domenica 9 febbraio 2014

Ad Alda Merini (scritta dopo un anno dalla morte)

di Michele Cascio
Ricordo bene come ho accolto la notizia della tua morte. A un anno da quella lacrima, mi scappa un sorriso affettuoso al pensiero del tuo racconto sulle ultime parole di tua nonna, che prima di morire, come estremo pensiero per le sue nipoti, disse a tua madre: ‘stai attenta alla più piccola, è completamente pazza’.
Un anno senza le scorribande del tuo animo,
senza il funambolismo delle tue parole
agili e imprevedibili,
colonna sonora dell’inseguimento
di quella felicità
che per te non poteva sussistere.
Un anno senza quelle parole
vibrate con la forza di un’invocazione,
che divenivano accettazione.
Un anno senza l’amore di cui eri serva e padrona,
incantatrice e ipnotizzata.
Negli ultimi mesi non scrivevi più.
Il tuo animo ormai non lasciava traccia d’inchiostro.
Stratificato
ad amore
e a cellule bruciate dall’elettroshock,
non si spalancava più
per liberare parole da appuntare,
ma palpiti del cuore di chi,
accanto al tuo letto,
poteva ascoltarne qualcuna
e custodirla
in quell’alleanza suprema che è un segreto.
La tua voce perdeva nitidezza,
le sillabe, sì, si confondevano,
ma non i pensieri,
non la poesia
che gorgogliava spontanea
come le ali di un uccello che libra nell’aria.
Il profumo della morte è stato un vento a favore
per quelle ali,
così slanciate verso l’alto,
senza nulla tacere della propria terrestrità.
Non so tanto di te,
da tante vecchie pagine mai lette
potrei attingere
briciole della tua soavità,
ma mi manca la consolazione
di poter udire nuove vie
da quella voce così dolce,
così dignitosa di dolore
e colma d’amore,
carnale e universale.


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