Venti di guerra soffiano inarrestabili sulla Siria, il Paese già lacerato da una guerra civile che dura da 7 anni, ha subito un nuovo attacco. Intorno alle 22, ora di Washington (le 3 in Italia) del 13 aprile, Il Presidente USA Donald Trump parlando alla Nazione in diretta tv ha comunicato di aver ordinato un attacco contro la Siria, insieme a Francia e Gran Bretagna.
Il raid ha visto per circa un’ora il lancio di 100 colpi tra missili e aerei partiti dalle navi posizionate nel Mar Rosso in direzione di obiettivi scelti dal Pentagono per mitigare il rischio di un coinvolgimento da parte della Russia: un centro di ricerca scientifica a Damasco, un sito per stoccaggio di armi chimiche a ovest di Homs e un importante posto di comando nei pressi del secondo obiettivo, il bilancio è di 3 feriti. Si è trattato di un’azione limitata per colpire il sistema di produzione di armi chimiche. L’azione sarebbe stata infatti una risposta all’uso di tali armi in Siria da parte del regime del Presidente Assad. L’operazione è stata definita un successo e lo stesso Trump, nel ringraziare gli alleati, ha twittato: “un attacco perfettamente eseguito. Non avremmo potuto avere un risultato migliore missione compiuta”. La Russia tuttavia sostiene che molti dei missili sarebbero stati intercettati e distrutti, circostanza negata da Washington.
Un’azione isolata al momento, ma che potrebbe non rimanere tale in quanto l’ambasciatrice statunitense all’ONU Nikki Haley ha asserito che il tempo delle parole è finito e se la Siria tornerà ad usare i gas gli Usa torneranno a sparare in occasione di una riunione d’emergenza convocata al Palazzo di vetro in cui la Russia ha proposto una bozza di risoluzione a condanna dell’ “aggressione” per violazione del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite poichè priva di mandato del Consiglio di Sicurezza dell’ONU; essa e stata bocciata con 3 voti a favore (Russia,Cina e Bolivia), 8 contrari e 4 astenuti, è seguita una richiesta della Siria verso la Comunità Internazionale e al Consiglio di Sicurezza ONU di condannare il raid in quanto minaccia per la pace e la sicurezza internazionale.
Rimane un giallo se i Russi sono stati avvertiti in quanto non ci sono al momento segnali di rappresaglia né da Mosca, né da Damasco, né da Teheran che ha minacciato conseguenze regionali e ha definito Macron, Trump e May criminali ritenendo l’attacco una giustificazione per la presenza occidentale in Siria. Il capo di Stato maggiore delle forze armate americane Dunford sostiene che il governo russo non era stato avvertito degli attacchi, né degli obiettivi mentre la ministra della Difesa francese Parly ha dichiarato che i Russi erano stati avvertiti in anticipo e dello stesso avviso l’ambasciatore americano a Mosca Huntsman. Il Cremlino nega e anche la Gran Bretagna smentisce colloqui con Mosca ma le basi colpite erano state evacuate tre giorni prima. La scelta di limitare gli obiettivi, avvertire la Russia ed evitare di sconfinare nello spazio aereo in Russia costituirebbero segnali della volontà di limitare l’azione ad un avvertimento senza degenerare in’escalation di violenza che potrebbe costituire il casus belli per un’ipotetica terza guerra mondiale che vedrebbe scendere immediatamente in campo Russia e Iran a sostegno della Siria.
Sono arrivati nelle stesse ore gli ispettori dell’OPAC (Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche) incaricati di indagare sul presunto uso di armi chimiche a Douma il 7 aprile che ha provocato 70 morti. L’avvio dei lavori sarebbe impedito da Russia e Iran che lo imputano a mancate autorizzazioni da parte delle NU, affermazione puntualmente smentita. Le tre potenze Occidentali sono già convinte dell’uso di cloro e sarin come proverebbero documenti in loro possesso nonostante i militari russi neghino di aver trovato tracce di sostanze chimiche nella città siriana. La Francia ha tuttavia negato a Putin la possibilità di condividere le prove.
