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sabato 26 novembre 2011
Lettera di anonimo a Francesco Merlo
Un anonimo cittadino siciliano, probabilmente del messinese, ha scritto questa lettera aperta a Francesco Merlo, giornalista di "Repubblica" che, in occasione dell'alluvione di Saponara, ha messo sul quotidiano on-line un video con dei suoi commenti (questo il link al video: Da Genova a Messina, le differenze di un'Italia flagellata)
Ciccio,
ti scrivo a nome di tanti siciliani, e ti chiamo Ciccio perché anche tu sei siciliano, essendo nato a Catania.
Lo so che ti da fastidio, perché - avendo lavorato per 19 anni al Corriere della Sera e scrivendo da 10 anni per La Repubblica - probabilmente non ti piace essere chiamato “Ciccio”.
Magari, dopo tanti anni al Corriere, parli pure milanese, e Ciccio in milanese non suona bene.
Ma io continuerò lo stesso a chiamarti Ciccio, ok?
Dunque, Ciccio, voglio dirti che qui noi siamo indignati. Lo so che, proprio in questi ultimi tempi, è un termine inflazionato ma non ne trovo uno migliore per manifestarti il nostro sdegno per quello che hai detto nel tuo servizio sull’alluvione nel messinese.
Qui l’acqua avrebbe portato via il “mattone selvaggio e l’accozzaglia di laterizi”, mentre …dalle tue parti la natura malvagia avrebbe distrutto “i centri storici, lo spazio pubblico celebrato, la bellezza di città che sono storicamente costruite per piacere, per aiutare l’uomo a vivere e non a sopravvivere”.
Ciccio, ma che dici? La storia della tua terra (quella d’origine, intendo: la Sicilia) te la ricordi?
Ciccio, anche i nostri paesi hanno un centro storico: centri di antica tradizione, come Saponara: ti ricordi di Saponara, vero?
A Saponara l’acqua ha mandato giù un costone roccioso che ha sotterrato una casa, e - con la casa - ha sotterrato anche tre persone, e fra queste tre persone c’era un angioletto biondo di appena dieci anni.
Ah, …dimenticavo: quella casa non era abusiva: era una casa come la tua, forse meno ricca della tua, ma era comunque una casa, insomma una casa normale, non un’accozzaglia di laterizi.
A proposito del nostro bimbo annegato nel fango, …ecco, qui voglio ringraziarti per aver detto che “i bambini affogati sono uguali”. Almeno questo ce lo hai riconosciuto, Ciccio, …i nostri non sono figli di un dio minore, almeno quando affogano nel fango.
Grazie, grazie davvero.
“La forza dell’acqua distrugge sviluppo e sottosviluppo”. Naturalmente, lo sviluppo sta al Nord e il sottosviluppo è il nostro.
Ciccio, vuoi che partiamo da lontano?
E allora, mi permetto di ricordarti che nell’anno 1100, mentre dalle tue parti si brancolava nel buio del Medioevo, i Siciliani avevano il primo Parlamento della storia, il primo parlamento d’Europa.
Facciamo un bel salto e arriviamo al 1861.
In quegli anni - esattamente nel 1856 - in occasione dell’Esposizione Internazionale di Parigi, Il Regno delle Due Sicilie ricevette il Premio come terzo Paese più industrializzato del mondo, dopo Inghilterra e Francia.
Il Meridione possedeva una flotta mercantile pari ai 4/5 del naviglio italiano, una flotta che era la quarta del mondo. Il Sud era il primo produttore in Italia di materia prima e semi lavorati per l'industria. Avevamo circa 100 industrie metal meccaniche che lavoravano a pieno regime (era attiva la più grande industria metalmeccanica d’Italia). Avevamo industrie tessili, manifatturiere, estrattive. Avevamo, distillerie, cartiere. Avevamo la prima industria siderurgica d’Italia. Il primo mezzo navale a vapore del Mediterraneo (una goletta) fu costruito nelle Due Sicilie e fu anche il primo al mondo a navigare per mare. La prima nave italiana che arrivò nel 1854, dopo 26 giorni di navigazione, a New York, era meridionale, e si chiamava - guarda un po’! - “Sicilia”. La bilancia commerciale con gli Stati Uniti era fortemente in attivo e il volume degli scambi era quasi il quintuplo del Piemonte. Il cantiere di Castellammare di Stabia, con 1.800 operai, era il primo d’ Italia per grandezza e importanza.
