L'originale isola del tesoro
Dal 21 aprile al 14 agosto 2016, al British Museum di Londra sarà possibile visitare la mostra dedicata alla Sicilia e chiamata "Sicily: Culture and Conquest". La scorsa domenica 24 aprile, l'importante quotidiano inglese "The Guardian" ha pubblicato un articolo sulla mostra, firmato da Laura Cumming. Ecco il testo tradotto:
Archimede ha avuto il suo 'momento eureka' in un bagno di
Siracusa, in Sicilia. Antifolo, protagonista de "La commedia degli errori"
di Shakespeare, viene dallo stesso posto. Cicerone descrisse Siracusa come la
più grande e più bella di tutte le città greche, quando non era tanto un
avamposto quanto una grande metropoli imperiale. Considerate questo quando passate
attraverso questa città polverosa sulle scintillanti coste siciliane: fu un
tempo così grande e potente come l'antica Atene.
La verità di ciò diventa evidente in un nuovo spettacolo
coinvolgente al British Museum. "Sicilia: cultura e conquista" spazza
via tutti i cliché turistici di spiagge, limoni, mafia e Montalbano per
rivelare un'isola occupata da tante culture diverse - greci e romani, arabi
musulmani e africani, i normanni, gli spagnoli e, infine, gli italiani
continentali - che è ben descritta come una sorta d'America mediterranea.
Una iscrizione in marmo nella magnifica Cappella Palatina a
Palermo appare in greco, latino, arabo, francese e giudeo-arabo parlato dagli
ebrei medievali siciliani. E chiunque voglia visitare questa mostra vedrà
divinità greche, eroi fenici e soldati romani, tori furiosi, mitiche creature
del mare e disegni moreschi, ma tutti con un tocco più che singolare. Nessuno
di essi appare così come ci si potrebbe aspettare. E' come se la stessa Sicilia
prevalesse sopra tutte le sue diverse culture migranti, dando tutto il suo
carattere speciale.
Ci sono meraviglie ovunque si guardi, a cominciare dalla
galleria d'apertura, con le sue incisioni rupestri preistoriche e le immagini
della Necropoli di Pantalica, ciascuna camera scolpita direttamente su una scogliera
imponente, somiglianti a qualche favolosa architettura modernista: strati di cubicoli
d'oro in una facciata di calcare bianco.
Arrivando ad Agrigento ci sono cavalli impennati, soldati in
marmo e grondaie di un antico tempio splendidamente dipinte a scacchi e
strisce. A Palermo ci sono squisiti dipinti e mosaici rinascimentali. E volando
giù, nella parte meridionale di Sicilia c'è una grande porta tombale di pietra: un oggetto sorprendente, in bassorilievo, con spirali geometriche, punti, e
quelle che potrebbero quasi essere note musicali, disposti a suggerire un
enorme volto semi-astratto. Non ho mai visto niente di simile (e neppure gli
esperti lo hanno visto), nemmeno nell'arte moderna, che viene sempre presa in
prestito da antiche civiltà. Quattromila anni, e rimane senza rivali.
La Sicilia ha pochi minerali e metalli non preziosi da
estrarre, ma è stata un tappeto coltivato a frumento, mais e olive già da prima
delle conquiste romane. Una folla di piccole dee amichevoli, dalle dimensioni
di figurine "Wedgwood", ma infinitamente più belle, sono raccolte
sugli scaffali proprio come sarebbero state in santuari greci. Realizzate in
terracotta, ciascuna di queste figure sorridenti ha una propria personalità
intensa: una decorata con covoni di grano, un'altra portando un maialino per il
sacrificio, una terza sollevando un melograno cerimoniale al petto come una
rosa rossa in qualche cena romantica. Ognuna di esse è un'incarnazione visibile
della fertilità.
Cerere, Persefone, Dioniso: si riconosceranno molte delle
figure rappresentate in questa mostra dalle lezioni di storia apprese a scuola.
E' un particolare piacere incontrare Scilla - la femmina mostro marino di fama
Cariddi - e ricordare che la coppia custodiva lo stretto di Messina che separa
la Sicilia dal sud Italia.
