mercoledì 24 ottobre 2012

La sete

 
di Francesco Scrima
 
“Ti guardiamo noi, della razza
di chi rimane a terra”.
(E.Montale – Falsetto)
   Quel giorno, Pablo riuscì a volare.
   Non fu difficile; almeno, non più di quanto lo è ogni gesto quotidiano, ogni parola gridata o taciuta, ogni carezza lasciata a metà.


   Avvenne al principio della sera d’un giorno normale, ed è inutile chiedersi perché.
   A Pablo non interessavano i “perché” delle cose, piuttosto i “come”. Ad esempio, si chiedeva spesso come ogni cosa cominciasse: come cominciasse una guerra, un fatale amore oppure una malattia mortale. Si chiedeva come potesse essere il primo momento di tutto; quell’istante, sospesa fra il sogno e la veglia crudele, che cambia la vita di uno o di migliaia di uomini. E poi c’è il nulla.
   Si chiedeva, anche, se questo nulla non fosse invece l’inizio di qualcosa di diverso – diverso dal sogno e dalla veglia – un volo assurdo ed inesprimibile, un volo di rondine che ferisce l’azzurro con la malinconia di chi va e ritorna, e poi di nuovo va…
   Ecco, riuscire a volare.
   Pablo sentiva che, se ci fosse riuscito, se avesse capito come farlo, tutto sarebbe stato più chiaro, e più facile, e che in quel momento nessun perché avrebbe potuto trattenerlo sulla terra.
   All’alba di quel giorno, Pablo si era svegliato con una strana grazia nel cuore, cosa che gli accadeva di rado. Sentì subito il desiderio di bere, e bevve, dal rubinetto di casa, come se non lo facesse da un secolo.
   Poi, fece tutto di fretta: meccanicamente si lavò, si vestì, preparò gli attrezzi del mestiere, del suo mestiere di muratore.
   Prima di uscire, guardò un’ultima volta fuori dalla finestra. Lo faceva sempre, e sempre cercava con occhi curiosi un zigzagare di rondini o uno sbattere d’ali di passeri in cerca d’amore; e, quando i suoi occhi sfioravano l’immagine inseguita, sentiva dentro di sé un misto di benessere e d’inquietudine, frutto d’invidia e di ammirazione.
   Guardò fuori, dunque, ma non vide nulla, ed era troppo tardi per aspettare. Quando chiuse la porta di casa, Pablo avvertì un piccolo disagio, e capì cos’era: aveva sete. 
 
II 
 
   Per strada c’era poca gente, la stessa di ogni mattina.
   Pablo s’incamminò per la solita strada, sotto un cielo invernale, velato di nubi grigiastre, che pareva stare lì per caso, per noia, per ulteriore beffa, e tutto era uguale a se stesso, il marciapiede sudicio, le case nere di fumo, le facce stanche o svogliate.
   Pablo aveva l’abitudine di salutare chiunque incrociasse nel suo cammino, lo conoscesse o no; notò che quella mattina tutti lo guardavano, e, siccome non pensava di avere qualcosa di diverso dagli altri giorni, si convinse che fosse quell’assurda sete a spingergli addosso gli occhi altrui.
   Doveva bere. Si fermò ad un bar, ma quando fu di nuovo per strada, aveva più sete di prima.
   Si disse che, certo, era meglio non badarci, e tirò avanti con decisione.
   Pablo era un uomo di carattere.
 
III
 
   Lavorò ininterrottamente per quattro ore su un palazzo in costruzione.
   Aveva sete, ma non ci pensava. Guardava le nuvole vicine, il cielo a due passi da poterlo toccare, e si pensava un uccello – una rondine intenta a costruire il proprio nido per i suoi piccoli.
    Pensò anche alla pausa di mezzogiorno, quando si sarebbe fermato e avrebbe potuto guardarsi meglio attorno; guardare, da quell’altezza, il mondo che lo circondava alla ricerca delle creature più sublimi.
   I falchi lo incantavano per come pareva fossero sospesi nell’aria, piccoli punti neri nella lontananza dell’orizzonte, a disegnare volute sempre più ampie, fino a sparire dall’occhio smarrito.
   Quante volte aveva provato ad imitarli.
   La domenica, spingendosi fuori città, nelle campagne più solitarie, non perdeva occasione di arrampicarsi su un albero o su un poggio per studiare il volo degli uccelli e per lanciarsi in vani tentativi  d’imitarli.
   Quel giorno la pausa-pranzo di Pablo fu infastidita dal grigiore d’un cielo deserto e dalla sete che gli impedì perfino di mangiare.
   Lavorò, digiuno ed assetato, per altre quattro ore; poi, mentre l’avida ombra s’impadroniva della città sotto di lui, ed ogni forma, ogni contorno, cominciavano a svanire, Pablo rimise a posto gli attrezzi di lavoro, salutò i compagni, ma non scese con loro.
   Cominciò a scendere, in verità, ma si attardò, finse di avere dimenticato qualcosa, e risalì, in alto, sul tetto del palazzo in costruzione, dove tutto era ormai immerso nel nero della sera invernale.
   La città luccicava di sotto con scie di luce che l’occhio poteva seguire.
   Pablo si spinse fino al punto più estremo, oltre il quale c’era il vuoto, e vide quello spazio immenso, infinito, davanti a sé, struggente come il più tenero degli amori.
   Si sentiva leggero, e pensò che fosse perché quel giorno non aveva mangiato, ma poi qualcosa attirò la sua attenzione: uno squarcio di luce, giù in basso, in un punto indefinito, simile ad un mare d’azzurro che si apriva nel buio, ed in quel mare uno stormo di rondini, un fitto battere d’ali a squarciare il silenzio della sera.
   Pablo salì sul cornicione, muovendo su e giù le braccia, gli occhi fissi verso quella luce lontana.
   Ebbe chiaro, in quel momento, come poteva soddisfare la sua sete, e, forzando appena il corpo in avanti, spiccò il volo.
   Fu l’azione più facile della sua vita, ma nessuno se ne accorse. 
  


