martedì 19 novembre 2013

L'opera dei pupi

by Marco Ferrante
photo by Pippo Zimmardi

Mio nonno sapeva raccontare
e mia nonna sapeva sorridere.
Lo faceva con tutto
raccontava della guerra
della pace, dei francobolli
e del sorriso della nonna
che continuava a sorridere

Io rido. Io che non so fare niente
ho tutte le carte in regola
per ridere a tutto volume
senza essere un fuori legge
perché non so fare niente,
dopo una lunga fila d'attesa
rido di me, del nonno e della nonna,
dei sorrisi e di tutto il mondo.
Che mi guarda sconcertato
non capendo cosa ci sia da ridere
(il sorriso)

Ho paura di uscire per strada
per paura d'esser preso con il bastone
per gioco
o sbranato dai cani della città
per una cosa che era simile ad un gioco
ma che non diverte più nessuno
(di questi tempi)

La sicurezza è avere sempre un pensiero
il dover fare, il dover dire che si dovrebbe fare
quando invece poi lo so che sono ancora
disteso sul letto in penombra
mentre lo dico
è comodo. E poi fuori c'è il sole
e non ricordo dove ho messo il mio cappello

E la vergogna più grande è sapere che
si può accettare tutto
si può sopportare tutto
che accontentarsi è la norma, 
e non è la resa dei popoli
di tutti i popoli che hanno vagato per questo mondo
perché nessuno di loro
dico nessuno
(non lo so più cosa dico. Di fronte a diecimila bocche aperte davanti alla mia patetica orazione penso solamente a dio. 
E ho il dubbio che se le bocche sono aperte forse non lo sono le orecchie)
Mi rassereno,
e allora parlo di dio.

A pranzo cucinerò questo, questo e questo.
E sembra tutto molto buono
(per far crescere il mio pancino disadattato)
"Perché non andiamo al ristorante?"
chiede la mia ragazza
"non mi va."
"perché non apri a quello che sta bussando alla porta?"
"non mi va."
"perché non scopiamo un po'?"
"…non lo so se mi va."
Mi giro lentamente verso di lei 
sussurrandole "Non mi va."
ma lei non c'è già più.
Peccato. Forse mi andava.
(e adesso che me ne faccio di tutto questo cibo?)

Frank! Jouzas!
Siete proprio voi?
Dopo tutto questo tempo?
Non sono morto e voi non siete morti, e ci incontriamo qui
sotto questo cielo che brulica di cadaveri di farfalle morte
Non è meraviglioso?
Piovono squame colorate
sembrano i coriandoli di carnevale,
tanto lo sappiamo già
che non si festeggia più carnevale in questo impero
almeno da quando Arlecchino è stato impiccato,
e poi scuoiato e sviscerato, certo.
Per fortuna il suo vestito l'indossa quello che governa 
e poi lo passerà al successore sul trono
e così via nei secoli dei secoli.
(iniziano a picchiarlo)
"Perché ?" parandosi dal pugno
risponde solo il suono tozzo dell'osso che si scontra con l'osso.
"Ho capito, non siete Frank e Jouzas. Ho sbagliato, scusate, non volevo..."
Ma loro lo rassicurano. Sono proprio i suoi vecchi amici.
Solo che ora lavorano per il governo.
(continuano a picchiarlo)

Coperto di lividi si trascina verso il primo bar che sembra un film dove c'è Bogart o la storia di un italo-americano negli anni '30.
Magari assomiglia di più all'opera dei Pupi
che faranno questo sabato alla città vecchia,
tra i vicoli di via Maqueda e piazza Olivella.
Andatela a vedere, accorrete numerosi!
Sarà bellissima. Ci sarà Orlando con tutti i suoi paladini
e poi
(e poi che state a guardare la storia di un uomo?)
a nessuno piacciono le storie vere
a meno che non vengano modificate, ritoccate e presentate
come i "tratti da" la storia vera di una caccola cresciuta nel Bronx e che sognava di allevare bachi da seta in Missouri ma non trovava gli alberi giusti.
Questo alla gente piace,
soprattutto se la caccola si trasforma in un bel ragazzo con gli occhi verdi e i capelli scuri, il Bronx sembra più la succursale del Paese della Meraviglie quando passa l'uomo nero, i bachi da seta diventano appalti edilizi, oppure il mondo si trasforma in un luogo dove le redini dell'economia sono rette da imprenditori di nome JeanCrastò che vivono in Missouri, ma solo se hanno gli alberi giusti e allevano bachi da seta, perché si è scoperto che da lì si può estrarre la pozione per l'immortalità. 
Ma solo se sei cresciuto sopra il Tropico del Cancro.
Questo alla gente piace,
di questi tempi almeno.
Così resto a guardare un foglio di giornale che parla di una caccola
e mi chiedo quanto tempo ci vorrà per la metamorfosi.

