di Valentina
Sechi
Due fatti di
sangue hanno recentemente funestato il mondo facendo tornare prepotentemente
alla ribalta la questione del terrorismo di matrice estremista musulmana: gli
attentati di Parigi e l’attacco al Hotel Radisson in Mali. La capitale
francese, il 13 novembre, è stata teatro di 7 attacchi coordinati ad opera dei
militanti dell’ISIS nei pressi dello Stade de France, al bar Carillion, al
ristorante Le Petit Camboge, alla pizzeria Casa Nostra, al bistrot Belle Equipe
ed infine la strage al teatro Bataclan, all’interno del quale hanno trovato la
morte 89 persone. Il bilancio finale è stato di 129 morti.
Una settimana,
dopo il copione si è tristemente ripetuto a Bamako, capitale dello Stato
africano, dove un commando jihadista ha preso in ostaggio 170 persone di cui
140 ospiti nell’hotel considerato più sicuro e pertanto frequentato da
diplomatici, uomini d’affari ed esponenti di organismi internazionali.
L’attentato è stato rivendicato dal gruppo Al Mourabitoun legato ad Al Qaeda
nel Maghreb Islamico. Per circa 9 ore i terroristi avevano bloccano le uscite
lasciando uscire solo chi sapeva recitare il Corano. Alla fine un intervento
congiunto di forze maliane e francesi, supportate in particolare dagli
Americani e dal Minusma (missione ONU in Mali), ha posto fine al delirio
estremista che ha provocato 27 morti. Esiste un collegamento tra i due fatti?
Sono entrambi espressione di una minaccia alla stabilità dell’ordine
internazionale ma la situazione è molto più complessa di quello che ci si
potrebbe aspettare e affonda le proprie radici nella storia del Paese. Il Mali è una ex colonia francese che ha
ottenuto l’indipendenza nel 1960. Inizialmente fu creato uno Stato
monopartitico di orientamento socialista con l’elezione del Presidente Keita ma
nel 1968 un colpo di stato incruento da parte di alcuni ufficiali dell’esercito
guidati da Traoré portò alla creazione di un Comitato Militare per la
Liberazione Nazionale con quest’ultimo a capo. E’ stato a lungo considerato una
storia di successo per la democrazia africana e una vittoria dell’Occidente
contro il terrorismo tuttavia tensioni politiche legate alla presunta infelice
gestione di una ribellione in Mali hanno
portato ad un nuovo golpe nel 2012 che ha permesso ai gruppi ribelli di operare
liberamente nel Nord di guadagnare terreno ed espandersi verso Su con
combattenti e armi provenienti dalla Libia. In seguito è stato richiesto un
intervento da parte della Francia che ha fornito prima significativo supporto
militare e in seguito un’offensiva nel 2013 contro i militanti islamici che
sono stati nuovamente confinati nel Nord ed è stata ripristinata l’autorità, si
sono svolte elezioni legislative e presidenziali ed è stata avviata la missione
ONU Minusma.
Parlando di
terrorismo islamico è bene precisare che sono ben 5 i gruppi che si scontrano
con le truppe governative e vorrebbero, presto o tardi, la creazione di uno
Stato islamico indipendente. Il primo è Harakat Ansar Al-Dine gruppo locale
guidato dal tuareg Ghaly che mira a imporre la Sharia contando sul sostegno dei
tuareg in precedenza sostenuti dal Colonnello libico Gheddafi. Al Qaeda nel
Maghreb islamico è capeggiato da Al
Zawahiri, erede di Bin Laden. Mujao è invece un movimento jihadista che agisce
nell’Africa sub-sahariana agli ordini di
Keirou e proprio contro questo era diretto l’intervento militare francese del
2013. È inoltre presente il Movimento Islamico per l’Azawad comandato da
Intalla. Il pericolo maggiore tuttavia è rappresentato da Belmokthar e dal suo gruppo Mourabitoun
fuoriuscito da Al Qaeda nel Maghreb Islamico e nei desideri del Califfo al Baghdadi che lo vorrebbe tra
le file dell’ISIS.
I due gruppi
maggiori sono Al Qaeda e ISIS, sebbene possano sembrare a prima vista molto
simili, presentano in realtà profonde differenze. Le similitudini riguardano
l’opposizione ideologica all’Occidente e l’espressione estremista ma
differiscono con riferimento alla violenza e nello scopo ultimo della loro
organizzazione. La prima, a differenza della seconda, non è interessata
all’immediata creazione di uno Stato islamico ma si è sempre dipinta come un
gruppo militante i cui attacchi hanno fatto guadagnare un numero di seguaci
tali da formare un movimento globale. Inoltre l’ISIS violerebbe gli
insegnamenti di base dell’Islam per combattere la propria battaglia e non
rispetta proprietà e denaro dei musulmani. A detta di Al Zawahiri, Belmokhtar
sarebbe un opportunista che in nome di Allah ambisce a governo e leadership.
