di Valentina Sechi
Se attualmente un intervento armato da parte della Comunità internazionale guidato dagli USA appare scongiurato, una soluzione politica al problema si rende necessaria. Secondo il Ministro della difesa italiano Mauro, “il deflagrare del conflitto siriano può costituire un incendio non solo per la regione medio orientale ma per il mondo intero”. Di concorde parare il Segretario generale dell'ONU Ban Ki-Moon per il quale “un'azione militare avventata potrebbe avere serie conseguenze e generare ulteriori violenze settarie. Che la situazione abbia bisogno di uscire dall'impasse in cui si trova è chiaro a tutti: più a lungo si esita, più l'opposizione al Presidente Assad si disgrega, più si rischia di trasformare il conflitto in una guerra che potrebbe estendersi a Iraq, Libano, Giordania e Turchia.
E' doveroso segnalare le
conquiste ottenute dal G20 di San
Pietroburgo e dal vertice di Ginevra.
Dal G20 sono emersi 2 schieramenti: Russia con India, Cina, Brasile,
Indonesia e Sudafrica per l'opzione politica, USA con Turchia, Canada, Arabia
Saudita e Francia per quella armata. Durante il vertice si è raggiunto un
accordo Usa-Russia sullo smantellamento del presunto arsenale chimico siriano
in virtù del quale Assad si impegna a consegnare una lista delle armi chimiche
in suo possesso e a concedere l'accesso agli ispettori delle Nu a seguito
dell'utilizzo di gas sarin nel Paese.
Il compromesso è però parziale in quanto Mosca porrà il veto su
qualunque risoluzione in seno al Consiglio di sicurezza delle NU implichi l'uso
della forza. Proprio quest'ultima è la vera sorpresa. Il capolavoro di
diplomazia operato da Putin è notevole: ha convinto il Regno unito a ritirarsi
mettendo con le spalle al muro gli Usa e pensa di gestire la transizione del
governo siriano garantendo ad Assad l'entrata in Russia dopo l'esilio e
sostituendolo con una personalità scelta tra la dirigenza alawita e gradita
agli USA.
La potenza gioca un ruolo fondamentale nei delicati
equilibri che coinvolgono il Medio Oriente. Il presunto attacco chimico
legittimerebbe una reazione che permetterebbe di decidere chi rimpiazzerà il
Presidente siriano. Pur affermando che l'America non può determinare il futuro di Nazioni come
l'Egitto o la Siria, Obama ha paventato
gravi conseguenze a seguito dell'utilizzo di armi chimiche e se non
vuole essere ignorato deve agire. Avrebbe potuto farlo in passato, armando i
ribelli o istituendo una no-fly zone ma sa che qualsiasi decisione lo espone a
un rischio poichè se bombarda potrebbe scatenare un conflitto su larga scala e
se non fa nulla rischia la sua credibilità sul piano internazionale; l'intransigenza di Assad che sarebbe
preparato alla distruzione della società siriana prima dell'esilio forzato,
costituisce un deterrente non indifferente oltre al timone dell'aggravamento
della crisi umanitaria che destabilizzerebbe ulteriormente la regione.
Attorno alle due superpotenze
gravitano poi gli altri Stati a partire dalla Cina. Il governo di Pechino ha
affermato che studierà con attenzione il rapporto inviato dagli ispettori Onu
ma ha schierato una flotta nel Mediterraneo. La Germania ha offerto aiuto
tecnico e finanziario per distruggere le armi chimiche, la Francia attende le
votazioni del Congresso Usa mentre l'Italia non intende partecipare ad alcuna
missione senza mandato Onu. Una
soluzione pacifica comporterebbe il controllo internazionale delle armi
chimiche, il venir meno delle giustificazioni all'aggressione la prosecuzione
degli sforzi diplomatici nel solco tracciato dai sopraccitati vertici.
La prospettiva interventista
parte da altre considerazioni, secondo il giornalista Seymour Hersh, gli USA starebbero cercando di riaffermare la
propria influenza nel Medio Oriente dopo la disastrosa invasione dell'Iraq,
incoraggiando i conflitti per incolpare il governo siriano e ottenere un
mandato Nato. Si verrebbero a creare due coalizioni: fratellanza musulmana
siriana, al Qaeda e gruppi islamici, Stati del Golfo e Turchia contro alawiti,
Hezbollah, Iran e Iraq più il Kurdistan iracheno che ha annunciato un'eventuale
azione per proteggere i curdi insediati nel Nord della Siria. Scenderebbero poi
in campo Russia e Cina pro-Assad contro Usa, Francia, Israele e Turchia e
Arabia Saudita a cui probabilmente seguirebbe l'ingresso delle altre potenze
europee. In questo scenario l'escalation mondiale del conflitto sarebbe
assicurata e avrebbe come corollario insurrezioni in Africa e migrazioni.
Lo scenario, se una delle parti
si irrigidisse troppo, non sarebbe quello di una seconda guerra fredda sul
fronte mediorientale ma di una vera e propria terza guerra mondiale in cui la
validità di accordi internazionali e multilaterali sarebbe in pericolo se i
paesi del medio oriente rinnegassero obbligazioni assunte nel contesto di
accordi multilaterali come il trattato di non proliferazione nucleare e gli usa
avvisano che “se la diplomazia fallisce agiremo” e “ogni accordo deve essere
verificabile”. Ulteriori tensioni
riguardano la paternità degli attacchi col gas che per la Russia sono una
provocazione dei ribelli e per 11 Stati tra cui Italia, Corea
del Nord, Giappone e Arabia Saudita del regime.
Ammonisce il ministro
degli Esteri siriano maqdad che francia
e regno unito hanno aiutato i terroristi ad usare le armi chimiche e
quelli le useranno contro l'europa
e ha dichiarato di aver presentato prove a sostegno delle sue affermazioni agli
ispettori onu nonostante il consigliere per la sicurezza nazionale USA Susan Rice smentisca asserendo che
il rapporto Onu dimostra il
coinvolgimento del regime.
Tutti gli scenari sono possibili ed entrambe le vie
percorribili comporterebbero dei cambiamenti notevoli. C'è solo da aspettarsi
che i governanti agiscano con responsabilità e rispetto in un mondo governato
da gelosie e sete di potere.
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