sabato 29 settembre 2012

Il disegnatore


di Francesco Scrima

   Io disegno i sentimenti della gente.
   Io disegno le emozioni.
   No, non mi ritengo un artista: né pittore né fumettista. Solo una mano che dà forma, su di un foglio bianco, alle tracce che ci portiamo dentro, al mondo invisibile dell’anima, alle ombre che chiedono luce.



   Ho cominciato da bambino a creare figure fuori di me – le dita a muoversi rapide su qualsiasi superficie, prolungamento ossessivo della mente. Nel mio mondo di adolescente, non c’era posto per le parole, per i gesti, per quello che si dice il contatto fisico con gli altri; bastavano i segni, bastavano i colori, le immagini, a riempire i vuoti.
   Probabilmente mi ha aiutato l’assenza dei genitori, che non ho mai conosciuto, o di altre figure autoriali e/o affettive, che mi hanno abbandonato dopo i primi anni di vita – periodo fluttuante in una caligine informe ed incolore.
   Sono cresciuto solo, con l’aiuto di una piccola rendita annuale, lasciatami in dono da chissà chi, alla nascita, che mi ha permesso e mi permette di avere con me sempre e solo quello che mi serve: i miei fogli bianchi, le mie matite colorate o nerofumo, una piccola stanza in una piccola casa ch’è il mio regno (qualcuno direbbe il “laboratorio creativo”). Non ho bisogno d’altro, e, in qualche modo che non saprei spiegare se non disegnandolo, sono felice.

 

2

 

   C’è un colore per ogni emozione. Una forma per ogni sentimento.
   Riempio di rosso carminio lo sguardo d’amore lanciato da quella finestra ad un suo sogno lontano; cospargo di cobalto e di croco le linee all’orizzonte lunghe e tiepide come il sorriso dei bimbi alle proprie madri; è colore d’avorio il dolore che sovrasta la città in cui vivo, quando muore ogni speranza; d’ebano l’urlo che nessuno ascolta.
   Se tutto ciò che è astratto potesse ridursi ad una forma piena o vuota di colore, forse non ne avremmo paura, forse potremmo accettarlo o avvicinarlo ai nostri cuori. Anche le ombre hanno un loro disegno, ma sono tutte dello stesso colore opaco.
   Io disegno solo ombre colorate, perché da me – dentro di me – le proietto in un mondo che non esiste, che sono io a immaginare, e, quando le vedo tutte fuori di me, le riconosco, le posso dominare.
   A volte i miei disegni sono i desideri che non riesco a dire – che so, un cibo che mi attrae, un amore che non so trovare -, altre sono i pensieri della gente che osservo, le parole che non trovano espressione, la vita che si cancella da se stessa.
   In fondo, è facile indovinare quello che ciascuno porta nascosto in sé; almeno, per me lo è. Lo sento, lo vedo, lo fiuto attraverso gli sguardi, i gesti, le espressioni dei volti, i silenzi, anche – come fossero l’estasi dell’universo.

   È la Storia che nessuno leggerà mai.

   Sono le azioni di chi passa e non lascia tracce dietro di sé.
   È bello muoversi nella storia degli altri con una matita in mano – lo scettro del mio povero grande potere! -, essere come un dio creatore e onnipotente, arbitro di un destino che non si compirà se non sul foglio di carta: no, non prendetemi per pazzo. Non c’è mai follia nel vero amore. Solo un timido, innocente delirio, che la solitudine si porta a spasso con sé.
3

 

   Sapete, oggi ho trent’anni ed un’infinita voglia di vivere.

