenti guardano con sospetto Maduro
ritenendolo incapace di proseguire la rivoluzione intrapresa dal caudillo.
Il futuro del
Venezuela dipenderà più da ciò che accade all’interno del movimento piuttosto
che dalle idee di Maduro. Politicamente s’inserirebbe nel solco tracciato dal
suo predecessore perseguendone i valori. Gli scettici si concentrano sulla sua
mancanza di carisma e spessore politico.
Il suo avversario Capriles puntando su progresso e unità
nazionale, ha promesso di mantenere le missioni e accettato molti assunti base
del Chavismo, organizzato consigli comunali e Comuni, implementato bilanci partecipativi nei comuni
che governa.
Chiunque vinca le prossime
elezioni dovrebbe migliorare l’efficienza nella gestione del crimine, ridurre inflazione e corruzione, aumentare la
produzione del greggio, diversificare l’economia tenendo conto della forte
svalutazione della moneta.
A breve potrebbero non verificarsi i cambiamenti auspicati
perchè il sistema creato da Chavez è diventato Stato. Poiché nessuna delle
figure politiche più eminenti ha il suo potere o il suo carisma, potrebbero
sorgere delle guerre intestine che logorerebbero il regime dall’interno. In
alternativa, il successore potrebbe agitare lo spettro della vicinanza di nemici
esterni, accusando opposizione e nemici politici della situazione del Paese. A
una di queste alternative potrebbe seguire o il transito verso la democrazia
rappresentativa come in Messico oppure il colpo di Stato militare come in
Argentina.
Se il Venezuela di Chavez è stato un Paese ad opporsi al Washington consensus elaborando modelli
cooperativi, i Paesi che hanno ricevuto finanziamenti potrebbero avere delle
conseguenze serie. L’alternanza di cooperazione e crisi con la patria di
Bolivar è terminata con le due crisi diplomatiche che condussero al blocco
delle relazioni commerciali. Seguì una riappacificazione di cui prova lampante
è il ruolo del Venezuela nella mediazione tra governo colombiano e FARC. Si
teme che il nuovo Presidente possa rallentare le trattative oppure che fomenti
le FARC o ancora chela situazione degeneri sino a provocare la guerra civile.
Anche l’Argentina di Cristina Kirchner ha beneficiato di
aiuti attraverso l’acquisto di bond non collocabili sul mercato, la
sostituzione delle importazioni da Colombia e Usa, l’assistenza tecnica dopo la
nazionalizzazione della compagnia Ypf, ma si è servita, nello stesso tempo,
dell’alleanza con Caracas per bilanciare il rapporto col Brasile.
In tale contesto, destinato a raccogliere l’eredità chavista
sembra il Presidente ecuadoregno Correa, pur scevro del carisma e delle risorse
che Chaz aveva usato per espandere la sua influenza, in particolare in seno
all’ALBA dando coerenza all’Unasur, riprendendo i rapporti con Brasile e Uruguay
e cercando il supporto del boliviano Morales che in vista delle elezioni
previste per l’anno prossimo si concentrerà sui problemi di politica interna e
la spaccatura all’interno della propria coalizione. Castro parrebbe più
interessato ai finanziamenti di cui si avvantaggerebbe piuttosto che del rigido
antimperialismo.
Il futuro dell’ALBA appare incerto. Tutto dipenderà dalle decisioni dei
suoi membri sebbene nessuno di questi sembri in grado di alimentare la fiamma
anticapitalista e dal ruolo svolto dal Messico. La recente conferma di Correa,
le imminenti elezioni in Bolivia, il supporto di Cuba e l’alleanza con
l’Argentina farebbero ben sperare nonostante la crisi, il deficit di bilancio e
l’egemonia cinese.
Potrebbe non esserci posto per una guida venezuelana in
Sudamerica. I paesi dell’area guardano piuttosto a Brasile e Messico. L’intera
area potrebbe ispirarsi al modello brasiliano che favorisce l’impresa privata e
aumenta i fondi per le politiche sociali nonostante divisioni sulle politiche
commerciali. Secondo un anonimo diplomatico brasiliano dopo Chavez sarà
necessario un riallineamento. Probabilmente la leadership venezuelana si
contrarrà a favore di quella brasiliana che si era già avvantaggiata
dell’opposizione del Presidente all’influenza americana e della possibilità di fornire i beni che il
Venezuela ha cessato di produrre.
Cuba, Ecuador e Bolivia, dopo anni di sovvenzioni da Caracas
potrebbero affrontare tempi duri e cercare nuovi alleati. Alcuni Paesi stanno
cercando di provvedere autonomamente allontanandosi dal sentiero chavista.
Morales, per esempio, ha nazionalizzato compagnie private e ricevuto il plauso di Wall street per la
gestione fiscale. Castro sta ponendo in essere caute riforme per incrementare
l’impresa privata.
Il Venezuela di Chavez era riuscito a sottrarsi al giogo
americano attraverso un nuovo modello economico e politico tracciando una strada che altri Paesi hanno scelto di seguire. Il
problema economico potrebbe però non essere indifferente in un allentamento
delle posizioni e un riavvicinamento agli Usa che avrebbero fatto un primo
passo in tal senso a partire dalla dichiarazione di Obama secondo cui ha inizio
un nuovo periodo per il Paese. Non resta che aspettare. L’appuntamento è per il
14 aprile quando il mondo saprà cosa aspettarsi e quali equilibri si
delineeranno. E’ possibile che la morte di Castro acuirà il sorgere di
nazionalismi e sinistrismi in America Latina mentre i leader dell’area
competeranno per colmare il vuoto di potere lasciato dal Caudillo.
Valentina Sechi
Palermo, 12 marzo 2013
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