domenica 17 giugno 2012

Zambrano, 'logos delle viscere' tra poesia e filosofia

di Francesca Saieva

Sulle tracce di Ortega Y Gasset ancora una volta Marìa Zambrano, filosofa fenomenologa del Novecento, nei temi di nascita, amore e pietà, in questo splendido inedito Sentimenti per un’autobiografia, fa riscoprire il valore della narrazione di sé quale momento di rinascita e d’individuazione di un senso pieno dell’esistere umano.
Se per Ortega “vivere è convivere”, bisogna dunque ricercare la ricetta per un’adeguata convivenza tra gli uomini. “L'animale alimentato dal suo padrone – scrive infatti la Zambrano – dorme solo dopo essersi riconciliato con la natura [ma ciò] è soltanto possibile in una civiltà molto riuscita”.
È la ragione ‘patica’ e poetica della filosofa che pervade i saggi raccolti e curati dalla studiosa Samantha Maruzzella per l’edizione Mimesis; saggi in cui la poesia si fa più che mai linguaggio filosofico per quel disnascere (termine caro alla fenomenologa) del soggetto-uomo attraverso la memoria; ciò che il ricordo raccoglie, restituisce e proietta poi nel futuro, nel rispetto di una molteplicità dei tempi, ovvero convergenza di un susseguirsi temporale di passato, presente e futuro tra dinamiche attente al fuori e al dentro, in termini di tempo esterno (circoscritto e localizzato da un inizio e una fine) e tempo interno, domestico, proprio della coscienza che osserva e, che nel suo guardare non può che retrocedere nella tenebra. Perché “lo sguardo spinge all’indietro […] ma il guardare lo fa retrocedere ancora”.
Così tra note autobiografiche l’autrice rivive, nel narrarsi, episodi-accadimenti della sua vita (la malattia nel 1929 e l’esilio a Cuba, in Messico e a Parigi a partire dal 1939), facendo emergere attraverso la sua voce di donna la forte componente filosofica nonché poetica che da sempre ha caratterizzato il suo stile elegante, delicato e appassionato a un tempo.
Fortemente introspettivi e viscerali gli ‘strumenti’ usati dalla filosofa, così pure le sue ‘confessioni’ (su tempo, amore e nascita), mentre sembra dirci che ciò che è assente, lo è nella misura in cui non lo si è ancora guardato; soltanto là dove il ‘motore’ di ricerca dei nostri perché è l’amore, sarà allora possibile addentrarsi oltre la coscienza (aspetto onirico della realtà), in un viaggio oltre “le porte del giardino inesorabilmente murato, e solo socchiuso”.
Conoscere è dunque possibile quando, senza omettere le passioni e i sentimenti, la filosofia si manifesta quale cammino di vita.
La lettura offertaci dalla Zambrano è estremamente spirituale, così come può esserlo soltanto un “pensiero appassionato”, che fa della scrittura e del linguaggio un paesaggio dell’anima, sullo sfondo di sentimenti quali misericordia e pietà e del loro “accadere storico”. Perché “attraverso gli accadimenti storici, l’essere umano si è sviscerato”. Così, se l’amore si apre al futuro, per una sorta di Ragione vitale (teoria di Ortega Y Gasset), anche la Storia è storia del mondo nel manifestarsi dei suoi sentimenti; e la Pietà è la patria di tutti gli altri, perché essa va al di là della semplice compassione per tutti gli esseri viventi, piuttosto “è ciò che permette di comunicare con loro […] Pietà è saper trattare con il diverso”. È ciò che s’intende per sentimento dell’eterogeneità dell’essere.
A questo ci invita la lettura complessa ma fruibile della Zambrano, a fare i conti istante dopo istante con la realtà, con il suo farsi e darsi in un continuo se non perenne sentire. Introspettiva, lucida e appassionata, la scrittura della filosofa fa i conti con il mistero della vita, il “mistero che sta dentro ognuno di noi, ci circonda e ci avvolge”; quel mistero si fa sentire mentre ci si appella alla condizione di donne/uomini nell’Universo, lasciando scorrere il logos delle viscere.



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