di Sandra Collura
(luoghi)
Perché sposarsi proprio da Padre Messina?
Nessuno se lo ricorda più.
Lì, di fronte al golfo di Palermo
Lì, di fronte al mare era
il rifugio degli orfani e degli abbandonati
Li cullava il mare
il dolce mare della città spietata
che fa delle chiese stalle puzzolenti.
Erano quelli senza scarpe, dalle mandibole feroci
nonostante fossero ancora così piccoli:
le coppole sulla testa, i piedi nudi sulla terra
con gli occhi lucidi di follia e di miseria.
“L’Africa di Palermo”:
così chiamava Padre Messina
quelli della Kalsa, che non appartengono a nessuno.
Sedici figli ed uno era lui: Giovanni Messina.
Come una grande madre se li abbracciò
e ballava pure con uno dei più piccoli!
Lui con le scarpe da prete,
quello a piedi nudi.
Eppure non era dolce, era serio;
lui era uno di loro.
Li vestiva da balilla ma non erano figli della lupa,
erano suoi, erano del mare di Palermo.
Li teneva con sé, li amava con le mani aperte sulle loro spalle.
Li fece venire alla luce dalle tane della Kalsa
loro invisibili come cani vagabondi
Come topi che escono di notte.
Si sentiva un asino che trascina un altro asino
per sfamarli.
Ne fece degli uomini… forse:
tutti a tavola, nella sala bianca
dal pavimento di marmo a grandi fiori neri.
Lì, vicino al mare, nel porticciolo di Sant’Erasmo,
il mare li stava a sentire
mentre vociavano e pregavano nel refettorio.
E la madonnina sulla colonna?
A lei hanno tolto la balconata del Basile.
Ora chi se la ricorda?
Ha perso la sua nobiltà, è solo una madonnina bianca.
Stella del Mare, che tutto vedi,
tutto quello che c’è nel mare e tutto quello che c’è sulla terra,
chini il capo, anche tu senza memoria.
Nel cielo indaco del solstizio d’estate,
i gabbiani passano via in fretta,
come il tempo sulle teste dei fanciulli
mentre la luna, sposa dietro il velo, sorride.
Bellissima, sono ammirato per la grazia dei versi e commosso per ciò che dici.
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