Osservando con occhio anche superficiale gli eventi in ambito europeo di queste ultime settimane, uno dei dati di maggiore evidenza risulta questo: le decisioni fondamentali, di vitale importanza per l’esistenza stessa dell’unione europea, soprattutto quelle di natura economica, vengano sostanzialmente prese unicamente da due cancellerie: quella tedesca e quella francese, dalla Merkel e da Sarkozy, punto e basta.
E’ una riflessione solo apparentemente oziosa, se non ingenua, se si considera che si tratta dei rappresentanti dei due paesi più solidi sia economicamente che politicamente.
Si dirà: visto che i debiti dei paesi in crisi, destinati a ricapitalizzare le banche europee o ad acquistare i BOT o BTP degli stati in crisi, li pagano in maggior misura quei due paesi, è normale che questi poi facciano la voce grossa, pretendano di avere l’ultima parola nelle questioni di natura economica, rimbrottando, rimproverando, indicando la retta via a chi, l’Italia in testa, per varie ragioni si trova adesso in condizione di maggiore fragilità.
Oppure, guardando il rovescio della medaglia, anche pensando ai tagli sulla spesa pubblica degli stati come vera terapia risolutiva di certi problemi, perché Francia e Germania, paesi storicamente formiche, nel mare agitato dell’economia mondiale dovrebbero essere trascinate giù in fondo al mare da cicale che non sanno o non hanno mai voluto imparare a nuotare?
Che debba pagare colpe antiche di chi ha sperperato, rubato, dilapidato allegramente, chi invece ha controllato la spesa pubblica e ha tenuto in ordine i conti, come fa un padre parsimonioso in una famiglia sana? Per quale ragione?
Ma uscendo dalla metafora basta un momento di riflessione di più alto profilo storico per comprendere come non si possa ragionare delle politiche dell’Unione europea con le categorie mentali di una lite di condominio o di parenti litigiosi.
Vediamo perché.
Intanto negli ultimi due mesi forse si è superato il segno. Non passa infatti quasi giorno che i notiziari non ci facciano vedere i due inappuntabili primi ministri concordare strategie, paventare apocalissi, bacchettare senza pudore, emanare annunci, assumere in totale e assoluta autonomia decisioni comuni, con la certezza che poi quelle saranno le decisioni dell’Unione stessa.
Spesso senza più un velo di pudore, senza nemmeno l’accortezza a cercare di salvare il diplomaticamente corretto. In poche parole, così e basta se volete e sennò arrangiatevi pure da soli, visto che i soldi, se permettete, ce li dobbiamo mettere noi.
L’Italia poi, illazioni e gossip a parte, ha ricevuto un trattamento spesso mortificante, quello che un papà coscienzioso, appunto, riserva al ragazzino immaturo, incapace di sapersela cavare da solo nel mondo dei grandi.
Ora, anche tralasciando, la scarsa finezza diplomatica, la poca intelligenza politica di statisti di modesta statura, tralasciando l’inopportunità negli atti e persino negli atteggiamenti, insomma al fondo di questi comportamenti emerge anche qualcosa di più grosso e più sostanziale che mette in discussione le basi stesse dell’Unione.
Un nodo, il nodo gigantesco per eccellenza che viene al pettine ormai con una evidenza innegabile.L’Unione europea, al di là di alcune direttive più o meno vincolanti per i paesi membri, non è una realtà politica unitaria, né per la politica interna né a maggior ragione per quella estera, ma lo è solamente, non senza profondi e tardivi pentimenti, sotto il profilo economico-monetario.
E questa incoerenza costituzionale schizofrenica, adesso più che mai ,è un tema di una gravità enorme.
In una blanda confederazione di stati, coesi soltanto negli interessi finanziari di alcuni banchieri o di magnati dell’industria e poco più, senza un vero organo esecutivo forte e giuridicamente autorevole, perché i due paesi più forti, approfittando di questa vacanza istituzionale, non dovrebbero portare avanti i loro interessi prima di tutto ?
La risposta è, deve essere necessariamente idealistica, utopistica, forse.
In un’Europa dei cittadini, degli uomini e donne liberi, dei diritti umani, dei valori, in un’Europa che voglia recitare un ruolo storico di rilievo e voglia sopravvivere nei marosi del mondo a venire, in una Europa insomma realmente unita in tutti i sensi la sovranità rimane, a torto o a ragione, dell’assemblea rappresentativa e quindi dei popoli, che talvolta assumono decisioni anche a discapito dei più forti, anzi in certi casi proprio a discapito dei più forti economicamente e politicamente.
E questa stranissima, incomprensibile cosa si chiama democrazia.
Ciò che permette e ha permesso negli stati nazionali di far prevalere l’interesse dei più (i cittadini) su quello dei pochi potenti (i signori della finanza); ciò che permette di far prevalere il diritto sulla forza bruta; ciò che permette e ha permesso all’Europa, dopo millenni di tragedie, di diventare nel mondo faro di civiltà e di pace.
Siamo certi che una siffatta Europa, veramente, effettivamente democratica, coerentemente rappresentata, come è avvenuto quasi sempre nelle singole democrazie membre, troverebbe le risposte adeguate anche alle magagne e ai pasticci economici in cui ci dibattiamo.
Ma probabilmente è proprio questo che l’Europa dei potenti vuole evitare di diventare.
L'Europa unità non esiste o perlomeno esiste quella della finanza e non quella degli europei.
RispondiEliminaSono sicuro però che i Padri dell'Europa Unita che nasceva dalle ceneri della Seconda Guerra Mondiale sarebbero molto delusi dallo spettacolo attuale. Complimenti.
Salvo Barone