di Rosario Ales
La lettura del libro di Francoise Hèritier “Il Sale della vita” ed. Rizzoli, considerato un bestseller in Francia, ha suscitato in me veri momenti di gioia, coinvolgendomi in una sorta di soggettivo monologo interiore, fatto di associazioni libere o provocate da ricordi, un gioco interiore di evocazioni immaginative prodotte dai sensi.
La scrittrice, celebre antropologa, allieva di Claude Levi-Strauss, a cui è succeduta al College de France ha scritto nel 2012, alla soglia degli ottant’ anni, questo breve libro.
Ispirata da una reazione immediata dopo aver ricevuto una cartolina dalla Scozia di un amico medico che da trent’anni si dedica totalmente al suo lavoro e sentiva di aver “rubato” una settimana di vacanza.
La risposta fulminea dell’autrice all’amico è stata l’affermazione contraria “ogni minuto che passava, veniva derubato della sua esistenza”.
Scrive la scrittrice “piccole cose che tutti possiamo gustare: è il sale della vita”, momenti di leggerezza e di grazia che nutrono la nostra anima, evocazione di emozioni, immagini, aspirazioni, ricordi e impressioni che attendono di essere elaborate, come una sorta di pellicola non ancora sviluppata nel laboratorio della nostra coscienza.
Il libro è un elenco, un diario che raccoglie associazioni di brevi momenti di felicità, di ispirazione: un film, un libro, un documentario, un concerto musicale, ma anche “le escursioni, i viaggi, lo sport, il riposo, la conversazione, l’amicizia, i flirt, l’amore”, ma anche il vissuto della vita professionale e privata ( la cucina, la spesa, aver amato gli abiti rossi, poi neri e adesso blu, la cura del proprio corpo ).
In questo libro l’autrice ha intenzionalmente evitato di parlare di sesso, per indirizzare l’attenzione all’intimità dei piaceri minimi “il bagno a mezzanotte, assistere a un’aurora boreale,..mangiare dell’uva colta direttamente dalla pergola …” e l’inventario della memoria può procedere minuziosamente con altre reminescenze.
Appare ovvio che scrivere un proprio inventario di ricordi, esercitarsi ad esprimere per iscritto ogni percezione piacevole rievocata, attiva in ciascuno di noi una forza vitale che ci apre al mondo, alimentando il gusto per l’osservazione, la capacità di condivisione e di empatia; scrive la Héritier “imparare a fare di ogni istante della propria vita un tesoro di bellezza e di grazia che si arricchisce in continuazione, per forza propria, e al quale si può attingere giorno per giorno” ( p.85 ).
Nell’ ultimo capitolo l’autrice si trova a condividere quanto diceva Condillac “il mondo esiste nei nostri sensi, prima che nel nostro pensiero”.
Questo libro della Hèritier mi sembra un esercizio utile per comprendere l’importanza e la bellezza di ciascun senso.
La vista ci consente di vedere, illuminare, guardare lontano, avere una visione, costruire un ideale, vigilare con gli occhi ben aperti, il visibile è reso intellegibile in termini di riflessione e attività di pensiero.
L’udito è la via d’accesso per ascoltare il suono, la vibrazione, la sensibilità di una voce, di una musica, di una atmosfera; quando l’ascolto manca la relazione muore.
L’olfatto, il tatto, il gusto sono sensazioni non facilmente comunicabili, fortemente soggettive.
Con l’odorato interpretiamo rapidamente un profumo e la raffinatezza di un fiore o il disgusto per un odore.
Il tatto, come magistralmente ha scritto Ashley Montagu, è un organo tra i più sottovalutati; un bimbo accarezzato, cullato, vezzeggiato, toccato, disporrà di tutto ciò di cui ha bisogno per crescere in salute, “la parola chiave è contatto: deriva dal latino cum (con) e tactum (toccato, ma anche tatto). Sebbene il tatto non sia di per sé un fatto emotivo, i suoi elementi sensoriali inducono quei cambiamenti neurali, ghiandolari e muscolari e mentali che chiamiamo complessivamente sentimento. Per cui il tatto non è sentito come una semplice modalità fisica, come sensazione, ma, affettivamante, come sentimento” (A.Montagu, Il linguaggio della pelle, Ed. Verdechiaro).
Con il tatto immaginiamo di comprendere il mondo esterno, di comunicare con un tono emotivo.
Il gusto deriva dal latino sapio, significa “sapore”, da cui si fa discendere il gusto per la vita, per il mondo e di contro il dis-gusto è non solo fisico, ma anche di ordine morale ed estetico.
L’ “Io”, come ci dice la Héritier, non è soltanto una coscienza che pensa e agisce ma “quello che sente e percepisce secondo le leggi di un’ energia sotterranea che si rinnova continuamente”.
Le tracce emozionali degli avvenimenti che abbiamo vissuto non si dileguano, rimangono scritte nel corpo, “il ricordo si è dileguato, ma la memoria dei sensi e del corpo continua a parlare”( Héritier, il sale della vita ).
Le sensazioni del mondo esterno sono talvolta rivelatrici di espressione del Divino, cercare e trovare Dio nelle piccole cose, in eventi minimi, come mostrano le brevi poesie di Marguerite Yourcenar, nella raccolta intitolata dall’autrice “I trentatré nomi di Dio”.
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