Spazio per mettere in circolo idee, discussioni, opinioni, prodotti letterari, riflessioni a voce alta riguardo alla cultura e alla storia contemporanea. Con un fortissimo richiamo alla realtà della città di Palermo.
mercoledì 24 agosto 2011
note-ricordo prima del sonno, n.1
by guido monte
come foglie. come foglie guardiamo stelle di fronte alla luna asteres
cisterne vuote. un bosco di cedri, un cieco guarito dalla saliva, "effata", un crocifisso prima neonato in una stalla, poi tra reti di pescatori, infine una bimba rinata alle sue parole: "talitha kumi"
"tutto è vanità. vanitas vanitatum et omnia vanitas" e poi: "nihil sub sole novi".
quando tutto si spegne e crolla, oggetti (li abbandonerai) denaro (sprecato) saperi (senza senso) piaceri (distrazioni momentanee), allora non è più tempo (vi è stato un tempo per ogni cosa) della sempre identica ripetizione insensata di tutto
sanscrito. neppure l’eroe sa come allontanare il dolore, "na hi prapasyami mama pamdyad yac chokam" (baghavad); ecco ciò che non muore, na anyate
in principio. in principio creò il cielo e la terra, e lo spirito volava a pelo d’acqua sulle onde scure. pensavo a questo guardando per la prima volta dall’oblò dell’aereo fumarole e praterie primordiali islandesi, come allora, senza figure umane e nella penombra.
wara hawat toh waboh terra senza forma, sola
miracolo. le antiche scritture millenarie sulle avventure dei fratelli barata, lì ho sentito per la prima volta di un paradiso rifiutato da un eroe mitico, perché non ospitavano il suo cane.
nelle parole invece di yudishsthira ecco le vie dimenticate del miracolo degli uomini: continuiamo a vivere, anche di fronte alla morte, come se fossimo immortali.
a ciascuno il suo giorno. il pater vergilius, non ignarus mali, ci insegna a miseris succurrere, perché sa che vivit sub pectore vulnus e che "ognuno patisce il suo passato", il giorno che ci è stato affidato sotto le stelle nella notte umida, in questa terra tiepida di buio e insensatezza
dalla gola del leone. sergio quinzio sente l’orrore che ormai siamo troppo stanchi pure d’immaginare, sente il tutto che geme e soffre le doglie del parto, sente lo spirito quando intercede misteriosamente e con insistenza, con gemiti inesprimibili.
asciugare le lacrime dal volto, come è scritto
la rana si tuffa… se san francesco prendeva un cucchiaio, o guardava un fiore, erano un cucchiaio o un fiore; se parlava con un uccello o con un lupo, stava semplicemente parlando con loro, guardando con un sorriso cieli e torrenti.
così i piccoli monaci giapponesi, basho, ryokan, se stavano zitti era perché non avevano qualcosa da dire, se udivano lo scoiattolo squittire afferravano il senso di tutto.
in interiore homine. da paolo di tarso a lutero, da platone e socrate a giovanni evangelista, a freud, ad agostino: in interiore homine habitat veritas, pensavi mentre dal giardino della vicina villa milanese arrivava come una cantilena, tolle lege tolle lege, e poi la leggevi in te
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