   Non mi spaventa la morte, la fine di ogni cosa, ma è che non ho mai imparato a disegnarla. Non trovo le linee giuste, i colori adeguati.
   In astratto, la morte non esiste.
   Siamo noi a crearla, specialmente quando smettiamo di amare. Se amassimo di più, non esisterebbe neppure l’idea della morte, perché la fine di ognuno di noi coinciderebbe con la fine della possibilità di amare, ed allora penseremmo soltanto a vivere quanto più è possibile. Insomma, non ci accorgeremmo neppure di essere vicini alla morte, quando giungesse quel momento.
   Ma, purtroppo, non è così.
   Se un male esiste fuori di noi, esso è l’assenza di luce, il vuoto delle forme.
   Eppure, in tutti questi anni, non c’è mai stata una donna al mio fianco.
   Ho disegnato tutte le donne possibili – alte, basse, grasse, magre, miti ed aggressive -, ma nessuna di loro era pronta a spiccare il volo, dal foglio bianco, per raggiungermi.
   Io non so parlare alle donne. Non conosco le parole che servirebbero a scaldare il loro animo, i gesti del corteggiamento, le azioni necessarie alla conquista o all’essere conquistati.
   È strano: credo di sapere cosa significhi amare, e sono capace di disegnare le emozioni che nascono con l’innamoramento – celeste, celeste cristallo, e poi la purezza del bianco, e ancora il rosa dell’aurora che vira all’arancio e si fa specchio, imporporando le gote di venere e rendendo pallide quelle del supino marte -, e tuttavia, davanti ad uno sguardo rivolto a me, soltanto a me, resto paralizzato, mi si contraggono le dita.
   È stato così. Solo che, prima, non ne soffrivo affatto. L’ho già detto: avevo quello che volevo, credevo di essere felice. Ma è così? Si può essere felici proiettando se stessi su di un foglio accogliente e generoso?
   Può esistere la felicità nella solitudine?


4

 
   Quando vidi Desideria per la prima volta, restai colpito dalla luminosità che si muoveva dal suo volto, riempiendo di sé gli spazi circostanti. Non riuscivo a disegnarla. Nessun colore, nessuna sfumatura, riusciva a catturare quella luce.
   In me crebbe allora un tormento che non conoscevo: non era la febbre dell’innamoramento; era qualcosa di più forte, di più totale. Era come se la mia semplice arte, vissuta sempre fra cervello e cuore, e poi affidata alle dita della mano, avesse cominciato a viaggiare fuori di me, in uno spazio nuovo, fatto di realtà, di cose vive, di quei sensi che non sembravano ora più assopiti come prima.
   Desideria aveva notato i miei vani sforzi di disegnarla. Si fermava spesso a guardarmi, a guardare i miei tentativi di fissarla sul foglio bianco per starle vicino, per averla tutta per me,  e la sua luce, che pure di quei fallimenti era causa, si posava sul mio sguardo accarezzandolo, consolandolo, eliminando da esso ogni delusione – ogni sconfitta.
   Fu così che cominciammo a parlare.

   M’invitò a passeggiare con lei, e per la prima volta, da quando potevo ricordare, io abbandonai le mie matite e i miei fogli per seguirla.
   Iniziai ad imparare le parole dell’amore, a ripetere quei gesti che in passato avevo solo riprodotto, a sentire le mie emozioni sulla pelle, finché un giorno mi capitò la più intensa delle sensazioni, quando le labbra di Desideria incontrarono le mie e, in un solo istante divino, ne assaporai l’umore e il gusto e il calore – come tutti insieme i colori dell’arcobaleno.


5

    A partire da un certo giorno di chissà quanto tempo dopo, nessuno vide più il nostro disegnatore. E neppure la sua amata Desideria.
   La gente che l’aveva conosciuto, che l’aveva visto perennemente alle prese coi suoi colori, coi suoi volanti fogli bianchi, sempre pronto a spiare gentilmente la vita che ognuno di loro conduceva, attese invano che uscisse di casa o che  mostrasse, alla finestra, il suo volto fanciullesco.

