domenica 20 ottobre 2013

Da Belfast (frammenti di una lettera)

di Alice D'Alessandro
In fondo non siamo altro che sassi di una qualche spiaggia battuta dal mare, frammenti infiniti di chissà quali antiche rocce che adesso non esistono più. E il pensare ai sassi mi consola. Mizu no oto. Scriveva Janet Frame in un libro che ho recentemente letto "Siamo esiliati ovunque viviamo, in un prolungato viaggio verso la terra perduta".

Un pieghevole di benvenuto lasciato qui dall'università di Belfast ai visitatori lanciava, tra elenchi di ristoranti e tours, un monito: "Chi arriva qui proverà uno shock culturale". È forse questo il nome che molti danno alla sproporzione del vivere, a quel compartimentarsi dell'essere per rispondere alle aspettative.
Qui il pane è dolciastro, le poste sono rosse e gialle, la frutta è impacchettata in vaschette, le macchine camminano dall'altra parte, i marciapiedi sono stretti, i cani sono lunghi e alti, il fruttivendolo vende alghe, non esistono le tazzine da caffé. Le nuvole sono bassissime, da un momento all"altro hai la sensazione che potrebbero entrarti dal naso e rarefarti in nuvola. La sera, dalla finestra, vediamo le stelle. A Berlino le avevamo dimenticate. Queste le prime impressioni di questo autunno irlandese, inghirlandato dalle querce secolari, punteggiato dai pascoli, musicato da un mare grigio agitato dal vento.
Ho comprato Dubliners, in inglese, e una antologia di letteratura irlandese "The smile and the tear". Due guide al riconoscimento degli alberi e dei fiori irlandesi. Mi terranno forte per questo inverno, per questa tempesta, nel rifugio delle loro pagine illustrate. Avrò il tempo di un inverno per studiarli e riconoscere quale sarà il primo fiore che vedrò la prossima primavera. Così, il futuro promesso, comincia da qui, nunc, da quest'isola che chiamiamo presente e dal quale non possiamo fuggire - o forse Eugenio ci segnerà la sua misteriosa via di fuga? - e che forse comincia dove finiscono i nostri piedi.


1 commento:

  1. tras as tebras vía abrirse o mar de cristal,
    mentres o sol durmía baixo terra.
    “ekam iyoti bahudha vibhati
    luce sola si mostra multiforme”
    diceva Sibilla riprendendo vita,
    l’edera di nuovo scivolava dall’acanto...

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