di Teresa Bianco
Dedico queste
due righe alla mia cricetina Remy.
Vanno spiegate
due cose:
- la 'brutta
cosa con quel brutto nome sulla mia schiena spelacchiata' si chiamava
'raschiato' ed era un'analisi piuttosto cruenta ordinata dalla veterinaria per
scoprire la causa di un'alopecia che si era presentata all'improvviso. Questo
esame è stato poi evitato grazie ad un altro veterinario che ha consigliato di
fare impacchi di camomilla prima di sottoporla al raschiato.
- le 'schiocche
sulla schiena' sono bacini.
È arrivato l’inverno: le giornate sono piu corte e fa buio
presto. Il freddo punge, il vento non dà tregua. Lo sai, io sono
pigra. Pigra per carattere, per costituzione. Pigra di famiglia.
Non esco mai volentieri da casa,
ma con la bella stagione faccio un’eccezione, mi costa di meno. Adesso diventa
proprio impossibile. Abbandonare il tepore delle coperte per avventurarmi fuori
in un mondo ostile, con persone grandi, più forti e prepotenti di me… no, non ce la faccio proprio.
Chissà, forse conta pure un poco
l’età. Non sono più di primo pelo, sono una signorina di mezza età, un poco
avvizzita, un poco viziata, schiava delle sue abitudini, delle sue comodità. Il
tempo passa per tutti.
Vivere da soli non è facile: per
tanto tanto tempo mi è mancato qualcuno con cui parlare, con cui confrontarsi,
scherzare, litigare, flirtare… ma ora sono contenta così.
Non ho mai avuto amici, a parte
qualche occasionale compagna di stanza. Quando arrivava qualche piccoletta come
me vedevo riflessi nei suoi occhi la solitudine e la paura del futuro che
avevo provato io, e allora cercavo sempre di mostrarmi dolce e
disponibile a fare amicizia. Le cedevo il posticino più caldo, il bocconcino
più prelibato. Fantasticavo su quanto bello sarebbe stato diventare amiche. Mi
sarebbe piaciuto tanto: volersi bene, andarsene a zonzo assieme, consolarsi
reciprocamente per le pene d’amore, spettegolare. Ma non facevo neanche in
tempo a fraternizzare che, zac, lei se ne andava.
Non mi sono mai sposata. Mi sono
fidanzata una volta, però non è andato a buon fine. Lui voleva troppo, tutto e
subito: il sesso senza un po’ di corteggiamento, la convivenza senza un periodo
di prova, subito sei o sette figli da crescere e sfamare. Mi sono ribellata,
l’ho buttato fuori da casa e da quella volta sono stata attenta a non cascarci
più. Hanno un bel dire che le femmine sono portate per la famiglia! Non è vero:
le femmine di carattere, quelle come me, non scendono a compromessi. Meglio
sole che male accompagnate.
Che dire? Mi ero fatta la fama di
essere difficile. Io li sentivo che dietro le spalle parlavano di me. Dicevano
che non mi avrebbe voluta nessuno, che ero destinata a crescere da sola, a
vedere tutti andare via verso un destino migliore, a stare alla finestra
insomma.
Fino a quando sei arrivata tu.
Per la verità non mi sei piaciuta subito. Prima di tutto eri da sola, e io ero
abituata a veder arrivare famiglie intere con bambini che sceglievano con
sicurezza. Tu invece te ne stavi li, un poco intontita, in mezzo a tutti noi.
Si vedeva che non sapevi cosa fare.
È stato allora che ho deciso “ora o mai più’’, mi sono detta,
e ho cominciato ad agitarmi come una matta. C’erano i miei compagni davanti a
me, che cercavano di assumere pose plastiche, in modo da suscitare tenerezza.
Il solito vecchio trucco. Ci avevo provato anch’io qualche volta ma non aveva
funzionato. Stare in piedi mi faceva male, non ci ero abituata ma era l’unico
modo per farmi notare, e stringendo denti e dita dei piedi ho continuato a
stare più diritta e visibile che potevo. Dentro di me urlavo ma tu non mi
potevi sentire. Finalmente mi hai notata: nostri sguardi si sono incrociati per
un attimo, ti ho vista additarmi. Una mano forte e poco gentile mi ha presa e
scaraventata in un cartone. Ho sentito un campanello e un cassetto che si
apriva "… ha pagato. Vado via, finalmente" ho pensato.
Quando la stessa mano mi ha
tirata fuori dal cartone avrei voluto piangere. Ecco, ci avevi ripensato.
Ora mi avrebbe rimessa via. E
invece ho sentito una voce falsamente mielata che diceva “ha comprato un
maschietto!”. Il cretino.
Lo sai che non sei un granché in
quanto a delicatezza, no? Però mi sei piaciuta subito. Siamo uscite assieme e
hai cominciato a parlarmi. Io capivo tutto quello che mi dicevi. Volevo uscire
dal cartone e vedere la strada, le case. Sentivo odore di tronchi e di foglie,
di castagne e di caffè, e mi pareva che i baffi mi andassero in tilt. Tutto era
nuovo, meraviglioso e sconvolgente. Le macchine, il rumore dei passi, le voci
delle persone, gli scossoni dell’autobus. Ti ho sentita parlare con qualcuno,
con la mano vicino all’orecchio. Ora che sono colta so che parlavi al
cellulare. Dopo un po’ di strada hai incontrato qualcuno, mi hai consegnata a
lui e te ne sei andata. Di nuovo una stretta al cuore. Dov’ero? Ahhhh! Andrea…
che bella voce aveva… calda,
rassicurante, carezzevole.
Eccoci qua, quasi un anno dopo.
Ora tu sai che sono una signorina e sebbene qualche volta vorrei che tu capissi
che il mio nome andrebbe cambiato di conseguenza, non me la prendo.
Vorrei dirti tante cose.
Che non è vero che io non parlo.
Io parlo, e parlo tanto anche. Sei tu che non mi capisci.
Che anche se non capisco cosa
sono quelle schiocche sulla schiena, non protesto perché vedo che ti piace
farmele.
Che sì, le leccatine sono bacini.
E che le leccatine sulle labbra sono bacini super.
Che vi voglio bene per avermi
curata quando stavo male e fatto l’impossibile per non farmi fare quella cosa
con quel brutto nome sulla mia schiena spelacchiata. La camomilla era molto
più piacevole.
Che non occorre pesarmi cosi
spesso. Io sono robusta di costituzione.
Io lo so che starò poco tempo con
voi, e ho accettato il mio destino. Avrei voluto nascere cane e starvi accanto
qualche decina d’anni, ma non è così. Non esiste nessun ponte arcobaleno,
sapete?
Quando io mi sarò addormentata
probabilmente continuerò a stare con voi, nel vostro balcone, ma non credete
che vi sarete liberati di me. Starò semplicemente più tempo con le persone con
le quali gioco anche adesso, quando voi non siete in casa. Ci sarò anche se voi
non mi vedrete. E se all’alba sentirete rotellare non pensate che state
sognando, perché il mio ponte arcobaleno non è lassù, ma sarà sempre su un
tappeto a righe arancione, ai piedi di un divano con un lenzuolo celeste.
Remy
bello
RispondiEliminaUna ripresa in prima persona della coscienza degli animali, bello.
RispondiEliminaAntonio A.