venerdì 13 febbraio 2015

Caro Presidente

di Daniela Palumbo

Caro Presidente,
sono un’insegnante e una scrittrice, non ancora nota. Ma stasera sono solo una mamma che aiuta la propria bambina a fare i compiti d’italiano. Tra questi, la stesura di una lettera, dal tono diretto e colloquiale, al Presidente della nostra Repubblica, sul modello di quelle scritte dai bambini americani nel 2008, indirizzate a Barack Obama all’indomani delle elezioni negli U. S. A.


Non aveva molte idee, mia figlia, da trasferire sul foglio di quaderno, a righe. Dunque ho pensato di suggerirgliene alcune, che però le sono sembrate poco “adeguate” (per usare un eufemismo), essendo prioritario e vitale per lei, all’epoca attuale, non apparire troppo “fantasiosa” agli occhi dei suoi coetanei e compagni di classe. Scartate dunque, ad una ad una, le idee di mamma; messe al bando. Anche perché i figli, si sa, si pregiano di contraddire in tutto (o quasi) i propri genitori e amano distanziarsi da essi, da ciò che questi fanno o “predicano”, quasi si trattasse di una Dichiarazione d’Indipendenza, più o meno legittima. Pazienza.

A questo punto, colgo l’occasione, in questa sede domestica, per mettere in pratica ciò che da sempre ho desiderato fare, sin da quando frequentavo la quarta o la quinta elementare e qualcuno mi disse che al Presidente della Repubblica chiunque avrebbe potuto scrivere, e senza affrancare la busta! Mi affascinava, il solo pensiero di quella lettera “franca”, di quel lasciapassare valido su tutti i treni, su tutte le strade, di quell’orecchio di Dioniso a cui potevano giungere tutte le voci, ma non la scrissi mai. Lo faccio adesso, anche se può sembrare lievemente anacronistico: sarà come tornare ai tempi del gioco e dell’infanzia; sarà un po’ come scrivere a Babbo Natale! Con tutto il rispetto …

Orgogliosa di un Presidente mio concittadino, lo sono (e lo è pure mia figlia, ne sono certa, sebbene al momento faccia la “difficile”); innamorata della mia terra, e del luogo che mi ha dato i natali, anche. Malgrado tutto.

Probabilmente troppo giovane per comprendere e condividere l’amor patrio, la figliola; un po’ troppo disillusa per nutrire certe speranze, la madre, forse. Tuttavia, né l’una né l’altra hanno perduto la voglia, il desiderio di credere e di tentare, questo sì, posso testimoniarlo in prima persona.

“Scrivi al Presidente della Repubblica esprimendogli suggerimenti o consigli”, recita il testo della consegna, sul libro di scuola della mia primogenita, che stasera io faccio mio, per scelta.

Ebbene, non ho consigli per Lei, né suggerimenti da darLe, caro Presidente (dato che non m’intendo di politica più di quanto non m’intenda di chimica o di trigonometria), se non quello di aiutarci a cambiare, per il bene. Cambiare il “mondo”? No di certo. Cambiare il “modo”, basterebbe anche solo questo; il modo di pensare di tanti giovani o giovanissimi italiani, figli nostri e di questo Paese; figli voluti, figli che abbiamo cullato, e cresciuto con cura, raccontando loro del lupo e l’agnello, o della cicala e la formica, di avide volpi, di sciocche rane, ma anche di principesse dal sangue blu e di fate, turchine come il nostro bel mare, di falconi gentili, di cavalieri senza macchia e senza paura... Cambiare il modo di pensare, di pensare alla vita, di tanti figli di questa nostra Madre Patria, questo sì. Che quando domandi loro: - che richiesta faresti, se potessi, al nostro Presidente, per te, e per l’Italia? - li senti rispondere, con tono spudoratamente vivace condito da una punta di amarezza: niente! tanto poi, io me ne vado!

 

Con stima e affetto.

Una mamma

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