giovedì 9 giugno 2011

Glaucopide


di Enzo Barone

Il silenzio
era lo spartito necessario
della tua essenza di donna,
ma credi era falso
l’amico che diceva, stilnovista,
il sole oscurarsi alla tua vista.

A mille miglia da allora
rovisto nell’astrazione
nella quale soltanto
dovresti manifestarti
alle umane fatiche
o Glaucopide,
rovisto
tra le parole amiche
che non voglio presto spetalite
o che divengano rari papaveri di campo,
rovisto tra
parole che non so
se mai furono carne della mia.

Siano sostanziali a questi etiliche idiozie
verdi, soavi, precarie sere equinoziali
irredente d’una antichissima passione
in quest’aria che si è fatta incanto
nel mistero delle zagare,
tra braccia tragiche di ulivi saraceni.

Davvero ecco che in quest’istante
potrei attendermi
che da un attimo all’altro
venga strappata,
Glaucopide,
o rapita in un unico segno
nel cielo metafisico degli inquitanti contemplatori.

Anche l’indifferenza di sparviero,
ineffabile nel volo,
traccia nel cielo
rotte già solcate
da anatre migranti
al tepore.

1 commento:

  1. versi originali, talora si sente un po' montale (ma è inevitabile, imho), anche l'idea degli "occhi scintillanti" mi piace...
    ennio

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