di Vita Fabbro
foto by Pippo Zimmardi
Spenta negli sguardi
Senza riso nè ornamento
Chiuse la notte le bocche
E bagnati di sangue
di altro sangue si lavarono
Di fango fino al collo
Come chi con fango si lava
Anima riarsa di sete
Voce senza gola
Sprofondata chiese Sibilla
A un fanciullo che gioca
Dove fosse il sole
Ma la terra tagliata dal cielo
Era narici senza fiato
La veglia ai più
Tradì quei tralci
Dalla polvere trascinati
Il soffio delle anime
Annusò il lago della terra
Scura inghiottiva il giorno
Nessuno era mai tornato
Dimenticate le vite
Le strade nessuna percorsa
Destini di morte partorirono dalle narici
Germogliarono nascosti
Così si dilatò un’umida anima
Piansero di ogni goccia d’acqua
Afferrati alla terra
Vissero il lento dimenticare
Forgiarono nel sangue
Come il più bello dei mondi
Invero non conoscevano inganno
Nulla guarì la notte
Bellissima poesia. Un po' ricorda Ungaretti, un po' la ricchezza barocca e lussureggiante di molti ispanici. sorprendente per lo straniamento e mutamento continuo di immagini e sfere sensoriali.
RispondiEliminaChi sei, poetessa?
Enzo Barone
salverei l'ultimo verso
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