giovedì 28 aprile 2011

Giappone: responsabilità e destino



di Francesca Saieva
(photo by Guido Monte)

A più di un mese dai fatti di Fukushima continua la ‘querelle’ sul nucleare. Il flash-mob pro-referendum, tenutosi il 26 aprile a piazza San Marco a Venezia, sembra confermarcelo, o quanto meno sensibilizzare alla questione: il nucleare è il futuro del mondo? Quanto può incidere sulle catastrofi ambientali? E quante di queste sono determinate dal caso o dall’impronta umana? Forse solo chi ha vissuto in prima persona la tragedia di Fukushima può dare una chiave di lettura più esaustiva al problema.

La riflessione di una donna giapponese, Kazue Daikoku (scrittrice ed editor del Web Press Happa-No Kofu), scritta e pubblicata il 25 aprile 2011 per la rivista americana “Swans Commentary” (http://www.swans.com/library/art17/kazue01.html ) è un invito a considerare i rischi di politiche economiche senza garanzie ambientaliste; è il risveglio di un senso di colpa soffocato da politiche dell’utile.
Se la riflessione di Kazue Daikoku appare moderata e pacata nel rispetto di una cultura orientale laboriosa e paziente, il suo tono è in un certo senso provocatorio e di denuncia nei confronti di sistemi economici di ripresa dove le stesse centrali nucleari sono una sorta d’ ‘imbonitore’ per la vittima-‘carnefice’ nello spartiacque che separa il destino tra fortuna e sfortuna.
La Daikoku rileva che la Tokyo Eletric Power Company non aveva adeguati sistemi di sicurezza per la centrale, e ha sottovalutato la potenza dello tsunami pensando ai propri interessi; che a Fukushima è stata però costruita la centrale nucleare facendo credere invece alla popolazione che vi fosse tale sistema, “e la gente ci ha creduto, ma è stata ingannata”. E infine: “I giapponesi tendono a pensare che i disastri naturali siano un destino inevitabile, quindi non è colpa nostra e di nessuno, e quello che possiamo fare è solo sopportare una situazione infelice. Per me è difficile condividere questa idea, e penso che tutte le catastrofi hanno una componente legata a disastri generati dall'uomo” (K. Daikoku, Watershed: What I Thought After The Day March 11 in “Swans Commentary”, April 25, 2011)
Forse soltanto il tempo darà le sue risposte; e mentre il Giappone sta impiegando tutte le sue forze in questa grande impresa di ricostruzione e risanamento, noi potremmo chiederci, come la Daikoku, sullo sfondo di uno spartiacque: “cosa divide il proprio destino tra fortuna e sfortuna?” (ibidem).

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