martedì 29 novembre 2011

Lettere parmigiane

Rubrica a cura di Silvia Dello Russo

Recensione del romanzo di Alejandro Jodorowsky “Il maestro e le maghe”
(G.Feltrinelli Editore, aprile 2010; titolo originale dell’opera: “El maestro y las magas”, Ediciones Siruela, 2005)

A chi di noi non è capitato di perdersi?
Perdersi nelle vicende della vita, perdersi per dolore, perdersi per vissuto e storia vissuta, perdersi... senza trovarsi più.
Può capitare che tra i sentieri dello smarrimento, nel tentativo di recuperare un faro, un punto fermo, una coordinata prima, ci si imbatta in personaggi dai mille volti alla "il gatto e alla volpe” o alla “fata turchina” che come giani bifronte ci ingannano, ci confondono oppure a volte ci guidano.
Può capitare d’ incontrare persone appunto, maestre o debosciate che siano, così come può capitare di imbattersi in situazioni limite, “al bordo”, sulla strada della vita... così come sulla strada di un libro.
Alejandro Jodorowsky, nato in Cile nel 1930, oggi risiedente a Parigi, “padre” e interprete della pantomimica teatrale, regista di film che hanno riempito pagine della filmografia internazionale ( “El topo”, o “La montagna sacra”) nonché fervente autore, racconta nel suo libro “Il maestro e le maghe” uno spaccato di vita sul sentiero di uno smarrimento ancestrale, di una mai incessante ricerca delle coordinate di navigazione verso una giusta rotta.

Come Ulisse, il protagonista del romanzo autobiografico, Alejandro appunto, naviga in acque tormentose, tumultuose e calme allo stesso tempo, ove tra i flutti, e dai flutti, emergono incessantemente situazioni e personaggi epici, legati ad antichi richiami, ad antiche tradizioni e leggende, in una costante navigazione tra il reale ed il mitologico, tra la normalità e la magia. Jodorowsky cerca, cerca se stesso, le origini della sua anima, per conoscerla, curarla, capirla, comprenderla, per comunicare con essa, e quindi per ritrovarsi, per estrapolarsi ai flutti dello smarrimento, riprendendo in mano il timone della sua imbarcazione, di se stesso appunto, dispiegando, come si dispiega un foglio prima accartocciato, le creste delle acque di nostra vita.
Così, attraverso le pagine, ecco lo sciabordio delle onde riecheggiante alle nostre orecchie, bagnando i nostri nudi piedi appoggiati sulle umide sabbie, che ognuno di noi riconoscerà, nel moto ondoso de “Il maestro e le maghe”, come una parte dei propri smarrimenti, la parte più celata, quella mai detta, mai confessata, in lotta con i richiami di antiche ingannevoli sirene.
Ma quale sarà la rotta di navigazione giusta? E a quale lido approderà infine il maestro? E chi è il maestro e chi sono le maghe?
Sta a noi come navigatori, non più di internet ma della nostra anima, attendere e riconoscere i venti giusti da quelli tormentosi, che le situazioni o le persone stesse apportano, o forse sono essi stessi portati, nel quotidian di nostra vita.
Non si dice forse “qual buon vento?”
Lettura mitica, irripetibile.
SDR

Nessun commento:

Posta un commento

Questo blog consente a chiunque di lasciare commenti. Si invitano però gli autori a lasciare commenti firmati.
Grazie