Ancora: il tasso di sconto praticato dalle banche era pari al 3%, il più basso della Penisola; una “fede di credito” rilasciata dal Banco di Napoli era valutata sui mercati internazionali fino a quattro volte il valore nominale. Il Regno Napoletano, fra tutti gli Stati italiani, vantava il sistema fiscale con il minor numero di tasse: ve ne erano soltanto cinque.
Tu, Ciccio, potresti dirmi: “acqua passata”. Potresti chiedermi come ci siamo ridotti così, oggi, …sottosviluppati.
Bene, …ti spiego: fin dal primo anno di unificazione, il neonato Stato italiano introdusse ben 36 nuove imposte ed elevò quelle già esistenti.
In appena quattro anni, la pressione fiscale aumentò dell’87%, ed il costo della vita ebbe un incremento del 40% rispetto al 1860, i salari persero il 15% del potere d’acquisto.
Dopo l’unificazione d’Italia, l’industria meridionale e persino l’agricoltura furono letteralmente abbandonate e penalizzate con una politica economica che favorì il Nord a danno del Sud, come risulta da un’inchiesta sulla ripartizione territoriale delle entrate e delle spese dello Stato voluta da Francesco Saverio Nitti (non l’abbiamo pagato noi, …giuro).
Per diversi decenni si verificò un continuo drenaggio di capitali dal meridione al Nord dovuto proprio ad una scelta di politica economica dello Stato, mentre sul piano delle imposte il Mezzogiorno e la Sicilia contribuivano in maniera di gran lunga superiore alle regioni del Nord.
Non andò meglio per i lavori pubblici, in quanto gran parte delle spese furono fatte nell’Italia Settentrionale e Centrale.
In sostanza il bottino dei Savoia fu veramente enorme, se si considera che il danaro trafugato dalle casse del “Regno delle Due Sicilie” ammontava a 443 milioni di lire oro, vale a dire due volte superiore a quello di tutti (dico tutti) gli Stati preunitari della penisola messi insieme; lo Stato savoiardo ne possedeva solo 20 milioni.
Questa è storia Ciccio, dunque non volercene se una politica assassina ci ha ridotto come siamo adesso.
Non dirci che siamo “sottosviluppati”, non ce lo meritiamo. Perché - vedi - la cultura siciliana non è da meno rispetto a quella dell’ormai “tuo” Nord.
Anzi…, a giudicare dal numero e dall’importanza dei cervelli che mandiamo a lavorare dalle tue parti, potrei osare di più, ma non mi va.
L’acqua, qui, porta via centri storici e persone esattamente come a Genova e come nelle Cinque Terre.
E a Barcellona i torrenti sono “tombinati” esattamente come a Genova.
Sai, Ciccio, i giornali arrivano anche qui, e noi li leggiamo.
E, se proprio la vogliamo dire tutta, anche a Genova c’erano case costruite nei greti dei torrenti: le abbiamo viste tutti in televisione: anche lì, dunque, “mattone selvaggio” e “accozzaglia di laterizi”?
Ascoltami, Ciccio: nella prossima estate, torna in Sicilia. Non ti chiedo di starci molto: quindici giorni a pensione completa. Fatti un giro, magari anche nella città che ti ha visto bimbo meridionale: Catania.
Scoprirai cose nuove.
Scoprirai che i siciliani non sono affatto rassegnati, sono incazzati neri.
E’ diverso.
