Esiste un profilo psicologico di siciliano molto particolare; particolare non perché sia particolarmente raro (ahinoi! tutt’altro: è un profilo assai diffuso in Sicilia, forse, addirittura, maggioritario), piuttosto perché non è facilmente riscontrabile in altre popolazioni, eccetto in quelle “colonizzate”, tanto economicamente, quanto culturalmente.

Ma di quale profilo stiamo parlando? Ci riferiamo a quel siciliano che si lamenta continuamente della Sicilia e dei suoi abitanti perché “siamo un popolo di incivili”, “perché abbiamo una mentalità mafiosa”, perché “certe cose succedono solo qui”, perché “da noi non cambierà mai niente” e “noi non cambieremo mai!”. Si esprime proprio così, senza mezzi termini, senza barlumi di speranza e senza possibilità di sorta di salvare qualcuno o qualcosa che siano siciliani (se ti stai chiedendo, in effetti, chi e cosa di questa terra sarebbe degno di essere salvato e hai difficoltà a darti una risposta, probabilmente in questo pezzo si sta parlando anche di te…).
Ovviamente, anche se non lo dice, si deduce che “lui”, invece, è tutta un’altra pasta. Ah! Se fossimo tutti – o almeno la maggioranza – civili e corretti come lui, come andrebbero diversamente le cose qui in Sicilia! Eppure, abbiamo detto, questo profilo psicologico è assai diffuso in Sicilia, forse maggioritario; ma le cose in Sicilia non vanno tanto bene; come è possibile? i conti proprio non tornano…
Così come disprezza praticamente tutto dei suoi (poco) simili conterranei, apprezza quasi tutto dei popoli che chiama “civili”, notando in essi solo quelle qualità effettivamente migliori in confronto alle corrispettive nostre e non accorgendosi, accecato dall'atteggiamento di prostrata ammirazione, dei difetti; insomma, anche qui senza mezzi termini, tutto è positivo negli “altri”, a cominciare – senza andare troppo lontano – dagli italiani centro-settentrionali (in casi particolarmente gravi, dai sardi o persino dai calabresi…) per terminare con il non plus ultra dei “civilissimi” popoli scandinavi.
Questo atteggiamento psicologico si riflette quasi sempre anche nel suo modo di parlare: rifiuta qualsiasi tipo di cadenza “sicula” (probabilmente gli ricorda solo e tutto il “male” della Sicilia e dei suoi abitanti) e tende ad assumere un accento e una dizione – nei casi più estremi, persino una morfosintassi – che crede siano quelli “corretti” di un italiano “normale” (eh, sì! Lui ambisce a esserlo, “italiano normale”, ma sente tutto il peso di una sicilianità – per carità! esterna alla sua vera essenza – che lo opprime e che sembra non volerglielo consentire). In situazioni particolari, come quando si trova a parlare con persone più civili, ovviamente “almeno” del Centro-Nord Italia, è capace di dire “Come stai te?” e “Noi domani si va al mare" (resta un mistero se sia cosciente o meno di non stare parlando per nulla un Italiano “normale”… Altro mistero: nella sua dimensione civica – che tanto critica negli altri zotici indigeni – sarà così “corretto” come nella lingua? Sorge il dubbio che sia proprio così…; e i conti, stavolta, tornerebbero perfettamente!).
Siamo sinceri: chi non ha almeno un amico o un conoscente che corrisponda a questo profilo? Tutti conosciamo almeno qualcuno che risponda a queste caratteristiche, pur con sfumature diverse, dovute alla classe sociale, al livello di cultura eccetera. Però stiamo attenti: non è improbabile che proprio l’amico a cui stavi pensando quando leggevi le righe di sopra, abbia pensato qualche volta (o giusto adesso, se anche lui sta leggendo questo articolo…) lo stesso di… te!
Infatti, chi più chi meno, siamo tutti stati qualche volta questo profilo di siciliano. Senza accorgercene, come sospinti da una forza invisibile (ci sarebbe da chiedersi da dove provenga), ci siamo caduti tutti; c’è chi ha compreso presto dove si stava mettendo e ne è uscito fuori subito; chi si è crogiolato nel personaggio e, accompagnato da una buona dose di teatralità, ha deciso di interpretare un ruolo; i meno fortunati – o più predisposti – ci hanno creduto veramente (cioè non “ci fanno” ma “ci sono”), ne sono rimasti invischiati e sono rimasti prigionieri di questo atteggiamento mentale che è anche malessere psicologico “vero” perché, così come accade con i propri genitori, se non hai un buon rapporto con la tua Terra, non potrai mai essere una persona pienamente felice.
Ho la sensazione che, il giorno in cui riuscissimo a compiere un cammino, un vero percorso “spirituale”, di riconciliazione completa con la nostra terra, affrancandoci da ridicoli complessi di natura geo-psicologica, saremmo, oltre che più sereni e felici, anche più utili alla nostra Isola. Se poi riuscissimo a farlo non soltanto individualmente ma anche come Popolo, comincerebbe il vero riscatto della Sicilia.