martedì 27 gennaio 2015

Viva Tsipras, morte a Tsipras!


di Enzo Barone

Tsipras: posologia e precauzioni per l’uso, postava giorni fa su facebook una cara amica, forse solo con l’ingenuo scopo di fare sorridere sull’ingorgo di consonanti esotiche del nome.
E però volontaria o no è una genialata di satira politica. Tsipras, fresco vincitore alle ultime politiche e ultima ratio per una Grecia al collasso, è senz’altro il piu’ taumaturgico dei rimedi miracolosi per un malato terminale e probabilmente al tempo stesso portatore di un rischio collaterale potenzialmente esiziale per la salute. E non tanto dei greci, dei quali si propone – speriamolo – di risolvere i guai, ma degli altri piuttosto, dei paesi contribuenti dell’UE.


E qua mi tocca, ahimè!, citare una fonte che non gode affatto della mia stima, “Il Giornale” di oggi che titola: “Il compagno non paga i debiti e l’Italia ci rimette 24 miliardi.”
Ora, sorvolando sull’acrimonia veteroanticomunista del titolo e sul calcolo esatto delle cifre sul quale non mi avventuro, certamente nell’articolo c’è una considerazione obiettiva, che una riflessione la merita. E anche di quelle che sfruculiano tanto. E cioè il punto è questo: la vittoria di Tsipras, esponente di uno dei pochi partiti europei ancora autenticamente di sinistra, in Italia è stata salutata da molti con inni di gioia, col tripudio e la soddisfazione per l’avvento di un messia politico, l’estrema e unica possibile soluzione politica contro la spaventosa crisi di paesi del sud Europa fortemente indebitati e in recessione, come la Grecia o anche l’Italia. E non solo da formazioni politiche da Vendola in giu’, ma per il suo radicalismo antisistema, anche da euroscettici a vario titolo e paradossalmente da molti esponenti della destra. Per di piu’ bisogna ricordare che l’anno scorso il giovane Alexis proprio in Italia fu leader di una cartello di forze della sinistra italiana alle elezioni europee.
Le sue idee sono chiare, semplici, radicali, di una democraticità primitiva direi: riforme del sistema giudiziario, misure anticorruzione, reddito di cittadinanza, maggiori tasse per in redditi piu’alti e soprattutto il rigetto di buona parte degli accordi stipulati con la UE dal predecessore Samaras, che ha come elemento dirompente la bellicosa dichiarazione di non voler pagare il 60% addirittura del debito della Grecia nei riguardi dell’Europa.
Sono riforme coraggiose, radicali, auspicabili da sinistra; attese, condivise  e condivisibili da chi si dichiara sinceramente egalitarista, amante della giustizia sociale, solidarista se non proprio comunista.
Ecco uno che ha veramente le palle per lottare contro i poteri forti e  fare finalmente quello che occorre; ecco la medicina giusta. Ma appunto con un una semplice, ma significativa controindicazione: se Tsipras davvero non restituirà il 60% dei 322 miliardi di debito greco ripianabile dai prestiti europei, ci saranno evidentemente paesi membri che esposti in varie misure negli aiuti alla Grecia non rientreranno dal credito per cifre anche consistenti. L’Italia uno dei maggiori finanziatori dovrebbe ad esempio perdere, come si diceva sopra, piu’ di una ventina di miliardi.
C’è ovviamente chi dice pure che intanto, per fare un confronto, alla Germania nell’immediato dopoguerra si condonò tutto l’iperbolico debito pubblico proprio così, con un tratto di penna e che poi sono tutte balle, che i paesi della UE possono tranquillamente permettersi una sofferenza di bilancio di questo tenore e operare manovre finanziarie compensative (in fondo proprio noi italiani come possiamo raffrontare 322 miliardi di debito con lo spaventoso leviatano dei nostri 2000 miliardi, suvvia!).
Può essere. Tutto potrebbe essere e d’altra parte le speranze, soprattutto quelle che si presentano come nobili e liberatorie non vanno sminuite.
La questione che ora mi pongo, mutando la prospettiva del discorso, è però un'altra.

La butto giu’ in modo brutale, pensando soprattutto ai nostri comunisti da salotto. Se veramente il non riavere indietro quei maledettissimi denari, essenziali in questo momento per un mucchio di emergenze italiane, dovesse rappresentare un reale problema e se ci fosse un concretissimo conto da saldare in termini di costi economici e sociali, i nostri politici con-Tsipras-per-una-Nuova-Europa, i pensatori radical chic, lo stesso popolo della sinistra italiana che osanna Tsipras, sarebbero davvero disposti a pagarlo, a sacrificarsi in nome del popolo greco?
Sarebbero disposti a vedere magari aumentare i cassintegrati, a dover rinunciare a qualche altro pezzo di welfare state, a qualche prebenda, ad alcuni privilegi, alla riduzione della TASI, a qualche giorno di ferie oppure semplicemente al nuovo ipad o alla serata con gli amici il sabato sera?
D'altronde non si può credere nella giustizia sociale e voler avere a tutti i costi il SUV nuovo; alzare i pugni chiusi, gridando in piazza “Siamo con la Grecia” e non saper rinunziare all’abbonamento a SKY.
Condividere il modello Alexis, con tutti gli annessi e connessi del caso, volerlo pure applicare qua da noi, non è così facile; perché a parlare siamo tutti capaci, ma un programma del genere, la lotta alle ineguaglianze e ai potentati sovranazionali, la giustizia sociale invocata  per chi sta peggio, il socialismo infine, in ogni sua coloritura, funziona ed ha un senso solo se coloro che lo cercano sono disposti, in primis a rinunciare dolorosamente ad una parte del loro star bene, anche in momenti difficili.
Essere davvero solidali e di sinistra costa molto caro, in ogni senso: non l'avevate capito?

 

 

1 commento:

  1. Il peccato originale della sinistra italiana è proprio quello di essere stata a volte salottiera e po snob. Condivido le tue osservazioni. Salvo

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