L'immagine selvaggia di Scilla, tutto il corpo attorcigliato
e sbattendo la coda di pesce, si trova su una moneta d'argento scintillante,
uno dei molti tesori antichi venuti fuori dalla terra. Qui ci sono foglie di
sedano, granchi, cinque cavalli che tirano un carro (con le loro varie gambe in
movimento), tutti raffigurati su piccoli dischi d'argento. Un cane da caccia
con una coda esilarante e indisciplinata, una squisita spiga di grano, tre
pesci e una montagna fumante che potrebbe essere l'Etna: tutte le
preoccupazioni di 2.000 anni di vita siciliana sono rappresentate qui.
Sembrerebbe una Menade meravigliosamente coraggiosa, allegra,
forte, con gli avambracci di pietra brillantemente articolati, mostrata da
sotto (sta sostenendo il tempio invisibile dove una volta viveva), è stata presa
in prestito da un museo siciliano. Ti chiedi come sarebbe apparsa in situ, ed
ecco, proprio accanto a questa figura massiccia, c'è un tempio dalle dimensioni
di una casa da bambola che mostra esattamente dove sarebbe stata collocata. La
cosa incredibile è che questo non è un museo di ricostruzione, ma un antico
oggetto del 500 a.C. scolpito nel marmo: un tempio in miniatura per una tomba,
come quei sepolcri vittoriani nei cimiteri inglesi. Così come molte delle opere
in mostra, questi monumenti funebri sono unici per la Sicilia.
L'isola ha una certa forza di carattere, tutta sua? Per ogni
cosa, qui c'è un vigore decisamente animato, una sorta di dinamismo, calore e
umorismo. La maschera maniacalmente ghignante di epoca fenicia; la grande terracotta
con la testa di Medusa, con le guance grasse e sciocche, la lingua a penzoloni:
entrambe sono più comiche che spaventose. Anche l'antica tazza di ceramica, di
4.000 anni, appare in un arancione sbarazzino con un manico incredibilmente
elegante. Poteva contenere più di una pinta; una vera e propria tazza di
allegria.
Ma la Sicilia era costantemente devastata dalla guerra. Una
fotografia mostra le tombe recentemente scoperte della battaglia di Himera nel
480 a.C.: i guerrieri tutti disposti in fila
stretta, come se stessero ancora marciando insieme, accompagnati dallo
scheletro di un massiccio cavallo da battaglia. E oltre a ciò, i curatori
mostrano una statua in marmo bianco di un guerriero incespicante che indossa un
elmo ad alta volta; e accanto a questo, un elmo vero della battaglia, una cosa
bizzarra, come una sorta di pesante bacinella nera, scolpita con il nome del
sovrano. La scelta e la disposizione degli oggetti non potrebbero essere
migliori.
Lo spettacolo si muove attraverso il tempo senza soluzione
di continuità verso la corte medievale di Ruggero II, un cattolico normanno che
sconfisse gli arabi, ma conservò la loro cultura. Ci sono pagine dal famoso "Libro
di Ruggero" che descrive il mondo - "gli abitanti della Gran
Bretagna sono coraggiosi, attivi e intraprendenti, ma tutto è nella morsa
dell'inverno perpetuo" - e lucenti mosaici del suo palazzo di Palermo. Il
British Museum è anche riuscito a prendere in prestito una bella Madonna rinascimentale
del grande maestro siciliano Antonello da Messina, il cui avvincente misterioso
ritratto di un uomo sorridente rimane uno dei più grandi tesori dell'isola.
Una atmosfera di mistero attraversa tutto lo spettacolo.
Nessuno sa chi ha fatto quei disegni rupestri con le loro figure saltellanti, che
si sovrappongono come i cavalli di Lascaux a suggerire la prospettiva e il
tempo. Nessuno ancora sa dove o quando è stato fatto il vaso di vetro fumé che
porta un piccolo triangolo, simbolo della Sicilia. O se gli allegri tiratori di
corda sul frammento di terracotta stanno trasportando la nave di Giasone (il
resto è mancante) o sono impegnati su un rimorchiatore siciliano di guerra.
Nessuno di questi tesori è stato qui mostrato prima d'ora, migliorando il senso
pervasivo della rivelazione. E tutti sembrano così unici e nuovi da far
innamorare della Sicilia il visitatore, senza nemmeno esserci andato.
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