mercoledì 17 giugno 2015

Alla fine

di Marco Ferrante
foto di Pippo Zimmardi

Alla fine era tutto come prima.
Non sapevo più né leggere né scrivere,
e un grido sconosciuto mi si spezzava in gola
implorando voci a me estranee.

Prima erano le cose di tutti i giorni.
Il blu del cielo, il grigio strada, un gatto rosso.
Prima era il mondo delle cose antiche.
Non ricordo dove avevo imparato quelle cose.

Prima non avevo pensiero 
che non le nuvole sopra la mia testa.

Ho aperto la porta e fatto un passo nella stanza buia.
Con un braccio ho fatto un gesto per afferrare qualcosa
ma non ho trovato niente.

E’ questa la ragione per cui sono andato via.
Per incontrare un migliaio di strade
e non ne sposarne neanche una.

Ho disimparato il mio nome.
E sono diventato il barang,  il gringo, e il mzungo. 
E dopo tutto questo viaggiare
non ho trovato niente.

Era tutto come prima
Ero solo diventato piú stupido e indaffarato.
Non sapevo il nome
e non sapevo la strada.

Tutto come prima.
Ma c’era il gracidare forte prima di andare a dormire,
i gechi sui muri affamati,
e qualche rumore lontano di motocicletta nella notte.

C’era tanta confusione,
nella stanza nuvole nere dalle forme strane. 
E una figura irriconoscibile,
che potrei essere stata io.

Ho visto la giungla che ricordavo
nei miei libri da bambino,
profili di monti buttarsi a precipizio sul mare,
donne piegate su campi di riso.
I tuoi occhi d´oltremare perduti tra le nuvole infinite.

E alla fine avrei voluto credere che non fosse altro che questo.

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