mercoledì 14 marzo 2018

Rifugiati, migranti, profughi e richiedenti asilo: vediamoci chiaro



Giotto, Fuga in Egitto

di Valentina Sechi

La storia dell’umanità è sempre stata caratterizzata dalla migrazione. In modo lecito o rischiando la vita, gli uomini si sono spostati per le ragioni più disparate: fuggire da guerre, oppressione politica e povertà, ricongiungersi alla propria famiglia, fare impresa, studiare, migliorare la propria condizione. Nonostante alcuni focalizzino la propria attenzione su flussi migratori di determinate categorie, il fenomeno è, in realtà, molto complesso, comprendendo un caleidoscopio di situazioni e storie personali che suscitano sentimenti di compassione e commozione ma pongono anche interrogativi sull’adeguatezza delle politiche migratorie poste in essere dagli stati. 



Concentrando l’attenzione sull’Europa, e più specificamente sull’Italia, si può osservare che da diverse parti vengono veicolati messaggi che fomentano una cultura della diffidenza, del sospetto e dell’odio che portano a considerare gli stranieri in prima battuta clandestini venuti a rubare lavoro e risorse che lo Stato potrebbe impiegare per il benessere dei nostri connazionali. Questo clima è sempre più pregiudizievole nei confronti di rifugiati politici e richiedenti asilo, persone che per il loro delicato vissuto necessitano di protezione. Prima di proseguire, è doveroso definire brevemente le varie tipologie di migranti, in seguito si potrà seguire il loro percorso con particolare attenzione a richiedenti e titolari di protezione internazionale.
Il migrante è colui che si sposta per ragioni di convenienza personale in prospettiva di avanzamento dello status sociale e materiale proprio e familiare. Un migrante che entra in un Paese evitando i controlli alle frontiere o rimanendo oltre la scadenza del visto è un clandestino.
Il richiedente asilo è chi ha lasciato il proprio Paese e ha inoltrato o ha manifestato volontà di inoltrare domanda di asilo in un Paese terzo ed è in attesa di una decisione sull’eventuale riconoscimento dello status di rifugiato. Colui che invece ha lasciato il proprio Paese ma non può chiedere protezione internazionale è un profugo.
Il rifugiato è, secondo la Convenzione di Ginevra, la persona che nel giustificato timore di essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dallo Stato di cui ha la cittadinanza (o residenza abituale in caso di apolide) e non può o, per tale motivo, non vuole domandare la protezione di tale Stato. 
Come si ottiene lo status di rifugiato e cosa comporta? Innanzitutto è bene chiarire che la domanda di protezione internazionale può essere presentata dal cittadino straniero, anche clandestino e privo di documenti, in fuga da persecuzioni,guerra o torture motivando nella domanda le ragioni della richiesta. Tale domanda va presentata senza scadenze tassative presso la Polizia di frontiera o la Questura che rilascerà un attestato nominativo in attesa del permesso di soggiorno per richiedenti asilo a seguito della verifica della competenza del nostro Paese a gestire l’istanza.
L’autorità competente a decidere nel merito è la Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che esamina la documentazione e la testimonianza addotte dal richiedente che può essere sottoposto ad audizione.
 Lo status di rifugiato viene riconosciuto in caso di atti di persecuzione tali da rappresentare una violazione grave dei diritti umani fondamentali; esso dà diritto al permesso di soggiorno per asilo politico della durata di 5 anni, al titolo di viaggio per potersi recare all'estero, alla possibilità richiedere la cittadinanza per naturalizzazione dopo 5 anni, all’accesso all’occupazione, all’istruzione e all’assistenza sanitaria e sociale. L’esito sarà negativo se il soggetto ha commesso un crimine contro la pace, un crimine di guerra o contro l’umanità, un crimine grave di diritto comune fuori dal Paese di accoglimento e prima del suo ingresso, abbia compiuto azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite, sia considerato un pericolo per la sicurezza e l’ordine dello Stato, non abbia i requisiti previsti dalla Legge o si serva della domanda per ritardare o impedire l’esecuzione di un provvedimento di espulsione. 

