di Valentina Sechi
La Pandemia di Coronavirus ha causato danni ingenti
in ogni parte del mondo, mettendo a rischio la tenuta dei conti in vari Stati,
tra quelli maggiormente colpiti spiccano alcuni Paesi come l’Italia. Come
risponde l’Unione Europea?
Una prima proposta avanzata tra gli altri
dall’Italia era stata il ricorso agli Eurobond. Si tratta di titoli
obbligazionari emessi da un’agenzia o ente dell’UE garantiti da tutti i Paesi
dell’Unione e ripagati da ognuno sulla base del suo contributo all’economia
europea con il vantaggio che i tassi d’interesse da pagare agli investitori per
l’acquisto dei titoli sarebbero più bassi di quelli che pagherebbero i singoli
Paesi con elevato debito pubblico e crescita debole poiché il tasso d’interesse
dipende dalla percezione dell’affidabilità dell’emittente: l’Italia paga agli
acquirenti dei suoi Btp interessi dell’1,6% , la Germania ha un tasso di
interessi negativo dello 0.3%. L a differenza nel rendimento dei titoli di Stato
decennali tra un Paese e i corrispondenti bund tedeschi viene chiamato spread.
Appare chiara a questo punto il motivo della ferma opposizione di alcuni Paesi
come la già citata Germania ma anche l’Olanda e altri Paesi nordici i quali
temono che il denaro risparmiato dal
pagamento degli interessi potrebbe essere impiegato per diminuire le tasse alle
imprese e fare concorrenza sleale oppure ridurre l’età pensionabile mentre la
destra radicale e conservatrice degli stessi ritiene i governi dei Paesi
meridionali non determinati a varare le misure di austerity necessarie per la
condivisione del debito pubblico.
Tra gli organismi che potrebbero emettere tali obbligazioni,
il più celebre è il Meccanismo Europeo di stabilità (MES): si tratta di
un’organizzazione intergovernativa europea attiva da luglio 2012 che fornisce
assistenza finanziaria ai Paesi dell’Eurozona con problemi reali o potenziali
nel reperimento di risorse sul mercato. Il MES può servirsi di vari strumenti
come prestiti a singoli Paesi e linee di credito.
I prestiti sono concessi a seguito della
sottoscrizione di una lettera di intenti o un protocollo d’intesa negoziato con
la Commissione Europea che prevedano misure di consolidamento fiscale (tagli
alla spesa pubblica o riforme fiscali), riforme strutturali o nel settore
finanziario.
Le linee di credito possono essere precauzionali o
rafforzate: le prime sono destinate ai Paesi più solidi, le seconde ai Paesi
più deboli che saranno obbligate all’adozione di misure correttive per
rientrare nei parametri non rispettati. Attualmente, tutti gli Stati
dell’Eurozona possono accedere alle linee rafforzate con una condizionalità più
leggera per un importo massimo pari al 2% del PIL nazionale da impiegare per
assistenza sanitaria, cure e prevenzione fino alla fine dell’emergenza mentre
in seguito gli Stati beneficiari dovranno rafforzare il proprio quadro
economico e finanziario.
La strada degli Eurobond non appare tuttavia
percorribile poiché le politiche fiscali sono di competenza dei singoli Stati
mentre per l’emissione di Eurobond sarebbero necessari una politica fiscale
comunitaria e la mutualizzazione del debito di tutti gli Stati ovvero metterne
in comune le rispettive passività. In mancanza di debito comune e Tesoro
Europeo per gestirlo, le risorse comuni sono quelle per la capitalizzazione di
MES e BEI. Nemmeno il ricorso ai prestiti MES gode di particolare popolarità
tanto per le condizioni da negoziare quanto per la restituzione del prestito.
Sfumata anche la possibilità di emissione di
obbligazioni garantite dai Paesi mediterranei, un eurobond in versione
regionale, nell’Eurogruppo del 23 aprile è stato approvato il Recovery Fund.
Il Recovery Fund è un fondo che emetterà Recovery
Bond, obbligazioni garantite dal bilancio UE, evitando la mutualizzazione del
debito che ha impedito l’emissione degli Eurobond. Si tratta di uno strumento a
carattere immediato e urgente da realizzare per la ripresa economica dei Paesi
più colpiti. Permangono diverse criticità in merito ad alcuni aspetti: Spagna e
Italia con l’appoggio della Francia, avrebbero chiesto la mutualizzazione del
pagamento del debito emesso in comune e dei suoi interessi che resterebbe nel
bilancio UE senza gravare sul debito pubblico dei Paesi beneficiari. Germania e
Olanda, invece, vorrebbero che la liquidità raccolta con l’emissione dei bond
fosse distribuita fra gli Stati più colpiti mediante prestiti a lungo termine
(25-30 anni) a interessi molto bassi. Non è ancora chiaro infatti se gli aiuti
previsti saranno prestiti o contributi a fondo perduto.
La prossima data da attenzionare è quella del 6
maggio quando la Commissione Europea presenterà una proposta che sarà esaminata
in occasione dell’Eurogruppo del 18 maggio mentre dal 1 giugno saranno attivi
gli strumenti autorizzati dal Consiglio dell’UE: fondi BEI per le imprese,
linee di credito MES senza condizionalità per le spese legate all’emergenza
sanitaria e il meccanismo SURE per la cassa integrazione europea. Si spera che
il Recovery Fund possa essere attivo dal 1 luglio quando inizierà il semestre
tedesco di presidenza del Consiglio dell’UE.
Bisogna fare in fretta, c’è urgente bisogno di
liquidità per il sostegno a famiglie e imprese poiché già si prospetta una
situazione peggiore di quella scaturita dalla crisi finanziaria del 2009. Si
auspica la collaborazione di tutti gli Stati europei a un disegno comune che
non significa cancellare con un colpo di spugna le differenze nella struttura
economica e finanziaria dei Paesi UE, significa piuttosto guardare al futuro in
modo nuovo e regalare a un’Europa già fragile la possibilità di superare il
banco di prova rappresentato dalla pandemia per essere più forte e unita di
prima.
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