   Dapprima, tutti pensarono ad un viaggio, o ad una malattia che lo trattenesse a casa. Poi, però, ci si accorse che anche la bella fanciulla, che passava ogni giorno di là, era, per così dire, sparita.
   Che fare? Molti cominciarono a temere una disgrazia.
   Fu così che un vicino – più audace degli altri, o più sollecito – decise di entrare nella casa del disegnatore.
   Si arrampicò su un albero, i cui rami si spingevano fino all’unica finestra di quella piccola casa, ruppe il vetro e, con un po’ di fatica, riuscì ad entrare.
  Tutti, fuori, stavano col fiato sospeso.
   Passò un quarto d’ora, poi mezz’ora, e finalmente il vicino coraggioso venne fuori. In mano, reggeva un enorme foglio da disegno, e tutti si accorsero dei suoi occhi velati di pianto.
   E allora? cosa aveva visto, dentro? Per caso il nostro disegnatore era morto? e la fanciulla con lui (c’era chi giurava di averla vista entrare in casa con lui prima della sparizione)? Era per questo che piangeva?
   Fu quando mostrò il foglio che quella commozione s’impadronì di tutti.
   Vi era disegnato, con i colori più vivi che mai fossero stati usati, il disegnatore che abbracciava felice la sua Desideria, conducendola, in un magico volo, lungo le infinite strade del cielo.

 

 

10 commenti:

  1. Che storia bellissima, ho i brividi! Complimenti, il disegnatore e Desideria mi sono entrati dentro, ed ormai fanno perfino parte di me...! Racconto magico, bravissimo!

    Tiziana

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  2. Nelle mani del disegnatore c'è la storia di tutti noi. Grazie per le tue parole.
    Francesco

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  3. Penso che questo racconto sia una bellissima dichiarazione d'amore... Il disegnatore non è sparito agli occhi di tutti, ma solo a quelli di chi non conosce l'amore!

    Almachilde

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    1. Il disegnatore ha conosciuto ciò che solo ci resta per essere eterni. Ha superato in volo i confini del mondo che pensiamo di conoscere. Ha posto in essere tutto il potenziale d'amore che ci lasciamo dietro ogni giorno. Grazie per le Sue parole.
      Francesco

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  4. "È la Storia che nessuno leggerà mai.Sono le azioni di chi passa e non lascia tracce dietro di sé."La storia di chi colora le vite della gente,la storia del disegnatore è bianca,come un foglio vuoto,un foglio da colorare.Ma c'è spazio nella vita del disegnatore per i colori?Spero di si,questo è quello che riesco a vedere:i colori.I colori che riesce a vivere il disegnatore hanno il nome di Desideria,sono colori da vivere non possono essere disegnati,sono i colori di chi con l'amore vive il cielo,conosce la luce.Il disegnatore e Desideria sono diventati i colori del loro disegno.Storia di baci vissuti color arcobaleno,storia di chi ha lasciato un gran segno.Grazie per aver lasciato il segno,grazie per questi colori invisibili agli occhi.
    Giulia

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    1. Cara Giulia, quando comprendo che le mie storie sognate continuano nelle storie di chi le fa sue in modo così intenso, la mia tavolozza nascosta si riempie di colori sempre più vivi.
      Grazie a te per i colori che mi regali con le tue parole.
      Francesco

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  5. La morte che non fa morire, piuttosto apice della felicità estrema. Ecco quel che ho letto, facendo mio il tuo racconto. Quell'appuntamento a cui nessuno di noi può mancare, diventa vita e espressione massima di tutti i colori possibili, racchiusi nell'ultimo disegno del disegnatore. Il più bel regalo che potevi farci: la speranza di un cammino che mai finirà, abbracciati per sempre al nostro amore.
    Ne voglio subito un altro
    Mariella

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    1. Finchè ci saranno colori per le nostre anime, esse continueranno a diventare nuove parole.
      Francesco

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  6. Continui ancora a disegnare questa Spoon River di personaggi così vicini e lontani da noi, figure di sogno e concreta meraviglia.

    Black Swan

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    1. Masters però dà voce ai morti. Io preferisco i vivi che non sanno cos'è morire. ciao.
      Francesco

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