 In caso di danno grave ossia condanna a morte, tortura o trattamenti inumani e degradanti, minaccia grave e individuale alla vita o persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, la Commissione può riconoscere la titolarità della protezione sussidiaria per un periodo di 5 anni consentendo l’accesso all’occupazione, l’istruzione e l’assistenza sanitaria e sociale. Se il soggetto non avesse i requisiti per tale forma di protezione ma motivi umanitari (età, salute, instabilità politica o violenza) imponessero il rispetto del principio non refoulement, in virtù del quale nessuno può essere allontanato verso un Paese in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate, la Commissione potrebbe raccomandare alla Questura il rilascio di un permesso per motivi umanitari della durata di due anni rinnovabile.
Il sistema dell’accoglienza opera su due livelli: la prima e la seconda accoglienza.  La prima accoglienza include hot spot e centri di prima accoglienza mentre la seconda lo SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati).

Gli hot spot sono centri sulle frontiere esterne dell’Unione Europea in cui i migranti giungono al loro arrivo in Italia. Qui essi vengono registrati, identificati, fotosegnalati, sottoposti a screening sanitario e raccolta delle impronte digitali entro 48 ore e possono manifestare la volontà di richiedere asilo. Chi rifiuta l’identificazione o da clandestino non presenta domanda di protezione internazionale, viene inviato nei nuovi Centri di Permanenza per i Rimpatri (ex CIE) per l’espulsione e il rimpatrio.
I richiedenti asilo vengono assegnati ai centri di prima accoglienza dove permangono il tempo necessario a trovare una soluzione di seconda accoglienza adeguata.
Con riguardo al secondo livello, i programmi SPRAR sono gestiti da enti non profit su affidamento dei Comuni e garantiscono un’integrazione profonda nel territorio perché oltre a vitto ed alloggio, vengono forniti servizi come schede telefoniche o ricariche, lezioni di lingua italiana, assistenza legale, percorsi di formazione e orientamento professionale. Del programma possono usufruire i richiedenti asilo fino alla definizione della propria pratica in primo grado, rifugiati, titolari di protezione sussidiaria o umanitaria per sei mesi prorogabili di altri sei.

Poiché il sistema riesce ad assorbire solo il 20% delle richieste, in caso di arrivi consistenti e ravvicinati, possono essere attivate strutture temporanee dette CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria) gestiti da enti profit o non profit sulla base di gare d’appalto bandite dalle Prefetture. E’ opportuno sottolineare che il programma SPRAR funziona ma necessita della disponibilità dei Comuni ad aderire e ciò non sempre accade nonostante finanziamenti del Fondo Nazionale per le Politiche e i Servizi dell’Asilo che prevedono una spesa massima di 35 euro per richiedente asilo (45 per i minori), ivi comprese le spese per il personale e i servizi da devolvere agli Enti Locali. Ai richiedenti spetta soltanto un pocket money giornaliero di circa 2,50 euro al giorno. Un’ulteriore differenza risiede nella mancanza di linee guida per tali strutture che offrono una qualità migliore o peggiore sulla base del singolo gestore.

Un’ulteriore possibilità è quella di ricollocazione: i migranti richiedenti protezione arrivati in Italia, Grecia e Ungheria possono essere trasferiti in altri Paesi UE se appartengono a nazionalità il cui tasso di riconoscimento di protezione internazionale sia superiore al 75% (sostanzialmente siriani, eritrei e iracheni) e sono compatibili con le disponibilità di accoglienza dei singoli Paesi.
L’Europa dopo gli orrori della Seconda Guerra Mondiale è stata rifugio per i perseguitati che in essa vedono la speranza di un futuro migliore ma anche casa per il talento e l’intraprendenza di lavoratori e studenti. Portare avanti i valori dell’Unione creando condizioni per la prosperità economica e la coesione sociale significa trovare un difficile equilibrio tra la fiducia e solidarietà reciproca e la difesa del territorio. 

E’ fondamentale promuovere una cultura dell’accoglienza tesa a riportare al centro la persona in quanto essere umano e la sua dignità, soprattutto quando essa è stata calpestata recuperando la dimensione comunitaria della quotidianità in vista del bene di tutti. Solo così si potrà superare quella coltre di diffidenza nei confronti di chi preferisce affrontare viaggi lunghi e pericolosi, mettendo a rischio la propria vita alla prospettiva di rimanere in patria. Se quello che emerge è la condotta criminale di alcuni, è soltanto perché il male fa più rumore del bene.

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