Scoprirai che “le persone per bene” che pensano che il Sud sia solo violento-imprevedibile-inaffidabile-sprecone-confusionario-corrotto-mafioso-camorristico (come dici tu in una sorta di crescendo rossiniano), in realtà non sono persone per bene: sono degli idioti. Oppure dei delinquenti.
E mi dispiace se fra loro dovessero esserci amici tuoi: sempre idioti restano, o delinquenti che hanno interesse ad affossarci ancora di più.
Perché - vedi - se qui i mafiosi portano ancora la coppola, mentre al Nord portano la cravatta e magari hanno l’auto blu e la scorta, per noi non fa molta differenza.
Ripeto, i giornali li leggiamo anche qua.
…E quella “pietà diversa” di cui parli, Ciccio: ma ti sei ascoltato?
“La disgrazia di Genova fece esplodere gli animi e mettere mano al portafoglio”, mentre qui le disgrazie sarebbero solo “il prolungamento della normalità”. Qui è meglio “non dare perché elemosiniere ed elemosinato rischiano di fare la stessa fine”. E, quindi, “aiutare il Sud potrebbe risultare pericoloso, fortemente pericoloso”.
No, Ciccio, ti sbagli.
La nostra normalità non è questa che dici tu. La nostra “normalità” ci è stata tolta proprio da quelle “persone per bene” di cui parli, quelle stesse che oggi vorrebbero farci “il ponte sullo Stretto” per finire di fregarci il poco che ci è rimasto.
Noi non siamo affatto rassegnati, Ciccio, e vogliamo riprendercela la nostra normalità.
La nostra normalità ha nome e cognome, anzi …nomi e cognomi, come Antonello da Messina, Vincenzo Bellini, Francesco Maurolico, Finocchiaro Aprile, Alessandro Scarlatti, Filippo Juvara, Luigi Pirandello, Giovanni Verga, Lucio Piccolo, Tommaso Cannizzaro, Bartolo Cattafi, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Renato Guttuso, Ettore Majorana, Vittorio Emanuele Orlando, Salvatore Quasimodo, Leonardo Sciascia, Vann'Antò'.
La nostra normalità ha luoghi che si chiamano Mozia, Segesta, Selinunte, Piazza Armerina, Naxos, Siracusa, Monreale, Taormina, Erice, Agrigento, Noto: tutti con i loro “centri storici”, come Messina, e -perché no- come Barcellona e come Saponara.
Noi conserviamo la cultura dei nostri padri. Noi conserviamo le tradizioni di questi luoghi.
Non siamo rassegnati, siamo orgogliosi (oltre che incazzati).
E se i nostri Gattopardi sono stati sbranati dalle iene e dagli sciacalli, come aveva previsto il Principe di Lampedusa in tempi non sospetti, beh …verrà il momento del riscatto.
Noi ci crediamo, dobbiamo crederci.
E, per tornare alla tua “pietà diversa”, sappi che questo tipo di pietà non ci interessa. Noi vogliamo solo difendere i nostri diritti, vogliamo solo il nostro, quello che ci spetta.
Siamo noi che abbiamo pietà, pietà per gli oppressi, per i vinti, pietà per chiunque soffra.
E siamo ancora noi che abbiamo, legittimamente, dei pregiudizi. Da oggi nutriamo pregiudizi anche nei tuoi confronti e nei confronti del tuo giornale.
E se non riesci a fartene una ragione, se non riesci a pensare di dovere chiedere scusa, allora davvero hai voluto rinnegare le tue origini, le tue radici, la tua storia.
Ciao Ciccio.
(da anonimo, ovvero dal sentimento profondo delle genti del Sud e della Sicilia!)
