di Francesca Saieva
(photo by Francesca Saieva)
Sempre difficile scegliere oggi tra i temi all'ordine del giorno, specialmente poi se il momento storico è intenso, fervido come quello che stiamo vivendo, mentre il vento continua a soffiare anche in questo fine-primavera in attesa dei suoi frutti. Perché si sa che quando cambia il vento c’è sempre del nuovo in arrivo… (d’altronde se non fosse cambiato il vento in casa Banks non sarebbe arrivata Mary Poppins!)
Questa volta a Milano è arrivato Pisapia e a Napoli De Magistris. Certo è difficile riscontrare nei neo-sindaci una qualche lontanissima somiglianza con la tata disneyana più famosa del mondo, ma il loro arrivo è la risposta a un’emergenza, al richiamo delle piazze italiane, al grido di chi non rimane indifferente perché sa bene che "dai diamanti non nasce niente”.
Perché le metafore sono vitali in letteratura quanto in politica; in un certo senso riducono la distanza tra privato e pubblico o per lo meno la percezione che si ha di essi; queste incidono insomma sull’immaginario e sul senso collettivo, tanto che l’idea di un ‘giardinaggio politico’ in termini di giardinaggio planetario può trovare (se non con facilità) i suoi ‘adepti-giardinieri’ e ‘universali davanzali’ da coltivare; balconi e davanzali in bella vista dunque per una terapia d’urto contro il peso morto della storia, gramscianamente inteso come indifferenza. Perché l’indifferenza nel suo ‘non essere’ fa le sue vittime.
Certo c’è da chiedersi: si può pensare a una storia ‘depurata’? Forse solo ottimisticamente, in realtà non penso possa esservi storia senza i suoi 'pesi morti'; su questi, infatti, si basa il superamento e il benefico-conflitto; insomma credo nei ‘cicli d’essere’, in quei ‘giardini in movimento’, una sorta di Terzo paesaggio metafora del Terzo stato così descrittoci da Gilles Clément (ripreso anche da Serena Dandini in Dai diamanti non nasce niente) “Propongo di chiamare Terzo paesaggio l’insieme dei territori sottratti all’azione umana, il terreno di rifugio della diversità respinta dagli spazi dominati dall’uomo. […] Il Terzo paesaggio rinvia a Terzo stato (e non a Terzo Mondo). Uno spazio che non esprime né il potere né la sottomissione al potere” ma che sa bene quanto sia in suo potere la resistenza vegetale. Perché se il mondo è una grande macchina, è auspicabile che la macchina economica non ne incenerisca gli ingranaggi naturali: l’economia non deve contrapporsi alle leggi della natura! Una sorta, a mio avviso, di ‘meccanicismo’ rivisitato ‘naturalistico-sociologico’ (una provocazione o una contraddizione, dal momento che i rapporti tra struttura e sovrastruttura permangono?), la cui macchina e le sue componenti ‘organiche’ cooperino al senso civico che ogni collettività richiede. Che il referendum, dunque, non sia proprio il punto da cui ripartire?
Forse è davvero tutto racchiuso in un’unica grande metafora, poco importa che le parole “dai diamanti non nasce niente” siano uguali, siano le stesse (in fondo devono esserlo perché esprimano sempre la stessa cosa, un medesimo concetto universale) in Via del campo di De André, nel libro della Dandini e così pure nell’omonima fiaba di Bruno Tognolini ( http://www.brunotognolini.com/unita/11-05-16B.pdf ) a ricordarci che “niente è irrimediabile, vecchio compagno”.
Buon lavoro a tutti! Nuove 'piantagioni' ci attendono.
Questa volta a Milano è arrivato Pisapia e a Napoli De Magistris. Certo è difficile riscontrare nei neo-sindaci una qualche lontanissima somiglianza con la tata disneyana più famosa del mondo, ma il loro arrivo è la risposta a un’emergenza, al richiamo delle piazze italiane, al grido di chi non rimane indifferente perché sa bene che "dai diamanti non nasce niente”.
Perché le metafore sono vitali in letteratura quanto in politica; in un certo senso riducono la distanza tra privato e pubblico o per lo meno la percezione che si ha di essi; queste incidono insomma sull’immaginario e sul senso collettivo, tanto che l’idea di un ‘giardinaggio politico’ in termini di giardinaggio planetario può trovare (se non con facilità) i suoi ‘adepti-giardinieri’ e ‘universali davanzali’ da coltivare; balconi e davanzali in bella vista dunque per una terapia d’urto contro il peso morto della storia, gramscianamente inteso come indifferenza. Perché l’indifferenza nel suo ‘non essere’ fa le sue vittime.
Certo c’è da chiedersi: si può pensare a una storia ‘depurata’? Forse solo ottimisticamente, in realtà non penso possa esservi storia senza i suoi 'pesi morti'; su questi, infatti, si basa il superamento e il benefico-conflitto; insomma credo nei ‘cicli d’essere’, in quei ‘giardini in movimento’, una sorta di Terzo paesaggio metafora del Terzo stato così descrittoci da Gilles Clément (ripreso anche da Serena Dandini in Dai diamanti non nasce niente) “Propongo di chiamare Terzo paesaggio l’insieme dei territori sottratti all’azione umana, il terreno di rifugio della diversità respinta dagli spazi dominati dall’uomo. […] Il Terzo paesaggio rinvia a Terzo stato (e non a Terzo Mondo). Uno spazio che non esprime né il potere né la sottomissione al potere” ma che sa bene quanto sia in suo potere la resistenza vegetale. Perché se il mondo è una grande macchina, è auspicabile che la macchina economica non ne incenerisca gli ingranaggi naturali: l’economia non deve contrapporsi alle leggi della natura! Una sorta, a mio avviso, di ‘meccanicismo’ rivisitato ‘naturalistico-sociologico’ (una provocazione o una contraddizione, dal momento che i rapporti tra struttura e sovrastruttura permangono?), la cui macchina e le sue componenti ‘organiche’ cooperino al senso civico che ogni collettività richiede. Che il referendum, dunque, non sia proprio il punto da cui ripartire?
Forse è davvero tutto racchiuso in un’unica grande metafora, poco importa che le parole “dai diamanti non nasce niente” siano uguali, siano le stesse (in fondo devono esserlo perché esprimano sempre la stessa cosa, un medesimo concetto universale) in Via del campo di De André, nel libro della Dandini e così pure nell’omonima fiaba di Bruno Tognolini ( http://www.brunotognolini.com/unita/11-05-16B.pdf ) a ricordarci che “niente è irrimediabile, vecchio compagno”.
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