di Daniela Palumbo
Caro Presidente,
sono un’insegnante e una
scrittrice, non ancora nota. Ma stasera sono solo una mamma che aiuta la
propria bambina a fare i compiti d’italiano. Tra questi, la stesura di una
lettera, dal tono diretto e colloquiale, al Presidente della nostra Repubblica,
sul modello di quelle scritte dai bambini americani nel 2008, indirizzate a
Barack Obama all’indomani delle elezioni negli U. S. A.
Non aveva molte idee,
mia figlia, da trasferire sul foglio di quaderno, a righe. Dunque ho pensato di
suggerirgliene alcune, che però le sono sembrate poco “adeguate” (per usare un
eufemismo), essendo prioritario e vitale per lei, all’epoca attuale, non
apparire troppo “fantasiosa” agli occhi dei suoi coetanei e compagni di classe.
Scartate dunque, ad una ad una, le idee di mamma; messe al bando. Anche perché
i figli, si sa, si pregiano di contraddire in tutto (o quasi) i propri genitori
e amano distanziarsi da essi, da ciò che questi fanno o “predicano”, quasi si
trattasse di una Dichiarazione d’Indipendenza, più o meno legittima. Pazienza.
A questo punto, colgo
l’occasione, in questa sede domestica, per mettere in pratica ciò che da sempre
ho desiderato fare, sin da quando frequentavo la quarta o la quinta elementare
e qualcuno mi disse che al Presidente della Repubblica chiunque avrebbe potuto
scrivere, e senza affrancare la busta! Mi affascinava, il solo pensiero di
quella lettera “franca”, di quel lasciapassare valido su tutti i treni, su
tutte le strade, di quell’orecchio di Dioniso a cui potevano giungere tutte le
voci, ma non la scrissi mai. Lo faccio adesso, anche se può sembrare lievemente
anacronistico: sarà come tornare ai tempi del gioco e dell’infanzia; sarà un
po’ come scrivere a Babbo Natale! Con tutto il rispetto …
Orgogliosa
di un Presidente mio concittadino, lo sono (e lo è pure mia figlia, ne sono
certa, sebbene al momento faccia la “difficile”); innamorata della mia terra, e
del luogo che mi ha dato i natali, anche. Malgrado tutto.
Probabilmente
troppo giovane per comprendere e condividere l’amor patrio, la figliola; un po’
troppo disillusa per nutrire certe speranze, la madre, forse. Tuttavia, né
l’una né l’altra hanno perduto la voglia, il desiderio di credere e di tentare,
questo sì, posso testimoniarlo in prima persona.
“Scrivi
al Presidente della Repubblica esprimendogli suggerimenti o consigli”, recita
il testo della consegna, sul libro di scuola della mia primogenita, che stasera
io faccio mio, per scelta.
Ebbene,
non ho consigli per Lei, né suggerimenti da darLe, caro Presidente (dato che
non m’intendo di politica più di quanto non m’intenda di chimica o di
trigonometria), se non quello di aiutarci a cambiare, per il bene. Cambiare il
“mondo”? No di certo. Cambiare il “modo”, basterebbe anche solo questo; il modo
di pensare di tanti giovani o giovanissimi italiani, figli nostri e di questo
Paese; figli voluti, figli che abbiamo cullato, e cresciuto con cura,
raccontando loro del lupo e l’agnello, o della cicala e la formica, di avide
volpi, di sciocche rane, ma anche di principesse dal sangue blu e di fate,
turchine come il nostro bel mare, di falconi gentili, di cavalieri senza
macchia e senza paura... Cambiare il modo di pensare, di pensare alla vita, di
tanti figli di questa nostra Madre Patria, questo sì. Che quando domandi loro: -
che richiesta faresti, se potessi, al nostro Presidente, per te, e per l’Italia?
- li senti rispondere, con tono spudoratamente vivace condito da una punta di
amarezza: niente! tanto poi, io me ne vado!
Con
stima e affetto.
Una
mamma
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