11 commenti:

  1. Pablo è un uomo semplice, un puro di cuore, ma ciò non l'ha salvato dal fare i conti con il suo "male di vivere".
    Il "come" è ben spiegato nel racconto, il "perché" va cercato nell'eterno conflitto che risiede nell'uomo tra la natura terrena, il corpo, e quella divina, l'anima. Ogni giorno l'uomo convive con questo conflitto e il segreto per vivere bene sta nell'equilibrio che ognuno trova a suo modo.
    Io quest'equilibrio lo trovo leggendo libri, poesie, ascoltando musica, fuggendo la banalità con la passione, amando. è così che la mia anima spicca il volo, è così che si magnifica nella sua natura divina.
    Pablo come Icaro, Pablo come ciascuno di noi.
    Un racconto che commuove e che fa riflettere


    Almachilde

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    1. Se solo riuscissimo a capire che non è così difficile volare! Grazie sempre per la profondità di lettura.
      Francesco

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  2. Pablo ha sete di cielo,non può ignorarla.Pablo ha un gran cuore e un gran coraggio,lui ha deciso di guardare su,di osservare le rondini.Pablo non ha i piedi nel cemento,lui spicca il volo.È una necessità,un'urgenza quella di volare,la più grande.Pablo è tra il sogno e la veglia,ha deciso di vivere,di vivere per davvero.
    Pablo è una carezza infinita.
    Probabilmente ho incontrato spesso Pablo senza neanche accorgermene...
    La prossima volta che deciderò di sognare in volo,lo incontrerò sicuramente,allora magari saprà anche spiegarmi come si fa a volare in eterno,a non lasciare a metà le carezze.Grazie per questo grande angolo di cielo, grazie per aver dissetato il mio cuore e la mia anima,grazie per le rondini fuori dalla mia finestra.
    Giulia

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    1. Sono sicura che tu hai già incontrato Pablo. Lo dicono le tue lievi parole, le tue rondini fuori dalla finestra, la forza del tuo cuore e della tua anima. Prova a chiudere gli occhi un'altra volta: vedi quello spazio infinito? E' tutto tuo...Grazie, Francesco

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  3. Chi sa perché ho pensato subito (ma anche dopo) al Pablo di De Gregori. Sarei curioso di sapere se ci ho preso, anche parzialmente.
    Complimenti comunque
    Enzo

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    1. Devo dire che no, non ho pensato al Pablo di De Gregori, anche se quella canzone - il suo testo, soprattutto - è stata fra quelle fondamentali per la mia generazione. Grazie davvero per i complimenti.
      Francesco

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  4. Racconto bellissimo, sulla voglia di vivere, di sapere, di conoscere e di prendere il volo.
    No, non è difficile volare, e non è il "come" che spaventa Pablo: lui è un assetato, un assetato di vita.
    Grazie per le belle emozioni

    Tiziana

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    1. Siccome poco è come vogliamo, Pablo cerca di distaccarsi dai bisogni della volontà. E infine è libero da tutto - anche da se stesso.
      Francesco

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    2. Abbiamo avuto le stesse sensazioni dal racconto: voglia di sapere come fare, i perché non dipendono da noi, i come sì; voglia di vivere, di mettersi in gioco, di provare.

      “Ti guardiamo noi, della razza di chi rimane a terra” ....... Guardò fuori, dunque, ma non vide nulla, ed era troppo tardi per aspettare ........ Pablo era un uomo di carattere ......

      Pablo sa che quel giorno è riservato a lui, al suo volo, non sa quanto sia semplice fino a quando non trova il "come", allora agisce, con fermezza, non è necessario pubblico, non lo fa per ricevere plausi, lo fa per se stesso.

      Quante volte ci siamo ritrovati a spiccare il volo? Da soli, sapendo che quello era il momento giusto, per poter placare la sete del giusto.

      Nonostante la tristezza di fondo io leggo un rinnovo alla bellezza della vita, se vissuta "come" è giusto viverla.

      Francesco è sempre Francesco, fino a quando ci regalerà i suoi racconti e potremo rispecchiarci in essi, almeno per un attimo ci sentiremo appagati

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    3. In principio fu il volo. Dovremmo riprenderci le ali che ci siamo strappati di dosso...Grazie sempre per i tuoi complimenti. A chi scrive il pubblico è necessario.
      Francesco

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  5. Io ci vedo tanta solitudine e tanta malinconia, in Pablo. E quando la voglia diventa necessita' di "volare" verso l'ignoto, magari tutto e' piu' chiaro e allora cresce in noi la SETE di liberta', la SETE di vivere o piu' semplicemente di crescere e di capire, oltre ai "come", anche i "perche'". Forse volare aiuta?
    Bel racconto, ma conoscendo l'autore non avevo dubbi.

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