lunedì 30 novembre 2015

L'origine di tutti i Mali

di Valentina Sechi
Due fatti di sangue hanno recentemente funestato il mondo facendo tornare prepotentemente alla ribalta la questione del terrorismo di matrice estremista musulmana: gli attentati di Parigi e l’attacco al Hotel Radisson in Mali. La capitale francese, il 13 novembre, è stata teatro di 7 attacchi coordinati ad opera dei militanti dell’ISIS nei pressi dello Stade de France, al bar Carillion, al ristorante Le Petit Camboge, alla pizzeria Casa Nostra, al bistrot Belle Equipe ed infine la strage al teatro Bataclan, all’interno del quale hanno trovato la morte 89 persone. Il bilancio finale è stato di 129 morti.

Una settimana, dopo il copione si è tristemente ripetuto a Bamako, capitale dello Stato africano, dove un commando jihadista ha preso in ostaggio 170 persone di cui 140 ospiti nell’hotel considerato più sicuro e pertanto frequentato da diplomatici, uomini d’affari ed esponenti di organismi internazionali. L’attentato è stato rivendicato dal gruppo Al Mourabitoun legato ad Al Qaeda nel Maghreb Islamico. Per circa 9 ore i terroristi avevano bloccano le uscite lasciando uscire solo chi sapeva recitare il Corano. Alla fine un intervento congiunto di forze maliane e francesi, supportate in particolare dagli Americani e dal Minusma (missione ONU in Mali), ha posto fine al delirio estremista che ha provocato 27 morti. Esiste un collegamento tra i due fatti? Sono entrambi espressione di una minaccia alla stabilità dell’ordine internazionale ma la situazione è molto più complessa di quello che ci si potrebbe aspettare e affonda le proprie radici nella storia del Paese.  Il Mali è una ex colonia francese che ha ottenuto l’indipendenza nel 1960. Inizialmente fu creato uno Stato monopartitico di orientamento socialista con l’elezione del Presidente Keita ma nel 1968 un colpo di stato incruento da parte di alcuni ufficiali dell’esercito guidati da Traoré portò alla creazione di un Comitato Militare per la Liberazione Nazionale con quest’ultimo a capo. E’ stato a lungo considerato una storia di successo per la democrazia africana e una vittoria dell’Occidente contro il terrorismo tuttavia tensioni politiche legate alla presunta infelice gestione di una ribellione in Mali  hanno portato ad un nuovo golpe nel 2012 che ha permesso ai gruppi ribelli di operare liberamente nel Nord di guadagnare terreno ed espandersi verso Su con combattenti e armi provenienti dalla Libia. In seguito è stato richiesto un intervento da parte della Francia che ha fornito prima significativo supporto militare e in seguito un’offensiva nel 2013 contro i militanti islamici che sono stati nuovamente confinati nel Nord ed è stata ripristinata l’autorità, si sono svolte elezioni legislative e presidenziali ed è stata avviata la missione ONU Minusma.
Parlando di terrorismo islamico è bene precisare che sono ben 5 i gruppi che si scontrano con le truppe governative e vorrebbero, presto o tardi, la creazione di uno Stato islamico indipendente. Il primo è Harakat Ansar Al-Dine gruppo locale guidato dal tuareg Ghaly che mira a imporre la Sharia contando sul sostegno dei tuareg in precedenza sostenuti dal Colonnello libico Gheddafi. Al Qaeda nel Maghreb islamico è  capeggiato da Al Zawahiri, erede di Bin Laden. Mujao è invece un movimento jihadista che agisce nell’Africa  sub-sahariana agli ordini di Keirou e proprio contro questo era diretto l’intervento militare francese del 2013. È inoltre presente il Movimento Islamico per l’Azawad comandato da Intalla. Il pericolo maggiore tuttavia è rappresentato da  Belmokthar e dal suo gruppo Mourabitoun fuoriuscito da Al Qaeda nel Maghreb Islamico e nei desideri  del Califfo al Baghdadi che lo vorrebbe tra le file dell’ISIS.

