sabato 28 febbraio 2015

Arte mia



di Daniela Palumbo
 

Questa mia arte

instancabile,

questa che chiamano l’arte mia,

è come il mestiere antico

dell’acconciatore:

lesto,

assiduamente intento

ad intrecciare,

e a dipanare

fili sfuggenti e ribelli,

nodi ostinati e ottusi,

lenti a imbiancare nel tempo

al raggio della luna.

 

È come il mesto lavorio,

questo mio lavoro,

del triste precettore,

ospite e servo nelle dimore altrui,

presso le anime acerbe di chi

non ha ancora vissuto.

O come il vizio impietoso

del giocatore oscuro;

solfeggiatore del nulla

tra pause, intervalli,

e interminabili attese

dispensate, come false benedizioni,

dal sordo movimento delle mani sue.

 

 È come sono io,

questa mia arte;

mastro, profeta,

rabdomante

del sonno e del silenzio,

giù fino al fondo del pozzo,

questo lavoro vanamente immondo

e clandestino,

si spegnerà con me.

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