Bin Laden incitava gli
affiliati a concentrarsi sul reale nemico, gli USA e combattere solo su suolo
Americano, Israeliano o Europeo mentre lo Stato islamico ha scelto di
consolidare il proprio potere nel MedioAOriente e oltre partendo dai regimi
sciiti come la Siria di Assad e l’Iraq di al-Abadi. Il netto contrasto trai
drammatici attacchi su larga scala di Al Qaeda e la lenta conquista
territoriale dell’ISIS riflette anche le differenti prospettive: Al Qaeda vede
la jihad come una lunga partita mentre l’ISIS vuole subito uno Stato islamico.La
padronanza nell’uso dei social media e la propaganda on line hanno
dato a quest’ultimo la capacità di reclutare migliaia di giovani
jihadisti e combattenti stranieri che lasciano le proprie case pe riunirsi alla
causa in un modo che al qaeda non era mai riuscita a fare con affermazioni
scritte e blando proselitismo attraverso i mezzi di comunicazione.
Pensando agli
ultimi attacchi, è stato naturale per molti considerarli alla luce del bagno di
sangue parigino. La loro simmetria unita
al fatto che la Francia mantiene una discreta presenza militare nella ex
colonia ha fatto pensare a come gli
attentati nei due Paesi possano essere correlati. Tuttavia gli attacchi in Mali sono legati
alla crisi politica e l’attività del Paese è inoltre significativo che i gruppi
coinvolti non abbiano legami diretti con l’Isis che ha invece rivendicato la
strage del 13 novembre. Bamako non è un riflesso di Parigi sebbene si possano
rintracciare dei legami li eventi africani vanno contestualizzati nel clima di
contestazione politica, corruzione , degrado e l’scesa della militanza
separatista e jihadista nel Nord. Altro elemento degno di nota è che l’attacco
ha avuto luogo poco prima di un meeting del comitato incaricato di
supervisionare l’implementazione di un accordo di pace tra ribelli, governo e
suoi alleati ma non tutti erano felici dell’accordo che lasciava molte
questioni aperte. Aspri combattimenti tra la milizia pro governo e il movimento
nazionale per la liberazione di Azawand
hanno seguito la firma dell’accordo fino ad tregue locali a metà ottobre. Ghali aveva denunciato l’accordo e i suoi
firmatari per aver abbandonato i separatisti nel Nord del Mali e aveva
condannato la Francia. Sigle diverse, volti diversi, un nemico comune:
l’Occidente. Un Occidente che non può e non vuole rinunciare alla libertà che
lo ha sempre contraddistinto, un’Europa ferita e shockata perché teatri degli
attacchi sono stati finora altri Paesi anche l’Europa ha vissuto il suo giorno
nero, il suo 11 settembre, ha pianto i suoi morti e si prepara a reagire con
dispiegamento di mezzi e misure di sicurezza mai viste.
A forte rischio anche la capitale belga, divenuta
una città fantasma, come desiderano gli autori delle stragi, il mondo intero si
è stretto intorno alla Francia ha urlato il suo sdegno e la sua rabbia come ha
recentemente affermato il Ministro degli Esteri francese Fabius secondo cui è impossibile negoziare con queste persone,
con questi terroristi perché il dialogo con loro è impossibile in quanto ciò
che li preoccupa è uccidere coloro che non accettano il loro dominio e questo è
certamente inaccettabile.
Quel che certo è
che la minaccia nei confronti del mondo Occidentale va fermata al più presto,
prima che altro sangue venga versato in nome di una guerra folle dove vincono
l’egoismo, la chiusura e il rifiuto. La guerra sarà lunga ed estenuante. Parigi
ha insegnato questo: mai abbassare la guardia, il nemico nascosto nell’ombra è
vicino, in attesa del momento buono per colpire e nessuno è immune. Bisogna
lottare e non arrendersi, continuare a condurre la propria vita anche per chi
non può più farlo. Questa è la grande lezione della Francia che serberà per
sempre il ricordo di quelle ore buie ma che ha avuto la forza di rialzarsi
sicura che insieme agli alleati vincerà, la posta in gioco è libertà dei propri
cittadini, un bene troppo prezioso per rinunciarvi. In conclusione,una nota di
speranza che queste morti non siano state vane e che si possa raggiungere in
tempi non troppo lunghi alla sconfitta degli estremismi. Senza se e senza ma
cooperando in uno spirito di vera fraternità.
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