Al bar chiede un frappé alla fragola.
E il barista e la gente intorno sono parecchio confusi.
Stanno pensando che se uno beve una cosa così dev'essere almeno gay
Ma poi vedono i lividi e pensano che sia roba da uomini.
E parecchio confusi e tratti dall'inganno o dell'uno o dell'altro
si concedono voli pindarici con le loro flebili menti,
"Sarà davvero per lui?"
"Sì, lo sta bevendo."
"Avrà proprietà terapeutiche?"
"I lividi sono macchie di abbronzatura" - propone uno da dietro il biliardo
"è stato picchiato perché era gay!" - risuona dal fondo del locale.
E parte il cicalio delle migliori menti della mia generazione che credono di aver scoperto l'America dirigendosi verso Lampedusa.
Scoppia un brusio di risa.
Strano, si era già detto.
Chi non sa fare niente ride.
E scoppio a ridere pure io insieme a loro.
Che fino ad ora non ho imparato niente.
Cos'altro dovrei fare?

Esco e vedo un cane che salta e che vuole giocare con me
e mi spavento
girandomi faccio un passo avanti e vedo uno storpio che viene verso di me
e mi spavento
nelle vetrine dei negozi di scarpe vedo manichini che si muovono e belle donne dalle forme sode immobili 
e sono confuso
dentro le vetrine dei negozi vedo la fine del mondo riassunta in una festa ad inviti
sulle vetrine dei negozi vedo una faccia sgomenta:
è la mia.
E mi chiedo come ho fatto a non imparare niente fino ad ora. Niente, proprio niente.
Continuo a camminare e vedo le mamme chine ad ascoltare le voci dei bambini che sussurrano piano quando parlano degli sconosciuti e non vogliono farsi notare. Anche se li indicano con il dito.
(…) 
Continuo a camminare e vedo le mamme che si tirano i figli con uno strattone
per allontanarli dagli sconosciuti.
(…)
Continuo a camminare e vedo escrementi per terra, e bambini che ci giocano e mamme intente ad usarli come escamotage pur di salvarli dalla presenza del 
(…)
Continuo a camminare e voglio la mamma. 
Una per cui io non sia uno sconosciuto.

Eccomi. Non lo sono dove sono ma sono arrivato. è questa casa mia?
(Vorrei chiedere a qualcuno se sa dove abito e può riportarmi a casa.)
Mi sono perso. Non volevo. Non abbia paura.
Le solite scuse. Sono così abituato a dovermi discolpare del mio essere me
che non mi accorgo che non c'è nessuno.
Il locale è vuoto.
Entrano un vecchio e una bambina.
Lei lo chiama "nonno" e sorride.
Ha un sorriso bellissimo.
L'uomo mi guarda
"Un bicchiere d'acqua e una coppa gelato, per favore."
Dico: "Certo, subito."
E vado dietro al bancone per cercare di capire come si fa.
Il vecchio non sembra accorgersi di me, tutto concentrato sulla bambina 
che ride e dice i nomi di mille gusti di gelato
e il nonno sorride senza fretta e le parla del sorriso della nonna.
esattamente uguale al suo.

In un attimo capisco qualcosa, una di quelle cose che spero di non dimenticare dopo qualche ora 
come tutto il resto.

Sgrano gli occhi 

Lo spavento più grande
di sapere di non saper più raccontare
di non sapere far altro che 
"…"
Aprire le porte del destino
per esser messo al corrente
di ciò che non so,
per scoprire
che guarderò i figli 
e i figli dei miei figli
(silenzio)

Ho paura
Chino la testa.
Gli voglio bene, è casa mia. 

Servo al tavolo.

"Prego" - dico al vecchio sorridendo alla bambina.
Porto l'acqua e la coppa gelato.

Prego.


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