Le reazioni da parte degli attori presenti nel complicato scacchiere siriano non si sono fatte attendere. I Siriani sono scesi in piazza sventolando bandiere siriane, russe e iraniane e gridando di essere gli uomini di Assad. Proteste si sono svolte anche in Grecia dove secondo la polizia circa 6-7.000 persone avrebbero partecipato al rally e alla marcia organizzate dal Partito Comunista greco. La Cina, attraverso la portavoce del ministero degli esteri Chunuing, ha dichiarato che il Paese è contrario all’uso della forza nelle relazioni internazionali, invitando le parti a ricorrere al dialogo per risolvere i propri dissidi, al rispetto della sovranità e dell’indipendenza di ciascun Paese e auspicando l’avvio di un’indagine imparziale riguardo ai fatti di Douma. Contrari all’attacco anche la Lega Araba e il movimento sciita libanese Hezbollah. Israele si schiera a favore dell’attacco asserendo che aveva avvisato Assad che gli sforzi di acquisire armi di distruzione di massa e la concessione all’Iran di stabilirsi in Siria costituissero una minaccia per il Paese. Proprio il Paese si è reso responsabile di raid in Siria come quello ai danni della base T4 fra l’8 e il 9 aprile. Turchia e Germania precisano che si tratta di un’azione giusta dinnanzi all’uso di armi chimiche.
Dello stesso avviso anche il Presidente del Consiglio UE Tusk e gli alleati NATO che attraverso il segretario generale dell’Alleanza Atlantica Stoltenberg esprimono supporto all’azione, unica alternativa al non far nulla a causa dell’ostruzionismo della Russia al Consiglio di Sicurezza ONU e si appellano al governo di Damasco per permettere agli aiuti umanitari di raggiungere la popolazione L’Alto Rappresentante dell’UE Mogherini dichiara che l’UE era stata informata e che le misure sono state prese per evitare l’ulteriore uso di armi e sostanze chimiche da parte del governo di Damasco mentre il Premier Gentiloni sostiene che non è il momento dell’escalation ma piuttosto quello della diplomazia e del lavoro per stabilità al Paese già duramente provato dal lungo conflitto.
E adesso? I rapporti tra le due superpotenze rimangono molto tesi in un reciproco scambio di accuse tra gli USA sospettati di voler in realtà deporre Assad in un momento in cui il Paese aveva la possibilità di un futuro pacifico, distruggendo il sistema delle relazioni internazionali e rischiando di destabilizzare il Medio Oriente e la Russia. Nonostante si registrano segnali distensivi nei rapporti tra Parigi e Mosca, viene segnalata a meno di 24 ore dall’attacco, una forte esplosione a Sud di Aleppo ai danni di un campo di addestramento iraniano che avrebbe causato almeno 20 vittime.
Al momento c’è grande apprensione nonostante le rassicurazioni di Trump che intende riportare in patria le proprie forze armate. La guerra che si sta combattendo in Siria un teatro angusto e sovraffollato di attori con interessi anche contrapposti rischia di far esplodere i delicati equilibri mondiali con una corsa al rafforzamento degli arsenali da parte di Usa e Russia.
Un altro aspetto da considerare sono le difficoltà che i tre leader occidentali sperimentano nei propri Paesi, che li porta a lanciarsi in reminiscenze di politiche coloniali. In particolare negli Usa il consigliere alla sicurezza nazionale Bolton vorrebbe denunciare il trattato sul nucleare iraniano e avrebbe incluso nel raid obiettivi militari iraniani mentre il segretario alla Difesa Mattis è fautore di una linea più moderata che ha finora prevalso.
L’idea di una terza guerra mondiale appare al momento poco probabile. Il mondo è impegnato a evitare un’escalation di violenza che provochi ulteriori, inutili spargimenti di sangue e timidi segnali potrebbero cogliersi in alcune riflessioni di Trump. ” la Russia deve decidere se continuare lungo questo sentiero buio o se si unirà alle Nazioni civilizzate quale forza di stabilità e pace. Magari un giorno andremo d’accordo con la Russia e forse persino con l’Iran, ma forse no”. Appare chiaro tuttavia chela via da perseguire resta quella diplomatica e la soluzione politica, come anche ricordato da May e Macron, seguendo l’appello del segretario generale Onu Guterres alla moderazione e alla responsabilità. Secondo il Presidente dell’Europarlamento Tajani è necessaria una presenza più dell’Europa e una politica estera e di difesa comune per concludere la fase degli scontri militari e rafforzare i rapporti diplomatici.
La via è tracciata, gli obiettivi chiari nonostante le divergenze si può ben sperare per la risoluzione in tempi rapidi di un conflitto che dura da tanto, troppo tempo in cui l’attacco missilistico ha rappresentato una breve, incruenta parentesi che speriamo e possiamo ritenere non si verifichi più.
Palermo
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