sabato 14 maggio 2011

Liberami


di Adriana Buscemi

E' gonfio il petto
impregnato di pensieri
e ricordi di gesso.
Aspetto ancora un po’;
come il burattino, mi ritrovo
tra balocchi e zucchero elastico.
Risa, scherzi e giostre illuminate,
bambini divertiti tra gli sguardi
un po’ protettivi e un po’ pentiti
delle madri, spugne di tutto.

Ma voltandomi, ecco
una tentazione che ancora più forte
luccica assetata di attenzioni.
La colgo, la guardo
e lei, non appagata,
ma ancora e più desiderosa,
si ingrandisce, mi assorbe
nella sua luce plastica,
mi ingloba nel suo grande essere
artificiale, precario, vuoto.

Fammi tornare nel mio regno
di piccole paure e grandi coccole,
adesso ho bisogno
di comprendermi, intera,
di odorare di latte
ancora una volta,
come in quel paese fruttato,
di sentirmi gli sguardi addosso
premurosi,
non frettolosi.

Ma mi avvolge ancora
questa lingua di fuoco
maestosa quanto ripugnante
vista così da vicino.
Mi stringe di un affetto
riciclato, riservato non a me,
tirato fuori per l’occasione,
macchiato di un’esperienza estranea.
Una sottile familiarità mi lega
a questa futile rimembranza di calore materno.

L’odore di vecchio si mischia
alla ridondante eco della mia solitudine.
Imprigionata in questo vicolo senza uscita
non vedo alcun barlume.
I miei occhi stanchi e lucidi
tremano per il freddo.
Le mie mani raggrinzite si abbracciano
quasi a richiamare quei gesti
che mancano qui, in questo mio
corpo lacerato ormai indelebilmente.

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