giovedì 20 ottobre 2011

A sovranità limitata

di Enzo Barone

Un tempo, alle scuole medie mi pare, studiavo dei paesi ex coloniali e tra questi di alcuni rimasti ancora, qualche anno dopo la loro decolonizzazione, in amministrazione fiduciaria, cioè a sovranità limitata.
Bene oggi senza ombra di dubbio l’Italia può essere considerata nel novero di questi, se è vero, come è vero, che proprio stamattina si apprende che anche in una questione che dovrebbe essere assolutamente interna, anzi direi intima per gli interessi italiani, come la nomina del nuovo governatore della Banca d’Italia, qualcuno all’estero, il presidente Sarkosy nello specifico, gradirebbe o meglio premerebbe per la nomina di un candidato piuttosto che di un altro.
Ma gli episodi sono tanti, le coincidenze troppe ultimamente.
Qualche esempio tra i più eclatanti, di quelli grossi come una montagna.
Scoppia la guerra di Libia e l’Italia, ex paese colonialista e principale partner economico di riferimento, viene trattata né più né meno che come un paria, come Malta o giù di lì.
Non ve la sentite di partecipare armi in pugno alla coalizione antigheddafi e allora dateci le basi aeree, militari o civili poco importa, senza tante storie, senza tanto discutere.
Obama ringrazia tutti i componenti la coalizione, dai maggiori ai più piccoli, dalla Francia alla Norvegia, ma trascura del tutto di nominare un paese di quart’ordine (che pure gli aerei a bombardare la Libia poi ce li aveva mandati) come l’Italia.
Si dibatte in estate sui rimedi per fronteggiare la crisi forse più profonda e grave dell’intera storia del paese; l’opposizione s’indigna e soloneggia, il governo tentenna, temporeggia, discute sul da farsi ma la direttiva che dirime la matassa, la strada maestra per uscire dalla crisi, la ricetta cui attenersi scrupolosamente per guarire viene piuttosto da una lettera che Trichet, presidente della Banca Centrale Europea, invia in estate al governo italiano.
E Tramonti giura che la manovra economica 2011 che porta la sua firma sarà opportuna e giusta, proprio perché si confà quasi perfettamente a quei sacri dettami, a quell’aureo decalogo.
Mentre tra i paesi occidentali che contano già si fa conto che l’Italia, se non è già così, negli anni a venire, privata di quasi ogni peso politico nella politica estera e presso che ininfluente nei grandi giochi della finanza mondiale, diverrà praticamente un colorito, gigantesco luna park per cinesi russi e chissà americani in luna di miele o in gita di piacere.

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