Questa lettera è solo una delle tante che i cittadini hanno inviato a Repubblica in forma privata. Un altro cittadino siciliano che vive a Genova ha reso nota la sua lettera; ecco il link ad essa: Lettera aperta di un messinese a La Repubblica
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Leggo con compiacimento che è piaciuta la lettera aperta mandata al giornalista di Repubblica, ma volevo fare un'appunto, la lettera non era affatto anonima, era firmata, MOVIMENTO SICILIA LIBERA, ed è stata mandata dal suo Presidente, la Dott. Rosa Cassata, chi vi scrive è Giorgio Valentino Coordinatore Regionale per la Val di Mazara del M.S.L., spero vogliate correggere troverete la lettera a questo indirizzo http://movimentosicilialibera.blogspot.com/
RispondiEliminaCaro Giorgio, la lettera mi è stata inviata da un amico che mi ha scritto le testuali parole: "Questa lettera è un incredibile regalo di un anonimo siciliano...io l'ho firmata così, come l'ho trovata in rete da un fratello di Messina, che dichiara di averla avuta appunto in forma anonima". L'importante non è la firma e chi l'ha scritta. L'importante è il contenuto. Chi l'ha scritta dovrebbe sentirsi orgoglioso che il contenuto è piaciuto tanto, tanto da essere condivisa da altre persone.
RispondiEliminaComunque, ci tengo a sottolineare che, conoscendoti, non metto in dubbio le tue parole. Ma, da come circola in rete, si vede che oramai questa lettera appartiene a tutti i siciliani.
RispondiEliminaConfermo che la lettera in questione non è anonima ma è una risposta degli amici del Movimento Sicilia Libera. Guardate il gruppo facebook sull'argomento http://www.facebook.com/giampaolo7/posts/142385065868474?ref=notif¬if_t=like#!/groups/291438764229001/
RispondiEliminasuggerisco al suddetto giornalista interessato di leggersi i commenti sul suo articolo, sul blog del movimento, forse riscoprirà cosa vuol dire essere siciliano
RispondiEliminaMa avete provveduto a postare questa lettera proprio all'indirizzo e-mail della redazione del giornale Repubblica'???
RispondiEliminaNon sarò sintetico.
RispondiEliminaMerlo ha sapientemente unito le frasi “ad effetto” con una duplice e chiara finalità: 1)quella di suscitare scalpore presso una porzione del popolo cibernauta (meridionali); 2) quella di offrire una versione interpretativa “provocatoria” ed “interlocutoria” della realtà oggettiva dei fatti. Per quanto concerne la prima finalità, evidentemente, Merlo ha studiato la tattica più conveniente per porre in essere la strategia di qualunque mezzo d’informazione. Quindi, appurato che la strategia di qualunque giornale, cartaceo e on line, é quella di piazzare il proprio prodotto, quindi accumulare utenti, aumentare le vendite ed incrementare il proprio fatturato attraverso gli strumenti previsti, quale migliore opportunità di sfruttare gli eventi meteo e catastrofici che hanno interessato il Nord e Sud a breve distanza? Ci ha ricamato su, con termini e figure retoriche azzeccate, sapendo bene quel che faceva e perché lo faceva. Chi non mastica o non ha masticato di “tecniche di comunicazione” e di “marketing comunicativo”, queste valutazioni non le ha considerate ed ha essenzialmente osservato il mero aspetto discorsivo. Merlo ha voluto fornire una “versione meno polemica e più concreta e utile” di quella che, solitamente (come é stato confermato anche questa volta), rinveniamo nei blog, nei siti e nei social networks; ovvero, che esiste una netta differenzazione tra i fatti (e misfatti) che accadono al Nord e Sud, con il conseguente inasprimento delle relazioni tra genti settentrionali e meridionali. Inasprimento che, comunque, non viene preso in esame seriamente, ma solo superficialmente. Ho ascoltato e riascoltato il “messaggio” mediatico di Merlo, quello originale “completo” e che esprime il significato proprio di questo video-denuncia: lo trovo “ficcante”, con uno scopo provocatorio