Esiste il buio perché si guardino le stelle,
mi disse un giorno il saggio guardiano del tempo.
Mi spiava spogliarmi delle parole di faustiani tecnologici slanci,
arrossiva allo scalpitio della mia lotta vana,
sorrideva del mio animo vecchio più dello scoglio ubriaco ed eterno smussato dal vento.
Non c’è spazio per me nel mondo del facile avvenire,
del lavorare fai-da-te, dell’autonomo tirar su i mobili in finto legno con il libretto delle istruzioni,
del sorriso di cortesia devoluto generosamente all’austera quieta socialità garantita,
del fare esperienze all’estero per sentirsi meno colpevoli d’esser qui-ed-ora.
Sono sola nel tempo, e nella notte e nelle stelle navigo impazzita
Con la mia macchina costosa insabbiata dalla pioggia sporca
Nella nube di smog che m’avvolge e mi penetra le guance,
e le gambe cedendo alla solare solitaria quotidianità.
Ho perso il senso del mio sgambettare in cerca d’un senso,
tra un fallimento immenso ed i miei lievi minuscoli bagliori,
come lucciole nel buio precipitare, come aspettando qualcosa,
qualcuno, Godot, o il mio dio invecchiato e smunto, il lasciapassare
per questo assurdo strepitio del mondo.
E' una lirica riuscita con degli squarci di vera ispirazione (sono belli i versi ambiguamente persi nel non senso nel corpo del periodo come per esempio "il lasciapassare per questo assurdo strepitio del mondo").
RispondiEliminaProbabilmente questa forma di poesia "parlata", prosaicizzata è la tua forma di poetare ed è per me, che come sai cerco forme letterarie nuove, una bella strada aperta.
Un'altra cosa: probabilmente la brevità ti giova: forse dovresti lavorare a sottrarre.
Complimenti
Ciao