I due gruppi maggiori sono Al Qaeda e ISIS, sebbene possano sembrare a prima vista molto simili, presentano in realtà profonde differenze. Le similitudini riguardano l’opposizione ideologica all’Occidente e l’espressione estremista ma differiscono con riferimento alla violenza e nello scopo ultimo della loro organizzazione. La prima, a differenza della seconda, non è interessata all’immediata creazione di uno Stato islamico ma si è sempre dipinta come un gruppo militante i cui attacchi hanno fatto guadagnare un numero di seguaci tali da formare un movimento globale. Inoltre l’ISIS violerebbe gli insegnamenti di base dell’Islam per combattere la propria battaglia e non rispetta proprietà e denaro dei musulmani. A detta di Al Zawahiri, Belmokhtar sarebbe un opportunista che in nome di Allah ambisce a governo e leadership. Bin Laden incitava gli affiliati a concentrarsi sul reale nemico, gli USA e combattere solo su suolo Americano, Israeliano o Europeo mentre lo Stato islamico ha scelto di consolidare il proprio potere nel MedioAOriente e oltre partendo dai regimi sciiti come la Siria di Assad e l’Iraq di al-Abadi. Il netto contrasto trai drammatici attacchi su larga scala di Al Qaeda e la lenta conquista territoriale dell’ISIS riflette anche le differenti prospettive: Al Qaeda vede la jihad come una lunga partita mentre l’ISIS vuole subito uno Stato islamico.La padronanza nell’uso dei social media e la propaganda on line  hanno  dato a quest’ultimo la capacità di reclutare migliaia di giovani jihadisti e combattenti stranieri che lasciano le proprie case pe riunirsi alla causa in un modo che al qaeda non era mai riuscita a fare con affermazioni scritte e blando proselitismo attraverso i mezzi di comunicazione.
Pensando agli ultimi attacchi, è stato naturale per molti considerarli alla luce del bagno di sangue parigino.  La loro simmetria unita al fatto che la Francia mantiene una discreta presenza militare nella ex colonia ha fatto pensare a come  gli attentati nei due Paesi possano essere correlati.  Tuttavia gli attacchi in Mali sono legati alla crisi politica e l’attività del Paese è inoltre significativo che i gruppi coinvolti non abbiano legami diretti con l’Isis che ha invece rivendicato la strage del 13 novembre. Bamako non è un riflesso di Parigi sebbene si possano rintracciare dei legami li eventi africani vanno contestualizzati nel clima di contestazione politica, corruzione , degrado e l’scesa della militanza separatista e jihadista nel Nord. Altro elemento degno di nota è che l’attacco ha avuto luogo poco prima di un meeting del comitato incaricato di supervisionare l’implementazione di un accordo di pace tra ribelli, governo e suoi alleati ma non tutti erano felici dell’accordo che lasciava molte questioni aperte. Aspri combattimenti tra la milizia pro governo e il movimento nazionale per  la liberazione di Azawand hanno seguito la firma dell’accordo fino ad tregue locali a metà ottobre.  Ghali aveva denunciato l’accordo e i suoi firmatari per aver abbandonato i separatisti nel Nord del Mali e aveva condannato la Francia. Sigle diverse, volti diversi, un nemico comune: l’Occidente. Un Occidente che non può e non vuole rinunciare alla libertà che lo ha sempre contraddistinto, un’Europa ferita e shockata perché teatri degli attacchi sono stati finora altri Paesi anche l’Europa ha vissuto il suo giorno nero, il suo 11 settembre, ha pianto i suoi morti e si prepara a reagire con dispiegamento di mezzi e misure di sicurezza mai viste.
 A forte rischio anche la capitale belga, divenuta una città fantasma, come desiderano gli autori delle stragi, il mondo intero si è stretto intorno alla Francia ha urlato il suo sdegno e la sua rabbia come ha recentemente affermato il Ministro degli Esteri francese Fabius secondo cui  è impossibile negoziare con queste persone, con questi terroristi perché il dialogo con loro è impossibile in quanto ciò che li preoccupa è uccidere coloro che non accettano il loro dominio e questo è certamente inaccettabile.
Quel che certo è che la minaccia nei confronti del mondo Occidentale va fermata al più presto, prima che altro sangue venga versato in nome di una guerra folle dove vincono l’egoismo, la chiusura e il rifiuto. La guerra sarà lunga ed estenuante. Parigi ha insegnato questo: mai abbassare la guardia, il nemico nascosto nell’ombra è vicino, in attesa del momento buono per colpire e nessuno è immune. Bisogna lottare e non arrendersi, continuare a condurre la propria vita anche per chi non può più farlo. Questa è la grande lezione della Francia che serberà per sempre il ricordo di quelle ore buie ma che ha avuto la forza di rialzarsi sicura che insieme agli alleati vincerà, la posta in gioco è libertà dei propri cittadini, un bene troppo prezioso per rinunciarvi. In conclusione,una nota di speranza che queste morti non siano state vane e che si possa raggiungere in tempi non troppo lunghi alla sconfitta degli estremismi. Senza se e senza ma cooperando in uno spirito di vera fraternità. 

 

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