e polemico al contempo, avverso quella che egli definisce accuratamente la “solidarietà razzista”. Non a caso, anche in questo specifico passaggio comunicativo, egli impiega una figura retorica che consiste nell’accostamento di due termini in forte anti-tesi tra loro. E’ semplicistico ridurre le evidenze oggettive che ci dicono che ciò che accade al Nord è valutato con una unità di misura diversa (e più favorevole) di ciò che accade al Sud. Non ci vuole mica un Albert Einstein per comprendere questa differenzazione! E sarebbe anche ora, invece di “piangere sempre sul latte versato”, mettere mano ai problemi non delegando più ma proponendosi ai politici, agli economisti e anche agli affaristi che governano l’Italia, con una nuova chiave di lettura che non sia la solita processione di lamenti e parole di sdegno verso un nemico non nemico. Di fatto, il giornalista di Repubblica ha per l’ennesima volta, additato l’indifferenza e l’immobilismo che lega indissolubilmente la gente siciliana alle sue croniche carenze e disfunzioni. Appigliarsi agli esempi abilmente posti dal giornalista per fare scalpore, non esclude che al Sud ci sia un senso civico molto meno percepito e vissuto. A mio avviso, il messaggio importante, il fulcro dell’informazione-azione che il giornalista ha voluto lanciare in rete, non è stato assunto in alcun modo: perché esiste una solidarietà razzista? Perché uno dei maggiori partiti politici del Nord, con una base d’iscritti e simpatizzanti importante,, che ha alimentato e continua a nutrire il cd. “razzismo bestione”, è stato al governo per 15 anni? La domanda del giornalista legittima l’evidenza dei fatti: siamo in presenza di un giudizio o di un pregiudizio? Ognuno risponda secondo coscienza e senso di responsabilità individuale.
Sarò ancor meno sintetico.
RispondiEliminaSi continua, con una cecità scoraggiante, a rammentare a gli altri cosa é stata la Sicilia nei tempi trascorsi. La storia, chi l’ha letta con obiettività e senza condizionamenti ideologici o pregiudizi culturali, dice molto bene cosa ha rappresentato la Sicilia sino all’unificazione d’Itlaia del 1861, quando per questa Terra é iniziato il declino atraverso una serie costante di abusi di potere. Convenite, però, che non ci si può crogiolare con “ciò che é stato” ma preoccuparsi seriamente e con grande severità critica, di ciò che la Sicilia e il Sud “sono al giorno d’oggi”. Che senso ha ricordare a Merlo o agli Italiani che la Sicilia é stata culla di insigni letterati, uomini di Stato, che ha un patrimonio artistico e storico unico nel panorama italiano? Perché non si ricorda, invece, che una Terra costretta a perdere i suoi Figli, é una terra che muore lentamente? Questo é ciò che dovete tener presente. Il problema della Sicilia sono i “siciliani”. Lo dico con rispetto e non con disprezzo. Non si equivochi sempre ciò che é detto con spirito propositivo! Perché tacere la negligenza, non solo degli ammninistratori, ma tra le diverse realtà civiche e sociali, che hanno permesso uno sviluppo edilizio senza criteri di salvaguardia, innanzi tutto, delle genti, e poi, ma non per ultimo, in considerazione della morfologia e delle condizioni di un territorio dissestato? Si dimentica, probabilmente, che ogni estate, decine e decine di ettari di terra e boschi proprio nell'area del messinese, vengono bruciati da incendi dolosi. Sommate il dissesto idrogeologico, il dissennato comportamento di chi ha costruito strade e quartieri limitando i corsi “naturali” delle acque, le colpe di chi brucia vigliaccamente una natura rigogliosa e osservate il risultato qual’é: quella Natura si ribella! Si vendica sui propri figli. Il dramma vero che vive la Sicilia da oltre un secolo é il dissanguamento delle sue risorse umane, e questo dramma non viene risolto e produce danni irreversibili. E se guardiamo alle contingenze attuali, quello del blocco e chiusura del polo industriale di Termini Imerese, é un dramma molto, ma molto più drammatico dei fatti alluvionali. Gi eventi metereologici hanno una loro proprietà imponderabile, ma il dramma degli operai che divengono disocuppati, non ha nulla di imponderabile. Era tutto previsto. Marchionne, con le sue logiche del mercato globale, che non tengono conto delle vite umane, aveva annunciato una serie di drastici provvedimenti. Perché non si urla con lo stesso sdegno che avete tutti verso Merlo, contro Marchionne e le famiglie capitaliste? Si grida contro l’indifferenza e il razzismo di una parte dell’Italia e perché non si grida contro quei politici, amministratori e sindacalisti siciliani, che nulla han fatto per proteggere oltre 400 fmaiglie siciliane. I meccanismi delle “delocalizzazioni” sono crudeli e fanno franare intere storie umane. Un uomo (o una donna) senza lavoro, é un uomo senza dignità, senza un’identità, e la sua famiglia é un nucleo di persone senza alcuna fiducia nel futuro. Cosa rimane loro e a migliaia di giovani generazioni? Rimane la speranza di partire! Non ci si indigni più ma si lavori con senso di responsabilità, con senso di alta civiltà, con spirito di sacrificio per liberare la Sicilia dal suo stesso male. In Sicilia é un secolo che si delocalizzano le vite umane e questo non fa indignare nessuno dei siciliani.
Grazie per la Vs. disponibilità e pazienza.
Caro Pino, la ringrazio per i suoi commenti.
RispondiEliminaLe devo però dire che, nonostante la corposità degli stessi, non mi ha convinto per nulla.
Su una cosa mi trova d'accordo: certamente Merlo è un approfittatore di tragedie per "piazzare il proprio prodotto e accumulare utenti".
Non ho il tempo per rispondere alle sue lunghe osservazioni e me ne dispiaccio perché, da alcune cose che lei scrive, si comprende che lei non è a conoscenza di alcuni fatti importanti (uno per tutti: i reali motivi per cui si emigra dalla Sicilia).
Lei afferma che "il problema della Sicilia sono i siciliani" (non "alcuni siciliani", ma proprio "i siciliani", in genere) e sottolinea che lo dice "con rispetto e non con disprezzo".
Anche lei è siciliano? Se è così, lei sarà certamente un siciliano "civile"; ah! se fossimo tutti come lei...
Le consiglio, quindi, la lettura di questo articolo: http://www.siciliainformazioni.com/giornale/societa/132251/siciliano-civile-fossimo-tutti-come.htm
(Spero lei sia disposto ad accettare la mia ironia "con filosofia", così come ha fatto con chi, "con uno scopo provocatorio e polemico", ha fatto infuriare migliaia di siciliani e anche non siciliani) Buona vita! ;-)
RispondiEliminaLa lettera in questione è stata pubblicata giorno 24 novembre dal Movimento Sicilia Libera ed inoltre la stessa recapitata direttamente al blog del sig Merlo al suo indirizzo di posta elettronica! chi scrive questo post è Rosa Cassata presidente del movimento che si assume nel bene e nel male la responsabilità di averla scritta e pubblicata! in ogni caso anche se patrimonio di tutti i Siciliani è giusto che ognuno di noi si assuma le proprie responsabilità perchè deve finire il concetto che se va bene l'abbiamo fatta tutti se va male chi sono i responsabili ..... boh non si sa! è solo una questione di maturità !!! grazie per l'attenzione
RispondiEliminaje basta cu stu movimento... u capemmu ca scriviu!
RispondiEliminai miei piu sentiti complimenti a colui che ha scritto questa lettera e tutti noi dobbiamo essere fieri di essere del sud mi hanno detto solo ieri di questa lettera e devo dire che a questo signore che l'ha scritta gli dovrebbero innalzare una statua d'Oro in tutte le città del sud noi non siamo sottosviluppati dentro di noi alberga un cuore... un cuore che abbiamo deciso di regalare alla nostra Sicilia un cuore che dopo tante umiliazioni che abbiamo avuto nella storia continua a battere solo per la nostra terra
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